WALL STREET SI INCHINA A BILL IL ROSSO – A NEW YORK OGGI SI VOTA PER IL SINDACO: STRAFAVORITO DE BLASIO (MA SONO MOLTE LE INCOGNITE AD INIZIARE DAL PROFILO RADICAL SUO E DELLA MOGLIE)

1. LIBERAL, NERA E PRO-GAY. NEW YORK ASPETTA UNA FIRST LADY D'ASSALTO
Maurizio Molinari per "La Stampa"

Le maestre a scuola la giudicavano «combattiva», per reagire agli insulti razzisti firmò un articolo sul giornale del liceo, come scrittrice debuttò con «Sono una lesbica», conquistò il futuro marito grazie ad un piercing al naso ed ora promette di «dar voce agli emarginati» se diventerà First Lady di New York. Chirlane McCray, classe 1954, è una combattente per natura e il primo ad assicurarlo è il marito Bill de Blasio preannunciando ai newyorchesi: «Se io sarò sindaco, lei farà l'attivista».

Per conoscere Chirlane bisogna partire da Longmeadow, il sobborgo di Springfield in Massachusetts dove arriva con i genitori quando ha da poco compiuto 10 anni. Sono la seconda famiglia afroamericana immersa in una comunità di bianchi, che li accoglie a colpi di petizioni in cui gli chiede di andarsene.

Chirlane è la maggiore di tre sorelle, nella scuola dove va è l'unica afroamericana e viene bersagliata da insulti, offese, scherni, bullismo. Il padre, dipendente in una vicina base militare, e la madre, operaia elettrotecnica, le fanno capire che ciò che conta è studiare: non deve farsi contagiare dal razzismo. Il risultato è che la sera a cena non racconta ai genitori gli insulti subiti e in classe non subisce ma «si batte a viso aperto», come ricordano ancora oggi le maestre.

Fino al punto da sorprendere tutti quando, in un articolo scritto sul giornalino scolastico svela a chiare lettere quanto e cosa subisce. «Una volta venne attaccata da un gruppo di coetanei, la strattonavano, le gridavano contro - ricorda l'ex insegnante Michael McCharty - e lei stava in piedi davanti a loro, gli diceva ad alta voce che si stavano comportando male, per una bambina di quell'età significa avere molto carattere».

Il razzismo era ovunque, «avevamo vicini gentili ma gli incidenti non mancavano» assicura la sorella Davis, ribadendo che «a casa di queste cose i nostri genitori non volevano sentire parlare». E dunque le tre ragazze dovevano vedersela da sole. Quando Chirlane entra al Wellesley College è una femminista convinta.

Nel 1979 firma sul magazine «Essence» un articolo intitolato «I'm a Lesbian», sono una lesbica. Anni dopo dirà che voleva sfatare il tabù della presenza di gay fra gli afroamericani, precisando che la sua sessualità appartiene solo a lei e «odio ogni tipo di etichette».

L'incontro con Bill de Blasio avviene nel 1991. Entrambi lavorano nel team del sindaco democratico David Dinkins. Lei contribuisce a scrivere alcuni discorsi, lui è il braccio destro del vicesindaco. Chirlane fa colpo su di lui perché sfoggia un piercing al naso. Si vedono per la prima volta dentro City Hall. Con lei c'è l'amica Laura Hart che ricorda così quel momento: «Chirlane mi disse "Questo de Blasio chi è? Continua a chiamarmi ma non capisco cosa vuole!"».

Bill era incuriosito dal piercing. «A quell'epoca non era una cosa comune» ammetterà dopo le nozze nel 1994 da cui nascono i figli Chiara e Dante, che oggi hanno rispettivamente 18 e 16 anni. Negli anni seguenti Chirlane lavora nelle pubbliche relazioni per Citigroup e fino al 2010 è nel marketing al Maimonides Medical Center - dove lo stipendio raggiunge i sei zeri - ma ciò che più ama resta scrivere, non solo articoli sui «disagiati» ma anche poesie. Una sua raccolta di strofe si intitola «Home Girls: A Black Femminist Anthology».

La sorella Davis assicura che «lei e Bill sono un'unica mente» e la candidatura di lui significa anche per lei essere in prima fila. «Sono qui per dare voce a chi viene dimenticato» ripete Chirlane nei comizi e nelle interviste, riferendosi anzitutto «alle donne ed ai bambini in condizioni di bisogno».

Vocazione per il prossimo e forte determinazione portano a prevedere che potrebbe diventare la First Lady con il profilo più marcato che New York abbia avuto. È lo stesso marito-candidato a prevederlo: «Se vinco, mia moglie sarà un'attivista».

Da qui la curiosità per le molte decisioni, fra pubblico e privato, che incombono su di lei. Prima fra tutte se lasciare la casa di Park Slope, a Brooklyn, per trasferirsi a Gracie Mansion, storica residenza dei sindaci nel Upper East Side di Manhattan. «Decideremo a tempo debito - assicura - ma ciò che conta è Dante, che ama Brooklyn e studia al Brooklyn Tech». Parola di Chirlane, che ha fatto anche la ballerina e confessa di avere un punto debole: «Non sopporto le cose che non riesco a controllare».


2. WALL STREET "COSTRETTA" A SCEGLIERE BILL
Francesco Semprini per "La Stampa"

Oggi New York si reca alle urne per eleggere il nuovo sindaco, con una certezze e molte incognite davanti. La certezza è l'abissale vantaggio che divide il candidato democratico (in realtà liberal-radicale come lui stesso si è definito) Bill De Blasio, dal rivale repubblicano Joe Lhota.

Il primo marcia spedito nei sondaggi al 65%, il secondo arranca, come un bradipo, ad appena il 24 per cento. Questi i conti alla vigilia del voto, una vigilia fredda ma soleggiata, durante la quale i due rivali si sono dedicati agli ultimi incontri «on the road» con gli elettori della City.

Il democratico, in linea con la dottrina anti «Manhattan-centrica», ha fatto tappa a Brooklyn, Bronx e Queens dove ha stretto le mani, cercando di mantenere un aplomb «politically correct», dopo l'incidente di domenica ad Harlem. Intervenendo a una funzione battista De Blasio ha dovuto, gioco forza, prendere le distanze da Harry Belafonte che presentando il candidato ai fedeli aveva attaccato i fratelli Koch definendoli vicini al Kkk.

Dopo la domenica trascorsa tra Harlem, Bay Ridge e Coney Island, Lhota è invece rimasto a Manhattan, a parte una breve incursione a Staten Island dove ha parlato di tasse comunali sugli immobili, l'Imu newyorkese per capirci. Il repubblicano si è trincerato dietro l'esito delle urne: «Da questo momento in poi non farò altro che attendere quello che accadrà domani, dalle sei del mattino alle nove di sera».

Niente affondi né battute, dopo quella tutto sommato divertente di domenica sul ritardo di De Blasio a un evento elettorale. «Ho fatto tardi perché ho ricevuto una chiamata per una questione molto importante da risolvere questa mattina alle cinque», si era giustificato il democratico. «Ma chi ci crede, non si è svegliato», ha risposto Lhota che facendo riferimento alla storia delle due New York, quella dei ricchi e quella dei poveri, più volte menzionata da De Blasio nei comizi, ha replicato: «Altro che due città, è la storia dei due sonni, se uno non ha il fisico non dovrebbe fare il sindaco».

Battute a parte, sulla certezza delle urne, quasi certificata dai sondaggi, sul futuro di New York pesano diverse incognite, quelle di un (ormai certo) sindaco che sebbene abbia persino conquistato una parte di scettici a Wall Street (buon viso a cattivo gioco) è assai distante dalla storia più recente della città.

 

 

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