LA RIVINCITA DI RE GIORGIO – ENTRO FINE ANNO IL CSM DEVE SCEGLIERE IL NUOVO CAPO DELLA PROCURA DI PALERMO, UN’OCCASIONE PER MANDARE IN SOFFITTA LA LINEA DI CHI HA TRASCINATO IL PRESIDENTE NEL PROCESSO SULLA TRATTATIVA

Claudio Cerasa per “il Foglio

 

giorgio napolitanogiorgio napolitano

Da una parte ci sono le prossime quarantotto ore, dall’altra i prossimi settanta giorni. Al centro di tutto, però, ci sono sempre loro: Giorgio Napolitano e Matteo Renzi. Andiamo con ordine. La cronaca di oggi ci dice che questa mattina alle dieci, al Quirinale, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, verrà ascoltato dai magistrati di Palermo come testimone nell’ambito del famoso processo sulla trattativa stato-mafia. Il protocollo non dovrebbe subire variazioni.

 

All’udienza parteciperanno quaranta persone (tra giudici, pm e avvocati delle parti civili e degli imputati non ammessi a partecipare alla testimonianza). A nessuno sarà concesso di portare con se telefonini, computer, tablet e qualsiasi altro strumento di registrazione. E a meno di sorprese non sarà possibile ascoltare in diretta il contenuto dell’udienza (ieri il quirinalista del Corriere, Marzio Breda, suggeriva la possibilità di diffondere in filodiffusione la testimonianza, ma l’ipotesi, nell’ora in cui questo giornale va in stampa, non ha trovato riscontri al Quirinale).

 

giorgio napolitanogiorgio napolitano

Per conoscere i dettagli si dovranno dunque aspettare almeno 48 ore, ovvero il tempo necessario per dare alle parti le trascrizioni complete, e tra oggi e domani le uniche notizie su quello che è successo al Quirinale saranno affidate ai professionisti dello spiffero – con il rischio, come sa Napolitano, che ogni parola e ogni non parola possa essere colorata da mille schizzi di fango dai campioni del giustizialismo chiodato (per farsi un’idea: l’avvocato di Riina, Cianfarone, ha comunicato via sms a tutti i giornalisti l’albergo in cui oggi alloggerà a Roma, tanto per farsi due chiacchiere dopo l’udienza).

 

In questo percorso scivoloso sul quale il presidente ha accettato di confrontarsi c’è un fatto importante, che riguarda l’appoggio non solo formale garantito da Renzi al capo dello stato. Un appoggio valido sia dal punto di vista mediatico (la Leopolda, nel 2013 critica con Napolitano, ha regalato un’ovazione al presidente – “Quando si sentono tante menzogne nei confronti del nostro presidente credo sia doveroso che l’Italia per bene faccia sentire tutto l’affetto”); sia dal punto di vista istituzionale. Dove per istituzionale si intende un tema che potremmo definire così: il processo al processo alla trattativa.

giorgio napolitanogiorgio napolitano

 

La storia del processo sul processo alla trattativa parte da lontano e nasce in particolare il giorno in cui il presidente della Repubblica sceglie di sfidare la procura di Palermo sul capitolo “legittimità delle intercettazioni telefoniche”, sollevando il famoso conflitto di attribuzione (16 luglio 2012) e portando i figliocci di Antonio Ingroia (che fallita la scalata a Palazzo Chigi oggi si è accontentato di un posticino caldo nel sottogoverno di Rosario Crocetta) a scontrarsi – con perdite – contro il muro della Corte costituzionale (gennaio 2013).

 

Nel corso del tempo il conflitto tra il capo dello stato e la procura di Palermo ha attraversato altre fasi di tensione (il presidente non è mai riuscito a togliersi dalla testa l’idea che l’infarto che ha colpito a morte il suo ex consigliere Loris D’Ambrosio fosse in qualche modo legato anche alla velocità con cui i ventilatori delle gazzette delle procure avevano cominciato a lanciare fango sul suo conto) e oggi si può dire che il prossimo capitolo di questa partita delicata è relativo a un dossier sul quale Napolitano e Renzi stanno giocando in un clima di profonda sintonia. E che riguarda proprio il futuro della procura di Palermo.

GUIDO LO FORTE GUIDO LO FORTE

 

La storia è questa: dal 31 luglio 2014, giorno in cui scadde il mandato di Francesco Messineo, la procura è rimasta senza procuratore capo e da qui alla fine dell’anno il Consiglio superiore della magistratura sceglierà il sostituto. La nomina sarà una delle tante (sono più di 400) che il Csm di Giovanni Legnini (neo vicepresidente, ex sottosegretario del governo Renzi) dovrà fare entro il 2014 per ridisegnare la geografia di quegli uffici giudiziari che per l’effetto della norma sul prepensionamento introdotta dal governo Renzi (legge sulla Pa) si ritroveranno già quest’anno in carenza di organico.

 

IL PROCURATORE SERGIO LARI IL PROCURATORE SERGIO LARI

Ma come confessano dal governo – e dal Csm – quella relativa alla procura di Palermo sarà la nomina più delicata e la più importante anche dal punto di vista simbolico. Il terzetto che si gioca la successione di Messineo è composto da Guido Lo Forte, Sergio Lari e Francesco Lo Voi. Il primo (tendenza Gian Carlo Caselli, era il suo braccio destro) rappresenta la continuità con la vecchia procura di Palermo.

 

Il secondo è il capo di una procura della repubblica, Caltanissetta, che ha mostrato in più occasioni maggiore prudenza di Palermo rispetto al tema trattativa (a Caltanissetta, negli stessi giorni in cui l’ex pm Ingroia definiva Ciancimino “un’icona dell’anti mafia”, un giudice definiva Ciancimino un testimone “inattendibile”). Il terzo (area Magistratura indipendente) fra tutti è quello più lontano anche culturalmente dall’impostazione data da Palermo al processo sulla trattativa.

FRANCESCO LO VOIFRANCESCO LO VOI

 

A inizio agosto, con il Csm in scadenza, il segretario generale del Quirinale aveva chiesto di rinviare la nomina a Palermo per dare precedenza ad altri incarichi. Oggi il Csm è in carica. E Napolitano e Renzi e Legnini sono d’accordo. La linea è semplice: rottamare la linea dell’utilizzazione politica del processo sulla trattativa stato mafia e asfaltare la ridotta ingroiana presente a Palermo con lo stesso stile con cui Renzi ha asfaltato la minoranza del Pd. E’ il processo parallelo. Sentenza prevista entro la fine dell’anno. Settanta giorni. E la battaglia tra Napolitano e la procura, oggi, si spiega anche partendo da qui.

 

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....