NON TOCCATE LE LOBBY: SALTA LA LEGGE DI RIFORMA: “TROPPO BASSO IL LIMITE DI 150 EURO DI ‘REGALI’ AI POLITICI”

Liana Milella per "la Repubblica"

Lobby, tutto rinviato. Chissà a quando, vista la lite furibonda che, in consiglio dei ministri, ha contrapposto Letta e Patroni Griffi da una parte, Quagliariello e De Girolamo dall'altra. Dubbi, sin dal giorno prima, anche di Franceschini e Cancellieri. Finisce che il premier è costretto a fermarsi, dice che «la materia è delicata», affida tutto nelle mani di Enzo Moavero, il ministro per gli Affari europei, il quale dovrà verificare la compatibilità della legge con le norme internazionali.

È un modo per prendere tempo a fronte dei quattro i punti dello scontro. Il tetto di 150 euro al contributo che un lobbista può versare ai cosiddetti "decisori pubblici", termine che la legge usa per indicare uomini del governo nazionale e locale, i parlamentari (almeno nella prima stesura del ddl), i loro staff. La relazione che ogni anno il "decisore pubblico" deve fare, e rendere pubblica, in cui elenca tutti gli incontri avuti con i lobbisti, una sorta di diario del come e quando. L'Autorità che deve gestire l'elenco delle lobby, se la Civit (antui-corruzione) o l'Antitrust. Infine i parlamentari, se devono stare dentro la legge o fuori (e alla fine restano fuori).

Quella che sembrava una legge fatta s'infrange sui veti incrociati, si sfarina in un consiglio dove il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello urla frasi come questa: «Se passano questi obblighi, siamo al declino dell'Occidente,
siamo all'imbarbarimento della politica, qui volete dare in pasto alla gente notizie non ragionate che possono essere fraintese e avere effetti devastanti per la politica stessa». Quagliariello protesta per l'obbligo degli amministratori pubblici di dichiarare contatti e incontri. Anche il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri ha delle perplessità, teme un ulteriore affastellamento di compiti per uffici già appesantiti.

Fatto sta che l'articolo chiave sulla trasparenza dei contatti viene bloccato. La legge è compromessa. Vacilla il testo messo a punto dal segretario generale di palazzo Chigi Roberto Garofoli e da Pier Luigi Petrillo, docente alla Luiss di teorie e tecniche del lobbying. Già il giorno prima il ministro per le Riforme Dario Franceschini - durante una lunga riunione con il sottosegretario alla Presidenza Patroni Griffi, Quagliariello, Cancellieri e lo staff del titolare della Funzione pubblica D'Alia - aveva chiesto e ottenuto di rinviare a una legge ad hoc, fatta dalle stesse Camere, la disciplina delle lobby per i parlamentari per via di una tutela costituzionale.

Ma la lite non si ferma qui. Protesta Nunzia De Girolamo, il ministro dell'Agricoltura. Parla del tetto di 150 euro ai contributi dei lobbisti: «Voi siete pazzi, già viene abolito il finanziamento pubblico dei partiti. Come pensate che si possano sostenere le campagne elettorali? In questo modo non potremo più avere un soldo». Non solo soldi, ma anche altre "utilità" come biglietti aerei, delle partite di calcio, dei concerti. In effetti la legge sulle lobby supera quella sul finanziamento pubblico, impone totale trasparenza, ben oltre la regola che il donatore rende pubblico il suo nome solo se vuole andare in detrazione fiscale.

Passa in secondo piano lo scontro su chi debba gestire la legge, se la Civit, come vorrebbero Letta e Patroni, oppure l'Antitrust, come chiede Quagliariello, perché a suo dire la Civit «non funziona» e poi l'Antistrust già vigila sui conflitti di interesse dei "decisori pubblici". I problemi adesso sono di Moavero perché, non solo i principi Ocse, ma negli Usa dal 1946, in Austria e Germania dagli anni 80, in Canada dal '95, in Gran Bretagna dal '98, in Israele dal 2002, in Francia dal 2012, a Bruxelles (dal '96 per il Parlamento e dal 2011 per la commissione) la legge è identica a quella stoppata a palazzo Chigi.

 

 

 

Nunzia De Girolamo Letta saluta Patroni Griffi CANCELLIERI E PATRONI SRPSE F Gaetano Quagliariello franceschini

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