LA “NUOVA” POLITICA DEI MONTIANI? CACCIA ALLE POLTRONE

Susanna Turco per "L'Unità"

Saranno i paradossi delle neoformazioni politiche, saranno gli appetiti rimasti insoddisfatti sin dalla chiusura delle urne, e non certo rinfrancati dal voto sui presidenti delle Camere. Comunque ieri, proprio mentre il neocapogruppo al Senato di Scelta civica, Mario Mauro, salmodiava la necessità che attraverso la elezione del capo dello Stato la politica ritrovi «unità» e armonica collaborazione, alla Camera il gruppo parlamentare dei montiani si è spaccato circa l'elezione del proprio presidente.

Alla fine è stato eletto capogruppo Lorenzo Dellai, ex Margherita, ex governatore della provincia autonoma di Trento e tempo immemore sostenitore dell'alleanza tra sinistra e centristi. Ma la battaglia è stata lunga, e non è finita all'unanimità: Dellai ha infatti ottenuto 30 voti su 45. Ben 13 schede bianche e 2 nulle, due terzi dei votanti. A testimoniare, in sostanza, i malumori dell'area montezemoliana di Italia Futura, che anche alla Camera, come già al Senato, è rimasta a bocca asciutta.

A farne le spese Andrea Romano, braccio destro di Montezemolo nella costruzione di Italia futura: candidato alternativo a Dellai, dopo che l'ipotesi di eleggere Balduzzi era tramontata essendo egli ancora ministro, Romano ha ritirato il proprio nome dal tavolo dopo aver tentato invano di superare l'empasse di una riunione - tutt'altro che pacifica, le voci si sentivano dagli uffici accanto - che non riusciva ad accordarsi su un nome unico. È andato a vuoto anche il tentativo fatto in extremis, sempre da Romano, per una convergenza sull'economista bocconiana Irene Tinagli, anche lei d'area Italia futura. Alla fine ha prevalso, dice qualcuno, «l'esperienza».

Vale a dire la politica sulla cosidetta società civile. Anche perché le forze in campo, anche grazie agli otto deputati Udc, pendevano a favore di Dellai, il cui nome era infatti già circolato come possibile presidente della Camera montiano. Ci si è lasciati con l'amaro in bocca, e la sensazione che il gruppo, privo di una guida forte, fatichi assai a trovare una strada per superare la propria eterogeneità di partenza.

«Non ci conosciamo abbastanza, ci dobbiamo ancora amalgamare: magari tra qualche tempo rivediamo gli incarichi», dice un montiano in cerca di ottimismo, involontariamente richiamando le presidenze a rotazione dei Cinque stelle. «Siamo furibondi», dicono invece i montezemoliani, «Italia futura è la componente di maggioranza e avrebbe dovuto ottenere la presidenza di almeno uno dei due gruppi, che invece sono andati a due cattolici».

POMPIERI E GRATTACAPI
Insomma, nonostante poi più di uno cerchi di fare il pompiere, la spaccatura in Scelta Civica tra l'anima cattolica e quella montezemoliana è un grattacapo non di poco conto. E cresce il malumore verso Mario Monti (ieri era a Milano per festeggiare il proprio compleanno), che dopo la contestata gestione della vicenda delle presidenze delle Camere sembra confermare una linea di non gestione diretta del partito da lui stesso voluto.

«Sembra che non gli importi altro che della partita per andare al Quirinale - dice un senatore di Scelta Civica -, dovrebbe contribuire a creare la coesione che assolutamente non c'è e invece non lo fa». Tornerà oggi, per la riunione prevista all'ora di pranzo per discutere i dettagli della linea da tenere davanti a Giorgio Napolitano alle consultazioni, al di là della già stranota idea di garantire la «governabilità» ed un coinvolgimento delle forze responsabili per un governo che fa le riforme.

 

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