OBAMA-DRAMMA - LO SCRITTORE MICHAEL WOLFF: “SEMBRAVA IMPREPARATO, DISINTERESSATO, IMBAMBOLATO. NON RICORDO UNA PERFORMANCE COSÌ BASSA DAI TEMPI DI BUSH PADRE” - “DA SEMPRE È INCAPACE DI VENDERSI” - “LA STRATEGIA ERA VOLARE BASSO, NIENTE POLEMICHE, RENDIAMO QUESTO SPETTACOLO IL MENO INTERESSANTE CHE SI PUÒ. MA ADESSO LA SFIDA È RIAPERTA”...

Angelo Aquaro per "la Repubblica"

«Oh mio Dio: ma quant'è stato penoso?»

Sta parlando del dibattito o di Barack Obama?
«Non c'è dubbio che il titolo è: cos'è successo a Obama. Però sarebbe anche il caso di cominciare a dirlo: il format-dibattito non funziona più».

Michael Wolff, lei è columnist del quotidiano più letto d'America, Usa Today, e del magazine più chiacchierato, Vanity Fair, l'unico scrittore che è riuscito a inchiodare in un lungo libro-intervista Rupert Murdoch. Insomma di media e comunicazione se ne intende: com'è possibile che Mitt il Freddo abbia sconfitto Barack il Comunicatore?
«Obama sembrava impreparato, disinteressato, disimpegnato, incapace di cogliere il momento. Non ricordo una performance così bassa dai tempi di George Bush padre. Dico: lo sapeva che c'era un dibattito, no? Mica l'hanno avvisato all'ultimo minuto».

Colpa dei suoi consiglieri?
«Vedo due fattori. Il primo: la parola d'ordine era "riduzione del danno". Cioè: non cambiamo le dinamiche perché le dinamiche sono a nostro vantaggio, non attacchiamo, non apriamo nuovi terreni di scontro. Ma il fattore principale è stato lui: così a disagio ».

C'è già chi tira in ballo l'ombra di John Kerry. È stato lui a fargli da sparring partner negli allenamenti: era lui che impersonava Romney. Kerry: l'uomo sconfitto da George W. Bush.
«Non ci credo. Ai dibattiti quello che fa la differenza sei tu: non tanto la tua previsione dell'avversario. La gente ama i duelli per questo: vuole la performance, vuole vederti tirare fuori il fegato».

Novanta minuti alle corde: possibile che da bordo-ring i suoi non gli lanciassero la spugna?
«Non so se tecnicamente fosse possibile: parlo di regole del dibattito. La questione è un'altra: questo era il piano che avevano preparato. Tu hai un piano - che è quello appunto di non urtare, non strafare, non cambiare gli equilibri - e resti fedele a quello. Ok, è la strategia meno rischiosa. Ma non sempre la meno rischiosa è la più saggia».

Romney era più in palla.
«Un pochino più vivo: ma proprio poco. In questo il ragionamento dei consiglieri di Barack è stato giusto: non muoviamo troppo le acque. Alla fine sono risultati noiosi entrambi».

Il pubblico non poteva né applaudire né fare boooo. Mancava quel clima da arena a Obama più congeniale.
«Assurdo: ma allora perché fai il dibattito se poi lo anestetizzi così. Ecco perché dico che è l'intera formula dibattito a essere superata. Vecchia».

Lei l'ha bacchettata in diretta sull'ultimo media: Twitter. Il vero dibattito, dice, ormai è lì. Comunque davanti alla tv c'erano 70 milioni di persone: il record dal 1980. Inciderà sul voto?
«I media già corrono a indicare un vincitore. E non c'è dubbio che sia Romney. Ma da qui a dire che questo possa cambiare il voto.... Il risultato finisce paradossalmente per avere più effetto sui media: che adesso infatti riscoprono Romney. Ma in una gara così stretta, e con così pochi indecisi, davvero i media tradizionali possono ormai incidere più di tanto? ».

Però finora si era sempre detto Romney è freddo, Romney non buca. Da oggi si cambia.
«È apparso molto più seducente, più umano e vero. Insomma il tipo di persona che potresti avere a cena... Ok, a cena forse no, troppo lunga da sopportare: diciamo un paio di caffè».

I media hanno sottovalutato Romney?
«Ma no: per quello che si era visto finora no. Diciamo che è andata così: quei due entrano in campo, riflettori puntati, e sul punto di calciare il favorito si imbambola».

Il prossimo dibattito sarà col pubblico: interverrà la gente. Vantaggio Obama?
«Ma davvero sarebbe così brillante in pubblico? Io ho sempre pensato il contrario. Questo dibattito alla fine è la fotografia che riassume nitidamente gli ultimi quattro anni. C'è un intero aspetto del suo mestiere che Obama non sopporta: dover vendere».

Vendere?
«Sì, vendere e venderti fa parte del tuo mestiere. Il presidente è un salesman: uno capace di spiegarti le cose e farti appassionare al prodotto».

Quattro anni fa è riuscito a vendere il sogno del cambiamento.
«Verissimo. Ma tutta questa eccitazione per questo ragazzo di cartone... Detto questo: ciò che è successo a Denver non può passare così. Per il prossimo dibattito i suoi cambieranno strategia».

Tutti i commentatori dicevano che la corsa s'era chiusa con la gaffe del 47 per cento di Romney: il video segreto con gli insulti a metà America che non ha neppure i soldi per pagare le tasse. Perché Obama non l'ha tirata fuori?
«Non è stata distrazione. Ripeto: la strategia era volare basso, niente polemiche, rendiamo questo spettacolo il meno interessante che si può. Usciamone nella maniera meno rischiosa».

Però anche meno efficace.
«Presto per dirlo. Forse la strategia era giusta. Magari i sondaggi dimostrano che è tutto come prima: l'effetto dibattito non c'è. Ripeto: se vuoi vendere davvero il tuo messaggio, se vuoi motivare la gente, devi stimolarla, rischiare: però capisco che c'è anche il rischio di perdere quello che hai già».

Invece è proprio restando al palo che Obama sembra aver perso la partita che aveva già in mano. Sfida riaperta?
«Difficile pensare il contrario. Ma se è così sarà solo colpa sua. E neppure in questo caso ci saranno dubbi: i suoi se la saranno meritata tutta».

 

 

BARACK OBAMARomney e Obama Obama e Romney Obama e Romney Obama e Romney BARACK OBAMA E MITT ROMNEY Michael Wolff - Vanity Fair e Newser

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