IL DIVO MONTI - IN 4 MESI IL PREMIER SI È TRASFORMATO: DA TECNICO A TATTICO, DA BOCCONIANO DECISIONISTA A DEMOCRISTIANO MEDIATORE, CITA ANDREOTTI (ANCHE SE PER CRITICARLO), SI SPORCA LE MANI CON LA POLITICA, PARLA DI “INTESE AD AMPIO RAGGIO” - NON SOLO, SE CICCHITTO CHIAMA, MONTI RISPONDE! - OBAMA DAVANTI A TUTTI I LEADER MONDIALI RINGRAZIA SOLO RIGOR MONTIS. MA LUI NON C’È. È AL TELEFONO CON CICCHITTO CHE SI LAGNA DEL DDL CORRUZIONE…

1 - BARACK LO LODA MA IL PREMIER NON C'È DALL'ITALIA LO HA CHIAMATO CICCHITTO
Fabio Martini per "la Stampa"

La «doppia vita» di Mario Monti - diviso tra allori internazionali e pene domestiche - prende corpo alle tre del pomeriggio al vertice per la sicurezza nucleare, per effetto di una scena originale. Nel gran salone del forum, il presidente degli Stati Uniti d'America Barack Obama sta parlando dei pericoli del nucleare davanti ai rappresentanti di cinquantatré Stati e ad un certo punto indica, come esemplare, l'intervento pronunciato in precedenza da Mario Monti, che su questi temi aveva caldeggiato la politica dei «piccoli passi concreti».

Obama elogia Monti - e soltanto lui tra i capi di governo presenti - ma Monti non c'è. La sua poltrona è vuota. Dove sarà mai? In realtà è poco distante, si è trattenuto fuori dal salone del Forum perché sta parlando al cellulare, rispondendo ad una telefonata di Fabrizio Cicchitto, il capogruppo del Pdl alla Camera che aveva detto di avere «urgenza» di parlare col presidente del Consiglio per dirimere le ultime grane sul ddl corruzione.

Quando Monti rientra nel salone, Obama ha finito il suo intervento e il premier apprenderà del complimento ricevuto dal Presidente degli Stati Uniti soltanto più tardi, quando oramai non c'è più tempo per un ringraziamento, espresso con una stretta di mano o almeno con un sorriso da lontano.

Una piccola beffa che però racconta bene il «nuovo» Monti: un professore-premier oramai apprezzato dai leader di tutto il mondo (e così è stato anche al vertice di Seul), ma che non esita a «sporcarsi le mani», accettando di rispondere ad una telefonata di un capogruppo della sua maggioranza e a farlo pochi attimi prima che Barack Obama inizi il suo intervento.

Tra l'altro l'argomento sul quale Monti è stato sollecitato da Cicchitto si è rivelato significativo ma non epocale. Da quel che è trepelato, il presidente dei deputati del Pdl ha chiesto a Monti una «maggiore collegialità» da parte del Guardasigilli Paola Severino, un'avvocatessa di grande esperienza e di solida preparazione che sui principali dossier ha già dimostrato una spiccata tendenza alla autonoma elaborazione.

Ma, come conferma la telefonata di Cicchitto (che nulla poteva sapere, ovviamente, dell'intervento di Obama), per il Pdl la giustizia resta materia sensibile, esattamente come per il Pd tutto il capitolo della legislazione sul lavoro.

Mario Monti, da parte sua, ha ascoltato Cicchitto senza prendere impegni marcati, ma raccontano che più tardi, quando ha saputo della citazione di Obama pronunciata davanti ad una poltrona vuota, il presidente del Consiglio ci sia rimasto male.

Anche perché il vertice per la sicurezza nucleare è una invenzione di Obama. Monti ci ha tenuto a partecipare e, vista l'assenza della Merkel e di Sarkozy, il premier italiano è risultato il leader europeo più importante. Proprio per questo, due giorni fa, gli organizzatori avevano riscritto la scaletta, affidando al professore il compito di aprire il Forum.

2 - CON LA CITAZIONE DI ANDREOTTI NASCE IL "PREMIER TATTICO". DOPO QUATTRO MESI E MEZZO, LA METAMORFOSI DEMOCRISTIANA
Mattia Feltri per "la Stampa"

In principio fu il niente: «Avete visto che bella giornata?». Era domenica 13 novembre. Mario Monti lasciava l'albergo sui Fori Imperiali e ai giornalisti pressanti rispose in quel modo impacciato, di chi non sa come uscire dall'angolo. Le novità producono un nervoso entusiasmo, e nell'occasione si spacciò la goffaggine per sublime ironia; ma il professor Arnaldo Forlani, titolare di cattedra in Scienze della Fumisteria, avrebbe avuto da ridire.

Quattro mesi e mezzo più tardi, l'alunno Monti dimostra di aver compulsato i testi dell'arte politica e lunedì è arrivato a citare il Sommo, Giulio Andreotti, anche se per ribaltarne la celebre massima filosofica: «Meglio tirare a campare che tirare le cuoia». Monti non si è trasformato in un doroteo del nuovo millennio, piuttosto è un po' meno premier tecnico e un po' più premier tattico. «Se attraverso le sue forze sociali e politiche il Paese non è pronto» per le riforme, «non chiederemmo di continuare», ha detto. Vedremo se sarà abile mossa. Ma che differenza con le rudezze bavaresi degli esordi parlamentari.

Il 17 novembre, in risposta alle spiritosaggini del senatore leghista Roberto Castelli («che mortorio, applaudite o no?»), Monti offrì una paralizzante prova di paternalismo democratico: «Non applauditemi, ascoltatemi». L'indomani alla Camera fu anche peggio: «I presidenti passano, i professori restano», disse citando una delle facezie meno azzeccate di Giovanni Spadolini. Fu però in chiusura che conquistò le raggelanti vette dell'umorismo specialistico: «Non usate l'espressione "staccare la spina"... Non saprei se dovremmo essere un rasoio o un polmone artificiale».

I primi vertici internazionali furono spiegati con metafore temerarie: «L'Italia ha fatto i compiti a casa!». I rapporti con i partiti erano qualificati come «ossequio al primato della politica», da citazione del bigino della democrazia rappresentativa. Anche perché tutto questo ossequio franava sotto le reazioni stizzite del premier alle geremiadi parlamentari: «Eravate paralizzati: sennò non ci avreste chiamati».

E leggete qui -16 dicembre - che trattenuta idrofobia per un'intervista a Silvio Berlusconi (pur sempre l'azionista di maggioranza del governo): «Vorrei concludere con una nota di responsabile serenità. Ho letto stamattina "Monti è disperato". Ho fatto un rapido esame di coscienza dopo aver letto quel titolo e per un attimo mi sono sentito colpevole perché non mi sento affatto disperato».

Per non dire del comunicato ufficiale, sprezzante ma almeno mordace, per rispondere ai leghisti sul suo cenone di Capodanno: «Gli acquisti sono stati effettuati dalla signora Monti a proprie spese presso alcuni negozi siti in piazza Santa Emerenziana (tortellini e dolce) e in via Cola di Rienzo (cotechino e lenticchie)...».

Non c'era giorno in cui il premier non si industriasse per tirar fuori un po' della sua indole. La politica? «Mia madre mi diceva di starne alla larga». Il lavoro fisso? «Monotono». A chi gli chiedeva il permesso di fargli una domanda? «Certo che può, ma io non rispondo». Si notavano i disperati tentativi di rendere un po' meno respingente il messaggio («crolliamo come la Grecia!»), per esempio chiamando un po' berlusconianamente i decreti salva-Italia e cresci-Italia, o magari definendo «pane avvelenato» quello che gli evasori fiscali porgono ai figli. Un po' più colloquiale.

Anche un po' più allineato - e tattico, appunto - con le «intese ad ampio raggio», finalmente capace di esprimere morbidamente un concetto duro («i politici, i migliori che l'Italia abbia avuto, stanno dicendo che in passato la politica ha ascoltato troppo le categorie»), persino visionario ed esorbitante, così poco tecnico o così profondamente italiano, quando dice agli inglesi che il suo sogno è «realizzare in Italia un vero proprio cambiamento culturale». Intanto è a buon punto il suo.

 

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