OK, IL CAIMANO VUOL DIRE IMBROGLIO PRESIDENZIALISTA. MA SE E’ PRODI CHE SOGNA DI DIVENTARE REUCCIO D’ITALIA, LA SINISTRA VA IN TILT

Stefano Di Michele per "Il Foglio"

Siccome non di solo Sahel, oppure di conferenze pechinesi, vive Prodi - che il costato ancor trafitto da centouno pugnalate nell'ombra ha - eccolo rientrare in scena, dopo che dalla scena il suo partito lo aveva violentemente eliminato.

E se fino all'altro giorno il discutere di semi o presidenzialismo era di quelle vacuità tra gozzaniane rimembranze di Bicamerali, polverosi salotti di Nonne dalemiane, quagliariellismi in pagina politica, tra il vorrei ma non posso e il potrei ma non voglio, dopo l'articolo del prof. l'antico fantasma ha ripreso vigore: s'ode rumor di ferraglie, cigolii di porte, la virtù della "più bella del mondo" messa a repentaglio.

Oggettivamente, il pronunciamento prodiano - pur se una novità non è, "idee e proposte che ho già espresso in passato" - qualche problema crea. Uno dice presidenzialismo (o semi) e al mondo un po' radical e un po' left gonfia il petto e mette vento nelle vele: il populismo! l'antidemocrazia! il berlusconismo, soprattutto il berlusconismo!, ché peggior affronto alla "più bella del mondo" e alle civiche sue virtù non v'è.

Si capisce: se lo nomina D'Alema imbroglio certo dietro c'è, se ne discute Renzi, quello a pranzo spartisce l'orata con Briatore, se si mostra Veltroni sarà roba di guerriglia con D'Alema, e Napolitano stia zitto che Travaglio vigila...

Ma Prodi? Che si può mai dire a Prodi? Se c'è uno che ha da sempre le stimmate e un intero medagliere di riconoscimenti al merito per la lotta al Cav. (lotta vittoriosa, peraltro: al contrario dei prontamente adunati e prontamente indignati), è lui. Se c'è uno che l'inciucio casomai potrebbe averlo subìto e non praticato, è lui.

Lo trattano da Mortadella, i suoi nemici e i supposti suoi amici, ma è da sempre l'aglio per Silvio. Se c'è uno che ha figurato persino nelle quirinarie grilline - che stanno come gli indiani del famoso giallo: una statuetta frantumata al dì, "e poi non rimase nessuno" - eccolo qui.

Mica è Latorre, con tutto l'ovvio rispetto, Prodi. E' l'Ulivo, per capirci - l'unica gloria non fittizia nel ventennale leva e metti della contesa tra centrodestra e centrosinistra. Prodi è perfetta pietra d'inciampo perché la discussione tra presidenzialisti e parlamentaristi non sia la solita - ampio dibattito, reciproci insulti, nessuna decisione.

E' molto più difficile, adesso, tornare in scena con la sua vecchia parte - cioè, ognuno già con la sua vecchia parte in scena sta tornando, ma che la parte sia vecchia adesso si vede molto di più. E non tanto sul palco bolognese, dove tutto il cucuzzaro a vigilanza democratica si è ritrovato e si è interrogato (e interrogandosi si è subito risposto: cantata e suonata) - e la Bindi e Rodotà e Vendola (che vuole illibata la Costituzione e possibilmente un'altra commissione per i suoi) e Zagrebelsky e Saviano - e torno torno i Giovani Turchi, pur se orfani del pascià Massimo, gli allarmi del Manifesto, il Grillo urlante, il Fatto vegliante...

Ma il punto massimo di caduta della pietra prodiana si poteva registrare ieri durante la riunione di redazione di Repubblica, quella che Ezio Mauro indirizza, innalza e santifica. Tutto un dolersi e un allarmarsi e un esortare: alle armi! alle armi! "Irrompe il tema artificiale del presidenzialismo".

"Come se ne parla? Perché se ne parla?". "E' l'autostrada privilegiata per il populismo!". Così Mauro parlò, lamentando l'assenza, al momento, del "Veni creator Spiritus" che Benedetto Croce voleva far invocare alla Costituente. Lo "spiritus" latita, vero. Casomai, non potrebbe invece Prodi darci lumi sul sistema costituzionale del Sahel?

 

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