ursula von der leyen giorgia meloni emmanuel macron

IL PARADOSSO DEI “PATRIOTI”: VA BENE ESSERE NAZIONALISTI, MA SOLO QUANDO LO SEI TU – IL GOVERNO ITALIANO BOICOTTA L’EVENTO ORGANIZZATO DA MACRON A PARIGI PER ANNUNCIARE LA CAMPAGNA DI RECLUTAMENTO DEI RICERCATORI IN FUGA DA TRUMP: DA UN LATO, C’È LA VOLONTÀ DI NON IRRITARE IL TYCOON, DALL’ALTRA L’IRRITAZIONE PER L’INTERVENTISMO DEL PRESIDENTE FRANCESE – MICHELE SERRA: “SE SI RITIENE INSOPPORTABILE LO SCIOVINISMO FRANCESE, PERCHÉ NON DICHIARARE CON FRANCHEZZA CHE DELL’EUROPA, IL GOVERNO ITALIANO, HA STABILITO CHE SI PUÒ FARE A MENO, E COME SEDE PRESTIGIOSA DEI SUMMIT DI OGNI ORDINE E GRADO BASTA E AVANZA MAR-A-LAGO?”

1 - L’ALT DELLA PREMIER ALLA MINISTRA PER NON IRRITARE WASHINGTON

Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco e Viola Giannoli per “la Repubblica”

https://www.repubblica.it/politica/2025/05/06/news/governo_meloni_francia_trump_bernini-424167945/

 

ursula von der leyen e emmanuel macron all evento choose europe for science.

Quando si ritrova in mail l’invito di Emmanuel Macron, Anna Maria Bernini comprende immediatamente la delicatezza della scelta. E così, la ministra dell’Università reagisce nell’unico modo possibile, per chi si ritrova nel bel mezzo di una battaglia: si rivolge al generale.

 

Informa Giorgia Meloni, poi Antonio Tajani. E soprattutto, chiede alla premier: pensi che debba andare? Il suo scetticismo viene subito confortato dal fastidio della presidente del Consiglio: non se ne parla, è la risposta. A quel punto, tocca alla Farnesina gestire diplomaticamente il nuovo, imminente incidente con Parigi. Fino all’invio dell’ambasciatrice italiana alla Sorbona.

 

anna maria bernini

La certificazione plastica di uno scontro che non finisce mai. E siamo a ieri. Il caso esplode e la «forte irritazione» che si registra al ministero dell’Università diventa patrimonio comune nel governo. La ministra, forte della copertura di Meloni, non si nasconde. E anzi, a caldo commenta: «Mentre gli altri (leggi: Parigi) annunciano, l’Italia ha già fatto». È un modo per ricordare il bando del 15 aprile scorso, che prevede uno stanziamento di 50 milioni, rivolto ai ricercatori che vogliono rientrare a casa, o comunque scegliere l’Italia provenendo da un altro Paese.

 

Ogni dettaglio diventa oggetto di contesa. Anche quel titolo individuato in un primo momento dai francesi per l’evento, come risulta dagli inviti inoltrati per posta elettronica: «Scegli l’Europa, scegli la Francia». Più tardi cambierà, via «la France» e dentro il più neutro «Choose Europe for Science».

 

ursula von der leyen emmanuel macron

Troppo tardi per frenare il risentimento, abbastanza per giustificare il “gran rifiuto”: se l’obiettivo è rafforzare l’Europa, perché Macron ha organizzato tutto alla Sorbona? E perché una ministra italiana dovrebbe partecipare?

 

Come per le riunioni sull’Ucraina e il progetto dei “volenterosi” anglofrancesi, riecheggia dunque a Palazzo Chigi un argomento: la sede istituzionalmente opportuna per discutere eventuali strategie comuni è quella del 23 maggio a Bruxelles.

 

Più della forma diplomatica pesano però i rapporti ormai logorati tra i due leader. Il “caso Parigi” è una faglia che attraversa la storia dell’esecutivo Meloni. La premier mal sopporta il leader francese, Giovanbattista Fazzolari incarna al meglio la fazione anti-Eliseo.

 

MEME SULL INCONTRO TRUMP MELONI - BY FAWOLLO

E soprattutto: le mosse di Macron creano da diverse settimane scompiglio nell’esecutivo. Innanzitutto per la questione dei volenterosi […]. L’Italia si è tirata fuori dall’operazione, a costo di dover seguire in differita i vertici a Parigi e Londra a cui partecipano gli americani.

 

E poi il caso della foto a San Pietro tra Trump, Zelensky, Macron e Starmer (e senza Meloni): un incidente che ha lasciato scorie e alimentato tensioni nella diplomazia.

Infine: la gestione dei rapporti con Trump. Il presidente francese continua a mantenere un filo solido, Roma ha scelto l’approccio opposto: mostrarsi “ponte” tra Ue e Washington. Anche in nome del perseguimento di questo obiettivo viene spiegata la scelta di disertare l’evento parigino: non è questo il momento di mettersi contro l’America del tycoon […]

 

annamaria bernini

Eppure, qualcosa non torna. Il presidente francese continua a dialogare con Trump  […]. È una dinamica con cui Palazzo Chigi deve fare i conti. Provando a reagire, cercando di ritagliarsi un ruolo. Un tentativo, in questo senso, passa dall’ambizione di scommettere su una solida relazione con il prossimo cancelliere tedesco Friedrich Merz.

 

La premier l’ha chiamato di nuovo, la scorsa settimana. I due si vedranno presto a Roma. Prima, però, il leader popolare volerà in un’altra capitale. Quale? Parigi, come da tradizione.

 

2 - ITALIA-MACRON, ACQUE ANCORA AGITATE NO DEL GOVERNO AL SUMMIT SUI RICERCATORI

Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per “la Stampa”

 

[…]  Ovviamente non è una sorpresa per Matteo Salvini, vicepremier e segretario della Lega, sempre puntuale quando c'è da attaccare Macron: «Sono contento che proprio oggi, nel giorno in cui il presidente francese annuncia un piano da 500 milioni per attrarre ricercatori americani (in verità quello è stato l'annuncio della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, ndr), noi più sobriamente stiamo attraendo ricercatori e imprenditori francesi».

 

ursula von der leyen emmanuel macron

La decisione di inviare l'ambasciatrice viene presa autonomamente dalla ministra. Meloni lo viene a sapere dopo ma, essendo completamente in linea con quello che avrebbe fatto lei, per la premier non fa una piega. «È il solito Macron» è il commento che lasciano filtrare da Palazzo Chigi.

 

In realtà l'amore per la ricerca c'entra fino a un certo punto, perché la vicenda va inquadrata anche nella sfida tutta politica tra Francia e Italia. Un mattoncino in più nel muro che cresce e separa le leadership di Macron e di Meloni, o più in generale di Macron e dei capi dell'ultradestra europea.

 

macron salvini immagine creata con l'IA

Con qualche cortocircuito: l'approccio nazionalista di Macron non piace al governo guidato dalla nazionalista conservatrice Meloni, che per tutta risposta rimanda a una piattaforma più europea. Il 23 maggio ci sarà a Bruxelles il Consiglio Competitività e Ricerca: «Quella – spiegano le fonti più vicine a Bernini – è l'occasione ideale e il formato istituzionale più appropriato per individuare e definire politiche comuni, che vadano oltre un'ottica prevalentemente nazionale». Non è bastato, in tal senso, cambiare il titolo del summit, e lasciare solo il riferimento all'Europa. Né che fosse presente Von der Leyen, ad annunciare l'obiettivo «del 3% di Pil per investimenti e ricerca entro il 2030».

 

Storicamente non è una novità che anche la scienza venga arruolata nella lotta per l'egemonia geopolitica. C'è da dire che a ruoli invertiti era stata Meloni a sospettare «un sabotaggio» di Macron dopo la sua proposta di organizzare a Roma l'incontro sui dazi tra Trump e i vertici dell'Unione europea, per trovare una rapida soluzione alla guerra dei dazi.

emmanuel macron e ursula von der leyen

 

Il presidente francese e altri leader, compreso il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, erano rimasti indispettiti dalla location: «Se deve essere un confronto degli Stati Uniti con l'Europa meglio farlo a Bruxelles». E ancora: al vertice riunito a Parigi, a febbraio, il primo in cui si è parlato di aiuti militari all'Ucraina e della missione dei volenterosi dopo la minaccia di disimpegno americano, Meloni è stata tentata fino all'ultimo di non andare.

 

È una questione anche di postura da tenere con Donald Trump. Il piano Macron punta ad approfittare della minaccia dei maxi tagli alle università annunciati dal tycoon, porta il livello di competizione in alto, lo rende orgogliosamente esplicito, a petto in fuori. Il governo Meloni, invece, anche in questo caso, cerca un approccio più cauto e collaborativo, nella convinzione che gli atenei americani siano fondamentali per tutta una serie di campi, dal biofarma al biotech.

MEME SULL INCONTRO TRUMP MELONI - BY MEME DELLA TERZA REPUBBLICA

 

Secondo le stesse fonti del ministero, inoltre, l'invito sarebbe arrivato tardi, senza condividere l'impianto dell'iniziativa, irritando assai l'esecutivo: «I rettori italiani avrebbero solo fatto da testimonial della ricerca francese quando il governo italiano ha da tempo aperto un bando per far tornare i ricercatori italiani e attrarre gli stranieri, non solo americani». Bando che va a sommarsi agli incentivi fiscali e agli sgravi introdotti dal governo di Matteo Renzi nel 2015, che Meloni a fine 2023 stava per cancellare.

 

3 - TRA LA SORBONA E MAR-A-LAGO

Estratto dell’articolo di Michele Serra per “la Repubblica”

 

Si sa che i francesi sono molto francesi, e dunque può anche darsi che il vertice europeo alla Sorbona […] fosse un poco franco-centrico [….].

 

giorgia meloni e donald trump meme by edoardo baraldi

Sta di fatto che il tema […] è talmente rilevante che non esserci espone al sospetto di anteporre un problema minore (il bon ton tra i Paesi membri della Ue) al problema maggiore, che è organizzare una risposta europea, unitaria e forte, alla stretta censoria e nazionalista di Trump.

 

Il governo italiano è ampiamente sospettabile, tra Trump e l’Europa, di non avere scelto da che parte stare, nemmeno in quei casi nei quali è l’evidenza dei fatti a suggerire la parte giusta: nel momento in cui Trump sanziona Harvard e ogni altra realtà culturale non sottomessa, come fai a non schierarti?

 

[…] Se si ritiene insopportabile quel po’ di eterno sciovinismo francese, tanto da rifiutarsi di andare alla Sorbona nel nome dell’Europa, perché non dichiarare con franchezza che dell’Europa, il governo italiano, ha stabilito che si può fare a meno, e come sede prestigiosa dei summit di ogni ordine e grado basta e avanza Mar-a-Lago?

emmanuel macron e ursula von der leyen emmanuel macron e ursula von der leyen all evento choose europe for science

 

Ultimi Dagoreport

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…