FACCI & MUGHINI: RESISTI NICOLE! - ALLA “PECORINA ESPIATORIA” DEL PDL SI PUÒ DIRE DI TUTTO, MA DI SICURO NON CHE ABBIA FINTO DI ESSERE CIÒ CHE NON È - ANCHE SE IL BANANA DIFENDEVA LA SUA LAUREA, LEI HA PENSATO SEMPRE E SOLO A METTERE IN RISALTO IL SUO VALORE: CULO E TETTE - E POI I 3/4 DEL PARLAMENTO SONO COMPOSTI DA MIRACOLATI COME LEI, DA AMICI E PARENTI SELEZIONATI TRAMITE CASTING - SOLO CHE LEI NON PUOI NON NOTARLA...

1- È BRAVISSIMA (A FARE IL SUO)
Giampiero Mughini per "Libero"

Su Nicole Minetti le verità possibili sono due. O l'una o l'altra. O lei è una ragazza in gamba che s'è laureata brillantemente, che conosce bene la lingua inglese, che ci sa fare nelle relazioni pubbliche e dunque anche in politica e che meritava ampiamente di essere eletta al seggio di consigliere regionale della Lombardia (così l'ha difesa veementemente e più volte Silvio Berlusconi). Oppure lei è una buona a nulla, solo un portento riuscito del lavoro combinato di madre natura e del chirurgo plastico, una ragazza impudente la cui immagine lorda la fisonomia dello schieramento politico cui appartiene, tanto che il segretario del Pdl le ha adesso chiesto di alzare i tacchi e smammare.

E poi c'è un terzo punto di vista. Quello delle intellettuali e delle giornaliste di sinistra che qualche tempo fa accesero un movimento di opinione che volgeva a difendere «la dignità delle donne», e volevano dire che quanto era successo in fatto di bunga-bunga o di burlesque dalle parti di Arcore era stato un togliere dignità a viva forza alle protagoniste di quelle serate, alle ragazze che si addobbavano in perizoma, che si facevano palpeggiare dagli ospiti, che ascoltavano a pagamento le barzellette del padrone di casa.

A loro, alla Polanco, alle gemelle De Vivo, alla giornalista Mediaset che ha accettato in dono un appartamento milanese in cambio di qualche sorriso a cena, alla prorompente Nicole Minetti travestita non ricordo più se da poliziotta o da suora, la dignità di cui erano abbondantemente provviste era stata tolta a viva forza dal demoniaco satrapo che le aveva convitate a cena. A viva forza. La dignità. Per tornare alla Minetti, dico subito che la ammiro molto. Nel panorama degli orrori di cui è ricca la nostra vita pubblica, lei non mi sembra affatto il peggio. Lasciamo stare la dignità, termine privo di senso se riferito alla tribù delle olgettine.

E del resto lei per prima non ne ha mai fatto una questione di dignità. A giudicare dalle intercettazioni telefoniche che la riguardano, la Minetti sapeva benissimo quel che stava facendo e perché lo stava facendo e perché si sarebbe ritrovata nei guai giudiziari. Alle ragazze con cui parlava non si rivolgeva in inglese, e bensì nella lingua sapida delle donne che stanno dando un prezzo alla loro bellezza. Ragazza priva di dignità, ma palesemente in gambissima per come riesce in quello che vuole e vuole essere. Diego Volpe Pasini, l'imprenditore friulano che viene indicato come uno dei «consigliori» di Berlusconi, ha detto al Fatto che la Minetti ha «una gran testa».

Senza averla mai vista una sola volta, la penso allo stesso modo. A cominciare dalla ferrea coerenza con cui si è proposta ed esposta nei due anni che dura la sua esplosione massmediatica. Mai un solo minuto lei ha recitato la parte della «laureata» che di lavoro faceva il consigliere regionale in Lombardia. In due anni pare che abbia preso la parola in aula solo una volta, e su argomenti marginalissimi. E laddove appena vedeva nei paraggi un fotografo subito si metteva in tiro a tendere allo spasimo quelle camicette che rivelavano più che occultare un seno strabordante.

E dunque di tutto la potete accusare fuorché di millantato credito. Vendeva quel che aveva. Mai una volta che la Minetti abbia rivaleggiato con pensatrici contemporanee quali Alba Parietti o Daniela Santanché nel sentenziare sull'uno o sull'altro argomento della Grande Politica. A differenza della Patrizia d'Addario non ha scritto alcuna autobiografia. A differenza di Marianna Madia, la deputatessa del Pd cara a Walter Veltroni, non è che a distanza di quindici giorni abbia dato del governo Monti due giudizi completamente opposti l'uno all'altro.

Mai un solo minuto la Minetti ha cercato di puntare sulla sua laurea. Sempre e soltanto ha fatto quello che costituisce il curriculum regale delle odierne dive e divette televisive, da Belen Rodriguez a Melissa Satta, farsi fotografare in bikini tutta frizzante. Quando è andata a fare da testimone al matrimonio della sorella era vestita in modo abbacinante da quanto era fondamentalmente svestita e scoperta: ho guardato quelle foto su Dagospia e ho mentalmente applaudito tanta spudoratezza.

Qui nel mio studio, mi sono levato in piedi ad applaudire un suo recente exploit milanese di cui erano zuppi i siti web: una sortita per le strade a fare shopping addobbata con un paio di shorts minimali e una canotta dalla quale traboccava il ben di dio che sapete. Una consigliera regionale laureata e piena di dignità? Certo che no. Epperò il mondo è bello perché è vario, e noi non finiremo mai di gradire la «varietà» rappresentata dagli shorts e dalla canotta indossati da una bella donna («Una statua impressionante» l'ha definita Volpe Pasini, uno che ha l'aria di essere intelligente e furbastro).

Quanto al così tanto silicone che adorna la nostra eroina, confesso che il silicone mi spiace ancor di più quando lo vedo innalzare le labbra di giornaliste che stanno parlando con sussiego della guerra in Afghanistan. C'è un silicone di destra e un silicone di sinistra. Né l'uno né l'altro, ovviamente. Ma che c'entra una ragazzona così tanta con l'aula del Consiglio Regionale della Lombardia, mi direte? Naturalmente un beato niente. È accaduto ed è pazzesco che sia accaduto, punto e basta.

E del resto chi di noi ci avrebbe creduto, vent'anni fa, se gli avessero detto quel che succede ogni giorno e ogni ora sulla scena pubblica del nostro Paese? Chi ci avrebbe creduto a chi avesse pronosticato i picchi di sciagurataggine e di cafoneria cui assistiamo quotidianamente? Minetti o no, scagli la prima pietra chi ne è immune.


2- LA PECORINA ESPIATORIA
Filippo Facci per "Libero"

Quelli che dicono «il problema è un altro» in linea di massima andrebbero arrestati, ma a margine del caso Minetti i problemi (...) sono altri per davvero: e non solo che lei sia diventata la pecorina espiatoria del Pdl, ma che il Parlamento e la rappresentatività in generale, dal 1994 a oggi, sono diventati un'altra cosa. Alcuni aspetti sono noti: tre quarti del Parlamento teme di non essere rieletto perché è composto da miracolati che il Porcellum ha permesso di selezionare sulla base di capriccio poco altro.

Va poi ricordato, un po' didascalicamente, che negli ultimi vent'anni sono cambiate la politica e la televisione: Bruno Vespa raccontò che nei giorni immediatamente successivi al 27 marzo 1994 (fine della Prima Repubblica, teorico inizio della Seconda) conobbe e ospitò più leader politici di quanti ne avesse conosciuti nei trent'anni precedenti, il che coincise con un netto abbassamento del loro status; la rincorsa del politico verso la gente comune, in pratica, arrivò a fine corsa: la tv tese a restituire un politico a misura d'uomo ma che spesso era un uomo sempre più abbruttito e incazzato, gente che applaudiva i politici che prendevano le torte in faccia salvo poi lamentarsi se il processo di identificazione della politica coincideva col Bagaglino.

Sta di fatto che i «rappresentanti del popolo», di lì in poi, si divisero tra un buon terzo di parlamentari a presa mediatica e altri due terzi ridotti a peones. Da qui i primi atroci dilemmi: se la Camera dei rappresentanti possa dirsi rappresentativa o no; se il Parlamento debba essere il famoso specchio del Paese oppure la sua eccellenza; se davvero, a contare, ormai, sia solo un'oligarchia di pochi politici in contrapposizione a centinaia di spingitori di bottoni.

Quesiti retorici, ti dicono: perché la nostra politica è ormai americanizzata e il candidato ideale sarà sempre più la risultanza di un piano di marketing. Ergo, i parlamentari - o le Minetti - hanno una funzione tecnica che nella maggior parte dei casi è spingere un bottone: si preferiscono persone fedeli, accondiscendenti, capaci di star sedute anche per 15 ore. La differenza tra una Minetti e altri peones, in tal senso, è solo che la Minetti non puoi non notarla.

Tutto ciò è iniziato nel 1994 ed è arrivato a cascata (selezioni tipo casting, con prova video) e il risultato è degenerato sino alla vergogna, ma attenzione, non è certo accaduto solo nel Pdl: segretarie e portavoce e parenti vari non mancano certo neanche a sinistra, per quanto meno appariscenti. In altre parole: il Porcellum e tutti i sistemi elettorali dal 1994 a oggi, in verità, hanno rappresentato un'occasione perduta per stipare il Parlamento di personaggi straordinari: esattamente il contrario di quanto è accaduto negli ultimi anni.

Anche perché la rievocata Forza Italia, nel 1994, a pensarci fece giusto il contrario di quanto ha fatto alle Politiche del 2008: Berlusconi, ai tempi, cercò di piazzare in lista tutto il meglio che riusciva a trovare (tra coloro che ovviamente ci stavano) ma è gente che poi è scappata o che è stata messa progressivamente alla porta, questo per le stesse ragioni per cui era stata scelta: erano personalità indipendenti, o perlomeno erano personalità. Sicché le liste, tutte le liste, sono diventate casting o contro-casting: militari contro militari, imprenditori contro imprenditori, sindacalisti contro sindacalisti, handicappati contro handicappati, scienziati contro scienziati.

L'aver piazzato in Parlamento la moglie di Emilio Fede, cui chiediamo scusa, non corrisponde a un problema eticamente diverso dall'averci piazzato anche la chirurga o la fisioterapista di Berlusconi; il problema, semmai, nasce se intanto spazzi via dalle liste tutti i liberali di centrodestra per far posto al tassista Loreno Bittarelli, alla giornalista del Tg4 Gabriella Giammanco, a Gabriella Carlucci, a Elisabetta Gardini, a tanti che magari non sono neanche noti ma hanno il portafoglio gonfio.

E a sinistra, come detto, non è tanto diverso: non hanno più candidato l'islamista Khaled Fouad Allam,o Nando Dalla Chiesa,ma hanno lasciato spazio ad amiche, amichetti o comunque gente come Massimo Calearo, uno che sino a due settimane prima aveva la suoneria del cellulare con l'inno di Forza Italia. False personalità, spingitori di bottoni, rappresentanti di niente che peraltro della Minetti non hanno neppure le tette.

 

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