MARCELLO IL MEDIATORE - LA CASSAZIONE, NELLE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA CHE HA ANNULLATO LA CONDANNA PER ASSOCIAZIONE MAFIOSA A DELL'UTRI, SOSTIENE CHE ‘DON’ MARCELLO VERSÒ ALLA MAFIA “COSPICUE SOMME” PER GARANTIRE LA SICUREZZA DEL BANANA E DEI SUOI CARI - IL PROCESSO DI SECONDO GRADO DOVRÀ RICOMINCIARE DA ZERO MA SE PRIMA LA PRESCRIZIONE ERA FISSATA AL 2014 ADESSO I GIUDICI POTREBBERO ALLUNGARE I TERMINI APPLICANDO UNA NORMA SUL ‘REATO CONTINUATO’….

Da "Corriere.it"

Il senatore Marcello Dell'Utri è stato il «mediatore» dell'accordo protettivo per il quale Berlusconi, in «posizione di vittima», pagò alla mafia «cospicue somme» per la sua sicurezza e quella dei suoi familiari. Lo ha scritto la Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza che ha annullato con rinvio la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa al politico palermitano. Il processo di secondo grado, con questo rinvio, dovrà essere rifatto a Palermo davanti ad altri giudici.

La prescrizione del reato inizialmente era prevista per il giugno 2014, ma la stessa Cassazione evidenzia come al processo d'Appello bis potrebbe essere applicato «il regime della prescrizione antecedente alla riforma del 2005, che valorizza il reato continuato». Così i termini della prescrizione cambierebbero «in pejus» per Dell'Utri e i tempi per la prescrizione stessa potrebbero allungarsi.

IL RINVIO E GLI ANNI 1977-1982 - Il rinvio della sentenza d'appello è del 9 marzo scorso: era stata la difesa del senatore a presentare un ricorso contro la condanna a sette anni, mentre la procura generale ricorreva chiedendo un aggravio di pena, sostenendo che il reato è proseguito anche dopo il 1992.

Secondo la Cassazione, però, deve ancora essere provato il concorso esterno di Dell'Utri a favore di Cosa Nostra per gli anni che vanno dal 1977 al 1982, periodo durante il quale il senatore non lavorò più per Berlusconi ma venne assunto «alle dipendenze di imprenditore diverso e autonomo, il Rapisarda». Secondo la Suprema Corte, per quegli anni nel verdetto d'Appello c'è «un totale vuoto argomentativo per quanto concerne la possibile incidenza di tale allontanamento sulla permanenza del reato già commesso».

LO STALLIERE - Sono 146 le pagine delle motivazioni della sentenza 15727: secondo la Cassazione i giudici della Corte d'Appello di Palermo hanno valutato in maniera «corretta» le «convergenti dichiarazioni» di più collaboratori sul tema «dell'assunzione, per il tramite di Dell'Utri» dello stalliere Vittorio Mangano «ad Arcore, come la risultante di convergenti interessi di Berlusconi e di Cosa Nostra».

Viene ritenuta provata anche la «non gratuità dell'accordo protettivo, in cambio del quale sono state versate cospicue somme da parte di Berlusconi in favore della mafia». Ancora, si legge, che l'ingaggio di Mangano «indipendentemente dalle ricostruzioni dei cosiddetti pentiti, è stato congruamente delineato dai giudici di merito come indicativo, senza possibilità di valide alternative, di un accordo di natura protettiva e collaborativa raggiunto da Berlusconi con la mafia per il tramite di Dell'Utri che, di quella assunzione, è stato l'artefice grazie anche all'impegno specifico profuso da Cinà».

Gaetano Cinà, amico personale di Dell''Utri e ritenuto il padrino della famiglia Malaspina fino al 2006, anno della morte, secondo la sentenza d'Appello è stato il contatto diretto tra Dell'Utri, e quindi Berlusconi, ed influenti esponenti mafiosi come Stefano Bontate, che così nel 1974 sarebbe stato in visita nella sede di Edilnord.

 

 

MARCELLO DELLUTRI BERLUSCONI berlusconi dellutri DELLUTRI DellUtri e Berlusconi cassazioneVittorio Mangano in tribunale nel 2000

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