LA PROVA CHE NAPOLITANO HA CONVINTO MONTI A NON CANDIDARSI DIRETTAMENTE - RE GIORGIO DIXIT: SE IL RISULTATO ELETTORALE NON SARÀ CHIARO E INEQUIVOCABILE (AD ESEMPIO AL SENATO), ALLORA POTREBBE ESPLORARE ALTRE POSSIBILITÀ, TIPO L’INCARICO A MONTI - DEL RESTO, È GIÀ SUCCESSO PIÙ VOLTE - CON SPADOLINI, CRAXI E AMATO – CHE A PALAZZO CHIGI NON ANDASSE UN LEADER DEL PARTITO DI MAGGIORANZA RELATIVA, LA DC….

Marzio Breda per il "Corriere della Sera"

Altro che «forzature o frettolosità» sul giorno del voto, come recrimina il centrodestra che, dopo aver fatto precipitare la crisi, adesso voleva allungare i tempi. L'unica cosa che sta a cuore al presidente della Repubblica è «l'interesse del Paese». E in nome di quell'interesse - spiega - è bene che «non si prolunghi eccessivamente la campagna elettorale» data «la fase sempre critica e densa di incognite per l'Italia».

Avvertimento che, dopo le valutazioni tecniche del ministro dell'Interno, significa aprire le urne il 24 febbraio. Non dopo. È il giorno «più agevole», scrive al Quirinale Annamaria Cancellieri. Sì, è «la data più idonea», concorda con sollievo Giorgio Napolitano, cui spetta «la prerogativa esclusiva» di sciogliere le Camere e far così scattare il conto alla rovescia.

Il nodo di calendario dell'ultima schermaglia politica sembra dunque sciolto. E il capo dello Stato formalizza la soluzione emersa a tarda sera dopo averla sollecitata ieri mattina con una secca nota ufficiale. Quando aveva ricordato, per scansare certe letture equivoche delle sue intenzioni, che egli aveva «ripetutamente auspicato che le elezioni si svolgessero alla scadenza naturale entro la prima metà di aprile». Aggiungendo poi come siano peraltro «noti i fatti politici che hanno vanificato questa possibilità», cioè la rottura della maggioranza da parte del Pdl.

Pareva una riedizione della solita tattica politica dello stop and go, quella di Silvio Berlusconi. Cui aveva subito reagito un giustamente offeso Mario Monti, con l'annuncio delle sue dimissioni dopo il varo della legge di Stabilità. Solo che il Pdl ha invertito di colpo la rotta, pretendendo un rinvio (perché il Cavaliere potesse dilagare in tv prima della par condicio e, insieme, frenare la discesa in campo del premier uscente?) e minacciando ostruzionismi in aula. Un gioco inaccettabile, al quale alludeva il capo dello Stato con l'evocazione dell'«interesse del Paese» che nasce appunto dall'esigenza di «evitare il prolungamento di una condizione di incertezza istituzionale».

Ma se il caso della data del voto è finalmente chiuso, anche grazie al pressing del Quirinale, resta apertissimo il caso delle illazioni che si rincorrono sulle scelte del presidente quando si conoscerà il responso delle urne. «Ha già affidato il preincarico a Bersani», aveva commentato lunedì Angelino Alfano, dopo aver sentito il suo discorso di fine anno alle alte cariche dello Stato. «Ha fatto capire che il primo è primo e il secondo è secondo...», aveva concordato Giuliano Amato, come dire che sarà premier chi prende un voto più degli altri. Un automatismo da non dare per scontato, ha invece precisato ieri Napolitano, in coda a una lettera alla Stampa per smentire «gelo, tensioni e distanze» nel suo rapporto con Monti.

Dopo aver cassato anche le letture impressioniste sul fatto che egli abbia omesso di indicare «come causa della brusca accelerazione verso la crisi» la mossa del Pdl, il capo dello Stato puntualizza: «Ogni decisione nascerà dalle consultazioni post-elettorali e dagli elementi che ne trarrò sul da farsi, non essendo vincolato ad alcuna ipotesi precostituita». Che significa?, si sono domandati in molti. Che potrebbe anche non dare al segretario del Pd, dato per vincente da ogni sondaggio, l'incarico di formare il governo? Significa che, data la situazione confusa, si tiene le mani libere, valutando pure «un modello di comportamento convalidato da non pochi precedenti» dei suoi predecessori.

Traduciamo: la decisione di Napolitano - si sa - nascerà dal combinato disposto tra esito del voto e consultazioni con i partiti. Se il risultato sarà chiarissimo e inequivocabile e le indicazioni dei partiti della nuova maggioranza precise, non avrà alternative. Se però restasse qualche incertezza (ad esempio al Senato) sulle prospettive di reale saldezza di quella maggioranza, allora potrebbe esplorare altre possibilità, qualora paiano più forti e politicamente accettate.

Del resto, è già successo più volte - con Spadolini, Craxi e Amato - che, in base ad accordi di coalizione, a Palazzo Chigi non andasse un leader del partito di maggioranza relativa, la Dc. Potrebbe accadere ancora, se il panorama del nuovo Parlamento fosse frammentato e il vincitore magari dimezzato. Potrebbe accadere anche in tempi di bipolarismo, visto che nel Porcellum il comma che indicava il «candidato premier» è stato sostituito con un non vincolante «capo della coalizione».

 

NAPOLITANO-MONTI - BY VINCINONAPOLITANO SULLE SPALLE DI MONTIMONTI NAPOLITANOBERLUSCONI NAPOLITANO bettino craxi Amato Bersani

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO