FISCAL COMPACT, CHI? – COME FARA’ RENZIE A EVITARE LA BASTONATA DA 50 MILIARDI CHE L’ITALIA DOVRA’ PAGARE DAL 2015? SEMPLICE: PER IL RESPONSABILE ECONOMIA DEL PD TADDEI QUEI 50 MILIARDI SONO UNA BALLA…

Claudio Cerasa per ‘Il Foglio'

E' successo anche martedì scorso e la scena è sempre la stessa. Matteo Renzi inizia a parlare dell'universo mondo, conquista i suoi interlocutori, disegna grandi scenari, sciorina le sue riforme, racconta i suoi obiettivi, spiega quali sono gli impegnativi compiti a casa che il governo si è auto assegnato per combattere con gli strumenti della politica i talebani dell'antipolitica. E poi, a un certo punto, quando il suo interlocutore sussurra quelle quattro paroline magiche seguite da un punto interrogativo, "e il Fiscal compact?", Renzi sorride, e come in una "supercazzola" di "Amici miei" solitamente scompare in una magnifica bomba fumogena.

Succede sempre così, e martedì scorso è successo anche a Londra, alla sede del Financial Times, quando uno degli editorialisti più importanti del quotidiano della City, Wolfgang Münchau, ha guardato negli occhi il presidente del Consiglio e gli ha detto: "Ok Matteo, ma con il Fiscal compact come farai? E soprattutto, come farai a trovare quei 50 miliardi di euro che sulla carta l'Italia dovrà cominciare a risparmiare a partire dal 2015?". Sorriso di Matteo, bomba fumogena, e via con un'altra domanda. Già. Come farà? La bomba fumogena nasconde un piano o nasconde solo altro fumo? Una risposta ufficiale a questo problema non esiste, e Renzi, che sul tema è sempre prudente, non ne ha mai parlato in modo diretto.

Ma un indizio utile a capire quale sarà la direzione del governo su questo campo ce lo offre uno dei principali consiglieri economici del presidente del Consiglio, Filippo Taddei, docente di Economia alla Johns Hopkins University, responsabile Economia del Pd, e la sua risposta alla domanda non è felpata, come ci si aspetterebbe, ma è diretta, secca. Dice Taddei: "Quello del Fiscal compact è un falso problema perché nonostante l'imbarazzante propaganda del Movimento cinque stelle su questo tema io mi sento di escludere che il prossimo anno l'Italia sarà costretta a pagare la famosa somma dei cinquanta miliardi. E' una balla colossale. E bisogna essere in malafede per sostenere il contrario".

Taddei fa una pausa ed entra nel dettaglio. "Il Fiscal compact, come si sa, ci chiede, a partire dal prossimo anno, un obiettivo doppio. Da un lato l'obbligo del perseguimento di un disavanzo strutturale contenuto. Dall'altro una riduzione del rapporto fra debito pubblico e pil al ritmo di un ventesimo all'anno, ovvero del 3 per cento circa, fino al raggiungimento del 60 per cento sul pil nell'arco di un ventennio. La prima norma, si sa, ci chiede dunque di non superare il tre per cento del rapporto tra deficit e prodotto interno lordo. La seconda norma, invece, ci chiede di trovare a partire dal prossimo anno cinquanta miliardi di euro. Ma attenzione. Questi obiettivi valgono se il ciclo economico non è avverso, non sono applicabili meccanicamente".

Prosegue Taddei. "C'è un problema che tutti fanno finta di ignorare. Il problema è tecnico ma è un punto fondamentale. Si tratta di una questione di comprensione delle norme. Provo a essere chiaro. Le norme di cui abbiamo parlato finora entrano in azione solo a condizione che la crescita reale di un paese coincida con la crescita potenziale di quel paese (ossia una crescita al netto della componente ciclica e delle misure di bilancio una tantum, ndr).

Più sarà la distanza tra questi valori e più i trattati europei ci permettono di poter muovere le leve della flessibilità". La stima della crescita potenziale "Nel caso specifico tutto dipende da come stimiamo la crescita potenziale dell'Italia. Se la stima del reddito potenziale è in linea con le nostre caratteristiche strutturali, e non con gli ultimi anni disastrosi, allora siamo in una fase avversa del ciclo economico - in cui tra il reddito reale e il reddito potenziale c'è uno scarto significativo. Nelle prossime settimane dimostreremo che a queste condizioni la tagliola del Fiscal compact non può scattare.

E' come se si chiedesse a un paziente ancora convalescente di tornare in palestra a sollevare decine e decine di kg. Sarebbe suicida. Non-si-può". Il "non si può" scandito con decisione da Taddei è destinato a essere uno dei cavalli di battaglia con cui il governo proverà a far cambiare verso all'Europa imponendo un'uscita forzata dal regime dell'austerity.

Taddei dice che "in prospettiva, quando il governo dimostrerà di essere in grado di realizzare le promesse, sarà possibile anche chiedere una maggiore flessibilità sul deficit". Ma lo schema del responsabile Economia rappresenta uno dei piani studiati per non farsi travolgere dallo tsunami del Fiscal compact. Il piano spiegato da Taddei è quello più ottimistico ed è un piano che il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha provato a inserire in un binario politico già giovedì scorso, durante l'Ecofin.

Ma accanto a questo piano, che resta comunque una interpretazione del contenuto dei trattati, ce ne sono due meno ottimistici che rappresentano possibili vie d'uscita laterali per salvare l'Italia dalla mannaia del Fiscal compact. Il primo è quello di dilatare il tempo previsto per raggiungere i piani previsti dal trattato. Il secondo è quello di chiedere uno sconto di pena nel caso in cui il "lodo Taddei" non dovesse trovare consenso in Europa (sconto di pena che a Via XX Settembre stimano con queste cifre: "Se le cose non vanno bene dovremo tentare a tutti i costi di pagare nel 2014 una cifra pari a 30 miliardi di euro, provando dunque a far coincidere i miliardi da destinare alla riduzione del debito alla cifra del nostro avanzo primario, che alla fine dell'anno dovrebbe essere per l'appunto di 30 miliardi di euro".

Spiega ancora Taddei: "Dal punto di vista politico credo sia un'assurdità pensare che dal prossimo anno sia possibile imporre lo stesso obiettivo debito/pil a tutti i paesi che si trovino ad avere un debito superiore al 60 per cento. Per altro senza riconoscere i grandi sforzi compiuti dal nostro paese dal 2011.

Allo stesso tempo credo sia impossibile ritenere che il tempo necessario per raggiungere questi obiettivi sia necessariamente vent'anni. Il terrorismo psicologico praticato dai grillini va denunciato e combattuto non con la retorica ma con i fatti. E i fatti ci dicono questo. Ci dicono che è falso che il prossimo anno l'Italia dovrà pagare 50 miliardi di euro all'Europa. Così come ci dicono che è falso che il debito che dobbiamo ripagare è stato creato dall'euro. Sciocchezza. Il debito pubblico nasce negli anni Ottanta con la lira. L'euro ci ha aiutato a non farlo schizzare ancora più in alto. E sfido qualunque populista pentastellato a dimostrare il contrario".

Allargando l'obiettivo della chiacchierata, Taddei suggerisce di non sottovalutare la geopolitica delle nuove alleanze europee e nota che il triangolo da osservare nei prossimi mesi riguarda il possibile asse per la crescita costruito da Matteo Renzi con Angela Merkel e David Cameron. "Da un certo punto di vista - nota Taddei - il vero ostacolo politico alla semplificazione dei processi europei non si chiama, come in molti potrebbero credere, ‘Germania', ma allo stato attuale si chiama soprattutto ‘Francia'. I numeri ci dicono che la Francia non porterà come promesso entro il 2015 il rapporto deficit-pil sotto il 3 per cento.

Ci dicono che la Francia si trova ancora sotto procedura d'infrazione. Ci dicono che a Hollande servirà una significativa correzione fiscale. Ci dicono che i francesi quest'anno, al netto degli interessi, la spesa pubblica primaria francese sarà infinitamente maggiore rispetto a quella dell'Italia, oltre il 50 per cento contro il 43 per cento, e ci dicono, insomma, che in queste condizioni difficili, dove a giudicare dagli ultimi stress test anche le banche dei nostri cugini non si trovano in perfetta salute, il vero ostacolo alla modifica dei trattati è proprio la Francia, e non qualcun altro". Taddei sostiene che non sia casuale l'articolo a doppia firma, e pro crescita, uscito martedì scorso sul Financial Times e siglato dal ministro dell'Economia tedesco (Wolfgang Schäuble) e dal ministro dell'Economia britannico (George Osborne).

Così come sostiene che non sia casuale che sia arrivata proprio ora dalla Bundesbank (Banca centrale tedesca) un'importante apertura di credito per rendere più espansivo il profilo della Banca centrale europea. "Il senso della missione di questo governo è quello di dimostrare che basta il buon senso per trasformare l'Europa in un alleato della crescita. Gli ostacoli da superare sono molti. Non sarà un percorso facile. Ma l'Italia - conclude Taddei - ha gli strumenti per andare a Bruxelles e dimostrare ai grandi d'Europa che il modo migliore per combattere i populismi a cinque stelle coincide con una parola chiave: flessibilità nella responsabilità. Chiaro no?

 

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