PERNA FA NERA LA KYENGE: “È DIVENTATA UN’INTOCCABILE. A CHI LA ATTACCA ARRIVANO SOLO GUAI”

Giancarlo Perna per "il Giornale"

Si resta esterrefatti di fronte al vespaio suscitato dalla mite e gentile, Cécile Kyenge, titolare dell'Integrazione. Primo ministro nero della storia italiana, Cécile ha trascorso trenta dei suoi 49 anni nel nostro Paese e dal 1994, dopo le nozze con un ingegnere italiano, è nostra connazionale.

Parla bene la lingua imparata per laurearsi da noi in Medicina e specializzarsi in Oftalmoiatria, seppure le resti l'inflessione del francese che è stato, con lo Swahili, la favella della giovinezza in Congo.

Da oscura militante del Pd emiliano, Enrico Letta l'ha pescata e voluta nel governo per la sua emblematicità: donna, di colore e italiana acquisita. Il premier si è così tolto lo sfizio di sentirsi più europeo e di fare in Italia quello che nei Paesi ex coloniali è routine abituati come sono a ministri di ogni razza e religione. Ma poiché la storia italiana è diversa e gli italiani pure, la nomina di Kyenge ha lasciato il segno.

Presa a bersaglio dalla Lega, Kyenge si è sentita dare dell'orango dal vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli. Lei si è limitata a compatire il villano e ha conquistato tutti, costringendo il dentista bergamasco a profondersi in scuse. Peggio è andata a Dolores Valandro, consigliere della Lega a Padova. Indignata per una notizia di cronaca -lo stupro di un'italiana da parte di un africano-, Valandro se l'è presa con l'incolpevole Cécile, scrivendo su Facebook: «Mai nessuno che se la stupri? Così capirebbe che si prova».

Venti giorni dopo, Dolores è stata condannata a tredici mesi e all'interdizione per tre anni dai pubblici uffici per istigazione alla violenza sessuale per motivi razziali. Uno sproposito, accolto in lacrime dalla consigliera, che ha reso evidente a chiunque che se tocchi Kyenge sei fritto.

Quasi ci rimetteva le penne pure un pezzo da novanta come il professor Giovanni Sartori, osannato politologo antiberlusconiano del Corriere della Sera. Indispettito dalla Kyenge che, da quando è ministro, ripete a ogni occasione di volere lo ius soli (cittadinanza ai figli degli immigrati che nascono da noi) e che l'Italia è un «paese meticcio», Sartori ha scritto un articolo di fuoco. «Kyenge non può fare il ministro perché non sa l'italiano».

Consulti il dizionario e vedrà che meticcio è chi nasce da genitore bianco e uno di altra razza. Le sembra che sia diffuso da noi? Ridicolo. «Cosa c'entra l'integrazione con le competenze di un'oculista? A chi deve la sua immeritata posizione la nostra brava Kyenge?». E giù così per tre colonne. Il giorno dopo, Sartori che si aspettava l'articolo in prima pagina, se lo ritrovò a pagina 28, relegato tra altri scritti. Una decapitazione ordinata dal direttore, de Bortoli, in ossequio alla correttezza politica senza neanche avvertire il gallonato collaboratore. Sartori si infuriò: «Potrei lasciare il Corriere». Nulla accadde, ma si ebbe conferma dell'intoccabilità di Kyenge anche per personalità di rilievo e con argomenti fondati.

Cécile, più che un ministro, rappresenta un nervo scoperto della società, nel passaggio tra l'Italia che ci ha consegnato il Risorgimento e quella multietnica di Laura Boldrini. Alla radice dello scontro, la scelta bizzarra di affidare la responsabilità dell'integrazione non già a un italiano vecchio stampo ma a una di fresco conio. Due modi diversi di fare i conti con l'immigrazione. Il primo tenderebbe, per cultura e istinto, a frenare gli ingressi e a trasformare lo straniero in italiano, assimilandolo. La Kyenge, per cultura e istinto, è per l'altra via: meticciare la società, affiancando italiani e immigrati, ciascuno con propri usi e valori.

Kashetu Kyenge, detta Cécile, è nata nell'ex Congo Belga (oggi Repubblica democratica del Congo) quattro anni dopo la decolonizzazione, nel 1964. Il padre, funzionario statale e capo villaggio, era cattolico ma anche poligamo. Ebbe quattro mogli e trentanove figli. Tra questi, Kashetu, che, finite le Superiori, ricevette dal vescovo della sua città la promessa di una borsa di studio per frequentare Medicina all'Università cattolica di Roma (l'Ospedale del Papa, Gemelli). Giunta nella Capitale, la borsa di studio si era volatilizzata e dovette aspettare un anno per ottenerla, vivendo nel frattempo da clandestina con l'aiuto di una rete di preti e laici.

Immaginiamo che idea abbia potuto farsi dei valori occidentali, la giovanissima Cécile: da un lato una Chiesa cattolica che, in nome del sincretismo, tollerava la poligamia del padre; dall'altro, l'Italia che poneva regole all'immigrazione, mentre i suoi cittadini le violavano. Come minimo le sarà parso che il mondo nel quale si stava installando era un colabrodo facile da rimodellare.

Dopo la laurea, si stabilì in Emilia specializzandosi in Oftalmologia all'Università di Modena. Ha lavorato all'Ospedale di Santa Maria Nuova di Reggio e in uno studio privato di Novellara, a un tiro di schioppo da Castelfranco Emilia dove abita da anni con la famiglia. Dal marito, Domenico Grispino, calabrese da sempre in Emilia, ha avuto Maisha e Giulia, di diciannove e diciassette anni. Si dice che se Domenico avesse velleità simili a quelle del padre africano, Cécile lo inseguirebbe con un emilianissimo mattarello.

Fatalmente, vista la zona, Kashetu è finita tra le braccia del Pds, poi del Pd. A livello nazionale, l'ha adocchiata Livia Turco, dalemiana. Grazie a lei, Cécile è diventata nel 2009 consigliere provinciale di Modena. La Turco è con Napolitano, l'autrice della prima legge di contenimento dell'immigrazione.

Ma è roba degli anni Novanta. Oggi si è convertita, come lo stesso Napolitano, allo ius soli per i bebè immigrati nati in Italia, ovvero cittadinanza immediata, indipendentemente che ci restino, ne ricevano la cultura e la condividano. Portavoce di questa posizione è oggi Kyenge che Turco, ritiratasi quest'anno dal Parlamento, ha imposto a Letta.
Nessuno nell'Ue adotta lo ius soli, come invece fanno gli Usa, Paese di emigrazione, nato e prosperato con gli emigranti. A giudicare però da ciò che è successo ai nativi americani - decimati e chiusi nelle riserve - lo ius soli non è l'ideale per gli indigeni, che è quel che noi siamo qui da noi. Riflettiamoci.

Finisco con un paio di brani tratti da un'intervista a Giulia, ultimogenita dei Grispino. Aiutano a capire una generazione mista: «Qualsiasi nero che vedo per strada è come se fosse mio fratello»; «Andare in Africa è stato come stare nella mia natura, non perché quella italiana non sia la mia natura, ma vivere quell'altra parte di me è sempre stimolante»; «Forse vivrò in Africa a sessant'anni quando vorrò trovare un po' di pace e relax dal consumismo e capitalismo europei». Un piede qua, un piede là, struggente destino di questi nuovi italiani.

 

 

kyenge Cecile Kyenge Kashetu CALDEROLI ORANGO STRETTA DI MANO TRA CALDEROLI E KYENGE ibe35 giovanni sartoriEnrico Letta

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni alberto stefani luca zaia matteo salvini sondaggio

DAGOREPORT – VENETO DI PASSIONI PER IL CENTRODESTRA: LA VITTORIA DI ALBERTO STEFANI È SCONTATA, MA A CONTARE DAVVERO SARANNO I NUMERI! SECONDO IL SONDAGGIO DI PAGNONCELLI, IL GIOVANE LEGHISTA CON CIUFFO GIAMBRUNESCO È AL 62,8%, CONTRO UN MISERO 26,9% DEL CANDIDATO DI SINISTRA, GIOVANNI MANILDO. UN OTTIMO RISULTATO, MA SOLO SE NON SI RICORDA COSA AVVENNE CINQUE ANNI FA: ZAIA VINSE CON IL 76,79% DEI VOTI, E BASTÒ LA SUA LISTA, INSIEME A QUELLA DELLA LEGA, PER OTTENERE IL 61,5%. OGGI CI VUOLE TUTTO IL CENTRODESTRA UNITO PER RAGGIUNGERE LA STESSA CIFRA – LO SPETTRO DEL SORPASSO DI FDI SUL CARROCCIO: SE LE TRUPPE MELONIANE OTTENESSERO PIÙ VOTI, CHE FINE FAREBBE LA GIÀ FRAGILE LEADERSHIP DI SALVINI?

giorgia meloni matteo salvini antonio tajani giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - COME MAI LADY GIORGIA INFLIGGE ALLA “NAZIONE”, IN VISTA DEL 2026, UNA FINANZIARIA COSÌ MICRAGNOSA, CORRENDO IL RISCHIO DI PERDERE CONSENSI? - UNA MISERIA DI 18 MILIARDI CHE, AL DI LÀ DELL’OPPOSIZIONE, STA FACENDO SPUNTARE LE CORNA DEL TORO AGLI ALLEATI SALVINI E TAJANI, MENTRE RUMOREGGIANO I VAFFA DI CONFINDUSTRIA E DEI MINISTRI COSTRETTI AD USARE L’ACCETTA AL BILANCIO DEI LORO DICASTERI (TAGLIO DI 89 MILIONI ALLA DISASTRATA SANITÀ!) – LA DUCETTA HA UN OTTIMO MOTIVO PER LA MANOVRA MIGNON: FINENDO SOTTO IL 3% DEL PIL, IL GOVERNO ALLA FIAMMA USCIRÀ CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER CONFEZIONARE NEL 2026 UNA FINANZIARIA RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON I TEMPI DELLE POLITICHE DEL 2027 - E GLI ITALIANI NELLA CABINA ELETTORALE POTRANNO COSÌ RICOMPENSARE LA BONTÀ DELLA REGINA GIORGIA…

shooting calendario pirelli 2026

A PRAGA SI SVAGA! – UNA PARATA DI STELLE STA PER INVADERE LA CITTÀ DI FRANZ KAFKA: PER LA PRESENTAZIONE DEL CALENDARIO PIRELLI 2026 VENERDÌ 14, ALLA MUNICIPAL HOUSE, SONO ATTESI 500 ILLUSTRI OSPITI ACCOLTI DA MARCO TRONCHETTI PROVERA CHE AVRÀ AL SUO FIANCO TANTO BEL MONDO: DA TILDA SWINTON A GWENDOLINE CHRISTIE, GUERRIERA NEL ‘’TRONO DI SPADE’’, DALLE MODELLE IRINA SHAYK ED EVA HERZIGOVA, DALLA STILISTA SUSIE CAVE ALLA TENNISTA VENUS WILLIAMS, DA LUISA RANIERI A FAVINO – NON MANCHERÀ CHIARA FERRAGNI ALLACCIATA ALL’EREDE GIOVANNI TRONCHETTI PROVERA…

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...

zaia stefani salvini meloni fico schlein de luca

DAGOREPORT – L'ESITO DELLE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA E PUGLIA E' GIA’ SCRITTO MA SARA' IMPORTANTISSIMO PER “PESARE” OGNI PARTITO IN VISTA DELLE STRATEGIE PER LE POLITICHE DEL 2027 – I VOTI DELLE VARIE LISTE POTREBBERO CAMBIARE GLI EQUILIBRI INTERNI ALLE COALIZIONI: SE IN CAMPANIA E PUGLIA LE LISTE DI DECARO E DI DE LUCA FARANNO IL BOTTO, PER L'EX ROTTAMATRICE DI ''CACICCHI'' ELLY SCHLEIN SAREBBE UNO SMACCO CHE GALVANIZZEREBBE LA FRONDA RIFORMISTA DEL PD - ANCHE PER CONTE, UN FLOP DEL SUO CANDIDATO ALLA REGIONE CAMPANIA, ROBERTO FICO, SCATENEREBBE LA GUERRIGLIA DEI GRILLINI CHE DETESTANO L'ALLEANZA COL PD - LADY GIORGIA TIENE D’OCCHIO LA LEGA: SE PRECIPITA NEI CONSENSI IN VENETO, DOVE E' STATA FATTA FUORI LA LISTA ZAIA, PROVEREBBE A SOSTITUIRE IL MALCONCIO CARROCCIO CON AZIONE DI CARLETTO CALENDA...