gianni letta

PICCOLI LETTA CRESCONO - STESSI MODI, STESSA DISCREZIONE, STESSO INCIUCISMO - ALL'OMBRA DELL'EMINENZA AZZURRINA, IL CAV SCODELLA GIACOMONI E VALENTINI, TORNATI ALLA CORTE DI ARCORE DOPO LA PARENTESI DELLE BADANTI

Fausto Carioti per “Libero Quotidiano

 

Traumatizzati da ciò che è successo al padre, infuriati con chi lo ha circondato negli ultimi due anni e intenzionati a cambiare tutto, i figli di Silvio Berlusconi adesso vogliono due cose. La prima non l' avranno: il Cavaliere non ha alcuna intenzione di abbandonare Forza Italia al proprio destino e pensionarsi dentro qualche villa di famiglia coltivando ibiscus e nipotini.

gianni letta silvio berlusconigianni letta silvio berlusconi


«C' è una storia da difendere, e lui lo sa benissimo. Se i medici non metteranno veti, e pare proprio che non lo faranno, dopo l' estate tornerà», assicura chi gli parla tutti i giorni. Marina, Piersilvio e gli altri dovranno farsene una ragione.

QUERCIQUERCI


Discorso diverso per il secondo desiderio: rimpiazzare le amazzoni che in questi anni hanno monopolizzato il loro genitore con la squadra di pretoriani che lo circondava quando le cose funzionavano. Ecco, qui col lavoro siamo avanti. Manca ancora la parola definitiva del diretto interessato, ma almeno in questo caso famiglia e partito vogliono la stessa cosa: un Cavaliere assistito da gente sveglia e fidata che lavori per lui con discrezione e che quando serve provveda a stendere un cordone sanitario che lo tenga alla larga da strapazzi e brutte compagnie.

DEL DEBBIO BERLUSCONiDEL DEBBIO BERLUSCONi

 

 

Un Cavaliere che magari faccia base più ad Arcore che a Roma, occupandosi delle grandi strategie, ma delegando ad altri la gestione quotidiana del partito e i comizi per i candidati di Aversa e di Ostia.
Il contrario di quello che si è visto in questi anni.


Ovvio, non tutti quelli della squadra dei bei tempi sono recuperabili.
Paolo Bonaiuti è dato per perso. Paolo Del Debbio sta facendo una carriera televisiva importante e ha già detto no a un ritorno in politica, sinonimo di tanto stress e poche soddisfazioni economiche. Ma se sarà indispensabile, un modo per coinvolgerlo con un incarico a tempo si troverà.

maria rosaria rossi (2)maria rosaria rossi (2)


Discorso simile per Niccolò Querci, dal '93 al '99 assistente e capo segreteria di Silvio Berlusconi: adesso è remuneratissimo vicepresidente di Publitalia e direttore della centrale approvvigionamenti di Mediaset, impensabile che molli l' azienda. Il giorno in cui dovesse servire, però, lui è un altro dei pochi su cui contare.


Quelli che restano, comunque, bastano e avanzano. A cominciare da Gianni Letta, il quale peraltro non se ne è mai andato. Quando ha visto il ruolo che stavano assumendo la tesoriera factotum Mariarosaria Rossi e la portavoce Alessia Ardesi, ha detto a Berlusconi ciò che ne pensava e ha fatto un passo laterale. Senza mai pronunciare in pubblico una mezza frase da cui trapelasse la sua contrarietà. Nulla di nuovo per l' ottantunenne «dono di Dio all' Italia» (copyright di Silvio Berlusconi), che dagli inizi della carriera si è distinto proprio per la capacità di affiancare i potenti senza mai prendersi la scena.

 

Sestino GiacomoniSestino Giacomoni

Arrivato a Roma nel 1958 come collaboratore del Tempo, fece di corsa tutti i gradini della redazione, diventando anche portavoce del fondatore e direttore Renato Angiolillo. Fiducia che Letta ripagava con intelligenza e spaventosa dedizione al lavoro. Nel 1973, quando Angiolillo morì, fu naturale scegliere lui come successore.

 

«Sono provvisorio», scrisse nel suo primo articolo da direttore. Infatti mantenne la direzione del quotidiano per appena 14 anni, fin quando i nuovi assetti della Democrazia cristiana, il suo partito di riferimento, lo costrinsero a lasciare.

 

Di questo lungo periodo non si ricordano suoi editoriali (non era Indro Montanelli, diciamo), ma la capacità di capire le vicende della politica e i suoi protagonisti, unite a una memoria da elefante e a una educazione rara tra i democristiani, se non altro perché priva di ruffianeria. «Gianni è un doroteo solo in apparenza, non ha il cedimento doroteo all' inciucio», racconta un ex fanfaniano come lui.


La disoccupazione dura poco: quello stesso 1987 Letta arriva in Fininvest, l' anno dopo il Biscione entra nel capitale della Mondadori e inizia la guerra di Segrate. Berlusconi è l' ultimo arrivato e gli serve chi faccia da grande mediatore tra lui e il sistema della politica: Letta, diventato vicepresidente della Fininvest, è l' uomo perfetto al posto giusto.


È l' inizio di un' avventura. Caratteri diversissimi (a Letta non è mai stata attribuita alcuna marachella sessuale, per dirne una), non sempre i due la pensano allo stesso modo.

MICHELA VITTORIA BRAMBILLA AL NEGOZIO DI SCARPE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA AL NEGOZIO DI SCARPE


Quando Gianni non è d' accordo con Silvio, organizza il dissenso per vie interne, cercando supporto tra gli altri della cerchia ristretta del Cavaliere (il tandem con Fedele Confalonieri è un classico). Gli andò male nel 1993, quando provò a convincere Berlusconi a non entrare in politica: finì col seguirlo a palazzo Chigi.

 

Seppe essere convincente invece nel 2007, quando il leader di Forza Italia si era messo in testa di lasciare il timone del partito a Michela Brambilla. Fu Letta che spinse Berlusconi a dare una chance a Mario Monti, a condizione che il luminare accettasse il Cavaliere come socio forte della coalizione: a risolvere la situazione provvide Monti stesso, rifiutando l' offerta.
 

Nasce dall' insistenza di Letta anche la scelta recente di puntare su Alfio Marchini anziché su Giorgia Meloni. Più che alla conquista del Campidoglio, Letta - che non ha mai avuto la tessera di Forza Italia - ha pensato al partito di Berlusconi: «Non puoi darla vinta a quelli, se lo fai il ruolo di Forza Italia è finito».

MARCHINI BACIA LA MANO ALLA MELONIMARCHINI BACIA LA MANO ALLA MELONI


Quando Letta la spunta non ne va tronfio. Quando Berlusconi ignora i suoi consigli, il gentiluomo di Sua Santità non si scompone, né si vendica distribuendo pizzini ai giornalisti. Si limita ad aggiungere una preghiera alla tante che recita assieme alla moglie Maddalena nella chiesa di Santa Chiara, in piazza dei Giuochi Delfici.

 

Questione di stile: in tutti questi decenni, chi gli ha chiesto un' intervista dopo qualche giorno si è visto recapitare un cartoncino chiuso in una busta. Il messaggio, più o meno, sempre lo stesso: «Gentile XY, sono desolato di dover rifiutare la Sua richiesta di intervista. Sono un Suo assiduo lettore e mi piace molto quello che Lei scrive, ma, come avrà potuto notare, io non concedo interviste e non intendo per il momento derogare a questa regola di silenzio. Con sincera stima, Gianni Letta». Chiaro che ti rode, ma il garbo è tale che non riesci a incavolarti.
 

Unica eccezione, l' intervista-monologo del 2007 sul libro del consigliere parlamentare Luigi Tivelli, che dovette farsi raccomandare dal comune amico Andrea Monorchio per ottenere i sospiratissimi virgolettati.
 

Fresco della nomina a Gentiluomo di Sua Santità, Letta colse l' occasione per invocare «una vasta coalizione» e lamentarsi perché in Parlamento «oggi si entra e si esce dall' aula senza cravatta e magari in jeans e maglietta, con i sandali». Per Letta, come si sarà capito, l' inferno è un posto popolato da gente in bermuda e infradito che gesticola parlando a voce alta.
 

MARINELLA BRAMBILLAMARINELLA BRAMBILLA

Assodato che come lui c' è solo lui, il resto della squadra che Marina vuole accanto al padre è fatto di una pasta simile. Marinella Brambilla, figlia della storica governante della famiglia Berlusconi, nelle rimembranze di Arcore è «colei che gestiva l' agenda negli anni in cui certe cose non succedevano». Il problema di tutti i ricchi che non conducono una vita monastica, infatti, è quella fetta di umanità, non sempre raccomandabile, che briga per entrare nelle loro case, per rimediare un incontro, un invito a cena, uno strapuntino a una festa.

L' occasione che può cambiare una vita. Berlusconi e i suoi avvocati ne sanno qualcosa, ma il gran casino è iniziato nel momento in cui a Marinella è stato impedito di fare da filtro.
 

Che la Rossi non scherzasse lo si è capito agli inizi del 2014, quando la segretaria, tornata al lavoro dopo la nascita del figlio, anziché l' agenda del "dottore" ha trovato ad attenderla una lettera di licenziamento, dopo trent' anni di onoratissimo servizio.
 

SILVIO BERLUSCONI CON LA FIGLIA MARINA SILVIO BERLUSCONI CON LA FIGLIA MARINA

Poche settimane dopo, Antonio Martino disse a Libero quello che gli altri dirigenti azzurri si limitavano a pensare: «Non riesco più a parlare con Silvio Berlusconi, quando gli telefono non me lo passano». E se non ci riusciva lui che era la tessera numero 2 di Forza Italia, figurarsi gli altri.
 

Non è sicuro che Marinella torni, anche se per i figli del Cavaliere sarebbe la migliore delle garanzie. Di certo non ha nessuna voglia di sottoporsi agli strapazzi di una volta, quando seguiva il capo ovunque e sapeva ogni minuto con chi lui stesse parlando. Ma per un Berlusconi che passa più tempo ad Arcore e dai ritmi meno frenetici di un tempo, il ricongiungimento con la sua fidatissima ombra sarebbe la cosa più naturale.
 

Condividono la stessa filosofia i due "giovani" della squadra che Marina vuole mettere a pieno servizio accanto al padre. Sestino Giacomoni, classe 1967, è un forzista della primissima ora, componente del centro studi del partito negli anni d' oro, quando a guidarlo era Del Debbio.
 

Antonio Martino Antonio Martino

Affianca Antonio Marzano nel secondo governo Berlusconi, nel periodo in cui l' economista azzurro è ministro delle Attività produttive, e nel 2005, su consiglio di Letta, il Cavaliere lo chiama accanto a sé, in un ruolo simile a quello che era stato di Querci. Da allora, nelle foto in cui appare Berlusconi, defilato e impeccabilmente vestito c' è sempre Sestino.
 

L' incarico ufficiale nel partito è quello di segretario della conferenza dei coordinatori regionali, ma fa molto di più. Berlusconi ha voluto che fosse lui a presiedere l' ufficio di presidenza del partito che si è svolto il 14 giugno, mentre al San Raffaele era in corso l' operazione a cuore aperto.

Riunione epocale, per il microcosmo forzista: è stato lì che il capogruppo Paolo Romani ha accusato la tesoriera Rossi di essere inadeguata al ruolo. Il segnale che un' era si era chiusa: tempo pochi giorni e al posto della onnipresente Rossi è arrivato Alfredo Messina, manager tutta sostanza e niente apparenza, che avrà il compito di trovare la quadra dei conti senza far parlare di sé.
 

berlusconi putin valentino valentiniberlusconi putin valentino valentini

Se Giacomoni è il ministro degli Interni di palazzo Grazioli, quello degli Esteri è il cinquantaquattrenne bolognese Valentino Valentini, ufficialmente responsabile per i rapporti internazionali del partito. Poliglotta, gavetta in Publitalia e nel Parlamento europeo, presentato al Cavaliere da Antonio Tajani, Valentino riesce ad essere meno loquace di Gianni Letta, ed è un peccato, perché chi ha visto la sua imitazione di Romano Prodi ancora se la ride.

 

Nei messaggi inviati dall' ambasciata statunitense a Washington e divulgati da Wikileaks era definito come «l' uomo chiave di Berlusconi in Russia». Fidato al punto che, quando il capo non può andare dall' amico Vladimir a Mosca, al suo posto invia Valentini.
 

Anche lui pratica dalla nascita la regola aurea: vietato esibirsi, vietato flirtare con i giornalisti, vietato prendersi meriti in proprio, vietato selezionare l' accesso al capo in base alle proprie simpatie. Vietato tutto quello che hanno fatto le amiche di Francesca Pascale in questi anni, insomma.

 

Se Silvio Berlusconi darà il segnale di discontinuità che la famiglia e il partito si attendono, lo stile della casa ricomincerà ad essere questo.

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