DI PIETRO PIETRIFICATO – TONINO NON MOLLA MA DALL’IDV SE NE VANNO APPENA IN DUE (DONADI E FORMISANO). MA SUFFICIENTI PER FAR MORIRE IL GRUPPO PARLAMENTARE (PER FORMARNE UNO NE SERVONO 20) - E FINI HA FATTO CAPIRE CHE NON È ARIA DI DEROGHE - PER QUESTO, IERI È PARTITA LA CACCIA DEL DEPUTATO (ALTRA GIRAVOLTA DELLA NEMESI DELLA STORIA: GLI SCILIPOTI E RAZZI E DE GREGORIO DA IDV AL PDL)…

Annalisa Cuzzocrea per Repubblica

Alla fine di tutto Massimo Donadi è nel suo ufficio a preparare gli scatoloni. «Questo gruppo l'ho costruito pezzo per pezzo. L'Idv è la mia storia, sono dodici anni di battaglie, successi, sconfitte che rivendico. La cosa triste è la sensazione di essere rimasto fermo al mio posto, mentre gli altri hanno cambiato strada ». È successo tutto in 24 ore: la sua linea isolata all'assemblea di mercoledì notte.

La scelta di passare al gruppo misto, insieme al deputato Aniello Formisano, e di andare sul territorio a cercare quel consenso che «era impossibile trovare nei gruppi parlamentari a cinque mesi dalle elezioni ». Rispetta i suoi colleghi, Massimo Donadi. Chiarisce di non aver cercato di convincere nessuno. E di avere invece ricevuto centinaia di telefonate da iscritti che chiedono di convocare riunioni in ogni angolo d'Italia.

Pensa a una lista di «riformisti radicali » che possa allearsi con il Pd e Sel, per ricucire quel che è possibile della sbiadita foto di Vasto. Punta a federare i movimenti e le associazioni che gravitano, con gli stessi obiettivi, intorno al centrosinistra. La presenterà a fine mese, ci saranno nomi importanti. Nei prossimi giorni, andrà anche al Colle a parlarne con Napolitano.

Dell'Idv, pensa che abbia voluto confinarsi in un «radicalismo minoritario, ideologico ». Che voglia essere «il partito della Fiom», il che non può bastare. «Siamo partiti con la baldanza di chi voleva sovvertire il mondo, ci ritroviamo su un binario morto sparati a 200 all'ora contro un muro di cemento». Quanto a Di Pietro: «Le sue conclusioni alla riunione sono state: tutto va bene madama la marchesa. Credo nella sua onestà, ma dopo
Report ho sentito che tra noi si spezzava un rapporto di verità. Alcune cose non tornavano, non doveva limitarsi a ribattere con delle sentenze».

Chiede risposte politiche anche Fabio Evangelisti. Ha dato le dimissioni da vicecapogruppo, da deputato e da responsabile del partito in Toscana. Non torna indietro, ma non va con Donadi. Nervosi e trionfanti, arrivano invece in sala stampa il presidente dei senatori Idv Felice Belisario e il nuovo capo dei deputati Antonio Borghesi. Comunicano che il gruppo parlamentare non rischia di morire anche se ora ha 18 deputati, 17 se l'Aula accetterà le dimissioni di Evangelisti. Per formarne uno ne servono 20. Il presidente Fini ha fatto capire che non è aria di deroghe. Per questo, ieri è partita la caccia del deputato.

È già tornato all'ovile Giuseppe Vatinno, subentrato a Leoluca Orlando, ma in forza al gruppo misto. «Altri verranno», promette Borghesi. Come, dopo che avete parlato tanto male delle compravendite in Parlamento? - chiedono i cronisti. «Non è la stessa cosa, sarebbero ritorni di gente eletta con noi». Si parla di Carmelo Lo Monte, ora all'Mpa di Lombardo, benché a domanda Borghesi neghi. Di Antonio Razzi, che a chi glielo chiede risponde: «Vadano a cagare».

Perfino di Domenico Scilipoti, che apre perché non vorrebbe «che il partito scomparisse dalla Camera», ma sul quale Belisario è netto: «Non è il momento delle barzellette». Poco elegantemente, il presidente dei senatori dice anche: «È un giorno di festa, libero dalle scorie l'organismo vive meglio». Più o meno il concetto espresso da Ivan Rota e Ignazio Messina. Un clima astioso che ha portato alla cacciata di Aniello Formisano da un'assemblea locale a Napoli al grido di «Vergogna, vergogna».

Antonio Di Pietro continua a parlare di calunnie contro di lui e delle responsabilità del Pd: «Per loro siamo come il brutto anatroccolo ». Non chiarisce nulla, tranne che il congresso sarà dopo le elezioni. Luigi de Magistris gli chiede di «mettere a disposizione la sua storia per un progetto politico più grande». E rivela: «Nel colloquio franco che abbiamo avuto gli ho detto che deve capire che alle sue spalle c'è un'onda, che può diventare uno tsunami, di chi non vuole stare nel recinto di un partito ». Parla di «scatoletta Idv» il sindaco di Napoli. Le prove di dissoluzione sono solo all'inizio.

 

 

Donadi e Di PietroNELLO FORMISANOFABIO EVANGELISTI DELL'IDVANTONIO BORGHESIfelice belisario DOMENICO SCILIPOTI LUIGI DE MAGISTRIS

Ultimi Dagoreport

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…