PRODI E BERLUSCONI HANNO IN COMUNE QUALCOSA: UN BUCO DA 4 MILIARDI LASCIATO DAI LORO MINISTRI

Roberto Sommella per "MF"

Oltre 4 miliardi di euro di spese accertate mai contabilizzate in modo chiaro: è la prima stima ufficiale dei debiti fuori bilancio dello Stato fornita da un documento che arriva direttamente dalla Ragioneria Generale. La novità è quindi che non solo le Regioni hanno abusato di questa consuetudine di pagare i fornitori senza avere nero su bianco i fondi né l'impegno di competenza per farlo, ma anche lo Stato centrale sarebbe cascato in questa trappola come denunciato a suo tempo già dal ministro dei rapporti col Parlamento, Piero Giarda.

Il caso, come noto, è scoppiato dopo l'interrogazione di alcuni deputati del Pd a proposito di un fondo da 500 milioni messo dal governo nelle pieghe del decreto per il rimborso dei debiti della pa e utilizzato per ripianare delle spese del ministero dell'Interno. Ora, grazie a una tabella e a un documento visionato da MF-Milano Finanza, si scopre un piccolo vaso di Pandora.

Con tanto di spiegazioni precise da parte degli uomini di Mario Canzio. Che scrivono sul tema debiti fuori bilancio: «Poiché si tratta di transazioni di cui non vi è traccia in bilancio, l'entità e la composizione dei debiti pregressi sono difficili da rilevare». Poi però qualche stima, ministero per ministero, la fanno e le cifre sono consistenti (vedere tabella in pagina).

La prima ricognizione effettuata nel 2009 «ha portato alla luce debiti pregressi per l'acquisto di beni e di servizi, formatisi prevalentemente negli anni 2007 e 2008, per oltre 2 miliardi», si legge nel documento di quasi 300 pagine. «L'entità dei debiti relativi alle spese di funzionamento delle amministrazioni centrali, pur mostrando una leggera tendenza alla diminuzione, non è cambiata in maniera significativa malgrado le misure adottate». Così, a fine 2010 sono stati accertati ulteriori 1,5 miliardi e a fine 2011 i debiti fuori bilancio accertati erano poco meno di un miliardo: per un totale triennale di quasi 4 miliardi e mezzo.

La massa di «obbligazioni per le quali non si sono concluse le procedure contabili previste dall'ordinamento e quindi non hanno trovato corrispondente evidenziazione in bilancio (il fuori bilancio, ndr)», è rimasta altamente concentrata in quattro amministrazioni lungo tutto il triennio: i ministeri della Giustizia, dell'Interno, della Difesa e dell'Economia e della Finanze pesano per oltre il 90% dell'intero ammontare.

Per la verità, dal 2010 al 2011, con l'eccezione di Via XX Settembre, le amministrazioni sopra citate hanno tutte ridotto in maniera più o meno consistente lo stock di debiti, «continuando tuttavia a rappresentare un valore aggregato pari a 927 milioni» e pagando quindi il resto dei 4,5 miliardi di euro.

Anche se l'entità del fenomeno appare in diminuzione, spiegano ancora i tecnici della Ragioneria, «la disponibilità di uno specifico fondo per il ripiano dei debiti e l'attività di accertamento annuale non sembrano aver inciso strutturalmente sulla sua portata e non hanno condotto a una estinzione dei debiti pregressi relativi al periodo considerato».

Le successive rilevazioni mettono in luce, infatti, ogni anno, l'emersione di debiti non estinti relativi a esercizi anche lontani rispetto a quello in esame. Le prime partite ripianate con il fondo costituito nel 2006, che è poi quello che viene rifinanziato ora dal ministro Vittorio Grilli e che tante polemiche ha suscitato, non hanno completamente esaurito lo stock degli anni precedenti.

E che il caso sia ormai scoppiato lo conferma anche il Servizio bilancio della Camera, che ha criticato l'impianto del decreto che avvia i primi 40 miliardi di rimborsi alle aziende. «Per alcune voci di spesa che hanno visto il formarsi di debiti e un ritardo nei pagamenti, le misure indicate dal provvedimento non sembrano consentire il superamento delle cause alla base di tale fenomeno», scrivono i tecnici di Montecitorio dove è appena sbarcato il provvedimento, puntando il dito proprio sui «debiti fuori bilancio delle amministrazioni centrali».

Tale fenomeno, affermano nel dossier, si manifesta «dopo numerose manovre aventi per oggetto tagli lineari degli stanziamenti di bilancio»: ricorrere a una eventuale riduzione delle spese rimodulabili per ripianare i debiti, nel caso che le somme a ciò destinate dal decreto si rivelassero non sufficienti, «potrebbe creare i presupposti per la contrazione, anche in futuro, di obbligazioni alle quali non corrispondano adeguati impegni». Insomma una toppa forse peggiore del buco.

 

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