giuseppe conte luigi di maio

“PROPORZIONALE O SALTA TUTTO” - DI MAIO SFIDA CONTE: DOPO LA BATTAGLIA SULLA MANOVRA DI BILANCIO, IL VERO BANCO DI PROVA SARA' LA LEGGE ELETTORALE – SALVINI E ZINGARETTI PRONTI ALLE BARRICATE SUL MAGGIORITARIO - I PENTASTELLATI NON CI STANNO E GIOCANO DI SPONDA CON RENZI E CON QUELLA PARTE DI FORZA ITALIA CHE NON VUOLE MORIRE SOVRANISTA…

Marco Conti per www.ilmessaggero.it

 

DI MAIO ZINGARETTI E LE REGIONALI IN UMBRIA

«Lascio ai leader delle varie forze fare le valutazioni». Giuseppe Conte ufficializza il passo indietro dopo aver sentito al telefono sia Luigi Di Maio che Nicola Zingaretti. L'analisi che i due gli fanno della sconfitta in Umbria diverge, ma ciò che soprattutto preoccupa il premier sono le differenze sul futuro che rischiano di compromettere la già complicata compattezza della maggioranza. A Narni Conte è andato pressato dai due, anche se sostiene di non essersi pentito della foto perché dopotutto all'alleanza sui territori di Pd e M5S continua a crederci, anche se ritiene occorra del tempo.

 

 

 

LA FIDUCIA

il centrosinistra unito a narni - roberto speranza nicola zingaretti vincenzo bianconi luigi di maio giuseppe conte

Lasciare a Zingaretti e Di Maio il compito di elaborare la sconfitta, soprattutto politica del primo ed elettorale del secondo, significa per Conte rientrare dietro la barricata di palazzo Chigi in attesa che la tempesta si plachi. Di Maio promette battaglia sulla manovra di Bilancio, anche se i margini per modificarla sono molto ridotti, così come i tempi. L'iter della manovra è appena iniziato al Senato, mentre alla Camera è approdato in Commissione il decreto fiscale. Obiettivo del governo è quella di votare i due provvedimenti - previo marginali modifiche da concordare tra i partiti e il Mef - e poi blindarli con la fiducia già al secondo passaggio.

 

zingaretti di maio

Ma i problemi per l'esecutivo potrebbero aumentare in vista del voto regionale in Emilia Romagna del 26 gennaio. Correre da soli, come evoca Di Maio, significa aumentare la competizione e la conflittualità interna. Ridurre la consultazione a fatto locale, diventa però più difficile dopo aver accettato la sfida salviniana in Umbria. E così a palazzo Chigi si incrociano le dita nella convinzione che il governo sia destinato a durare almeno sino all'elezione del nuovo Capo dello Stato, anche se Di Maio e Zingaretti iniziano ad essere terrorizzati dal conto che potrebbero poi pagare. Mettere in discussione il governo, minacciare il ricorso alle urne è per Conte un po' come segare il ramo dove sono seduti anche Zingaretti e Di Maio.

 

Senza contare che sotto l'alberello c'è Salvini con la ruspa.

Renzi Salvini

Aver celebrato la morte dell'alleanza mentre il risultato elettorale era ancora caldo ha mandato su tutte le furie il Pd. Prima Zingaretti e poi Zanda hanno puntato il bazooka contro Di Maio perché la fine dell'esperimento riporta il M5S fuori da una possibile alleanza e pronta a schierarsi per una legge elettorale proporzionale. Per Di Maio il proporzionale è l'unica strada per ridare spazio al Movimento fuori dal condizionamento dei due poli. Il leader grillino è convinto che sull'argomento la maggioranza si muoverà in maniera compatta rispettando gli accordi pre-governo in modo da evitare le lusinghe maggioritarie del centrodestra a trazione Salvini e di mettere a rischio la tenuta dell'esecutivo.

 

matteo salvini a eurochocolate a perugia 3

Anche se dalla sua il M5S ha Matteo Renzi e una parte di Forza Italia che non vuole morire sovranista, il passaggio per il governo Conte non sarà indolore perché si scontra con un Pd dove ancora resiste la vocazione maggioritaria e che ha come principale obiettivo stroncare Italia Viva. Nella proposta di stilare un «contratto» evocata ieri da Di Maio - e che Pd e Conte hanno rifiutato - è proprio la legge elettorale il convitato di pietra, molto più delle microtasse e del cuneo fiscale.

 

LE ACQUE

renzi zingaretti

I venti punti di distanza inflitti in Umbria dalla Tesei al candidato del centrosinistra, rischiano di mandare in archivio anche le aspirazioni di leadership di Conte su una possibile coalizione giallorossa. Ma il presidente del Consiglio non sembra farsene un cruccio contando sui tempi lunghi e sulla sponda del Quirinale. A gennaio una sconfitta in Emilia Romagna della candidata di Salvini riporterebbe il sereno nella maggioranza. Una sconfitta del Pd renderebbe invece molto agitate le acque nella maggioranza anche se per Conte la via d'uscita, attraverso un cambio alla guida del governo, potrebbe risultare complicata proprio per la pressione che Salvini potrebbe esercitare sul Capo dello Stato affinchè si ritorni al voto dopo due governi saltati per aria.

 

Aprire la crisi adesso - in piena sessione di Bilancio e con Bruxelles e mercati che osservano con una certa apprensione le contorsioni italiche - è pura fantasia o incoscienza. Conte ne è consapevole e richiama la maggioranza ad unità convinto che la Lega si batte non con le polemiche ma con l'azione di governo.

ROBERTO SPERANZA NICOLA ZINGARETTI VINCENZO BIANCONI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE A NARNIroberto speranza nicola zingaretti vincenzo bianconi luigi di maio giuseppe conte

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni times musk sunak edi rama

COME AL SOLITO, I GIORNALISTI ITALIANI SI FERMANO AI TITOLI: L’ARTICOLONE DEL “TIMES” SUI LEADER INTERNAZIONALI “TUTTI PAZZI PER LA MELONI” NON È PROPRIO UNA CAREZZA SUL FACCINO DELLA SORA GIORGIA, COME CI VOGLIONO FAR CREDERE “CORRIERE”, “LIBERO” E GLI ALTRI MEGAFONI DELLA FIAMMA MAGICA. ANZI, È PIENO DI FRECCIATONE ALLA THATCHER DE’ NOANTRI, TIPO “L’UMILTÀ BEN PREPARATA” DI FRONTE AL PREMIER ALBANESE EDI RAMA. O LA CHIOSA SULL’INCONTRO CON JD VANCE: “IL FLIRT DELLA 48ENNE ERA SOLO NATURALMENTE SIMPATICO O SI È RESA CONTO CHE RIDENDO DELLE BATTUTE DEGLI UOMINI DI POTERE OTTERRÀ L'ACCORDO COMMERCIALE CHE DESIDERA?” – RICORDA I “THREESOME” E IL PACCO DI GIAMBRUNO, SMONTA LE ORIGINI PROLETARIE DELLA DUCETTA E CHIUDE CITANDO BERLUSCONI: “È UNA PERSONA CON CUI NON SI PUÒ ANDARE D'ACCORDO”. VI SEMBRANO COMPLIMENTI?

giampaolo rossi giorgia meloni silvia calandrelli felice ventura matteo salvini gianfranco zinzilli giancarlo giorgetti

C'È UN NUOVO CAPITOLO NELL'ETERNO SCAZZO MELONI-SALVINI E RIGUARDA LA RAI - NEL CDA DI DOMANI FELICE VENTURA, DIRETTORE DELLE RISORSE UMANE, SARÀ NOMINATO PRESIDENTE DI RAI PUBBLICITÀ - SULLA POLTRONA DELLA CASSAFORTE DEL SERVIZIO PUBBLICO SI È CONSUMATO L'ENNESIMO SCAZZO: L'AD, GIAMPAOLO ROSSI, VOLEVA ISSARE SILVIA CALANDRELLI (NONOSTANTE LA VICINANZA AL PD), OSTEGGIATA PERÒ DALLA LEGA CHE VOLEVA GIANFRANCO ZANZILLI - IL MINISTRO GIORGETTI HA CONVOCATO ROSSI AL MEF (AZIONISTA DELLA RAI) PER IMPORRE IL NOME, MA QUELLO, DI FRONTE AL DIKTAT, HA OPPOSTO UN "ME NE FREGO". E ALLA FINE È STATO TIRATO FUORI DAL CILINDRO IL NOME DI VENTURA...

giorgia meloni elly schlein

DAGOREPORT - LE MANOVRE DA "DOTTOR STRANAMORE" DI ELLY SCHLEIN: SFANGARLA AI REFERENDUM, VINCERE IN AUTUNNO IN TUTTE E 6 LE REGIONI CHE ANDRANNO AL VOTO, QUINDI ANDARE AL CONGRESSO ANTICIPATO DEL PD A GENNAIO 2026 PER POI FARSI INCORONARE LEADER DEL CENTROSINISTRA ALLE POLITICHE DEL 2027 (CONTE PERMETTENDO) – A FAVORE DI ELLY GIOCA IL FATTO CHE LA MINORANZA DEM E' FRANTUMATA CON BONACCINI E LO RUSSO TRATTATI DA TRADITORI DELLA CAUSA DEI RIFORMISTI E PICIERNO E GORI GIUDICATI TROPPO EX RENZIANI – NEL CENTRODESTRA GIRA GIÀ LA BATTUTA: “LUNGA VITA AD ELLY SCHLEIN”, CHE RESTA PER "LA STATISTA DELLA GARBATELLA" LA SUA MIGLIORE POLIZZA PER FARSI ALTRI 5 ANNI A PALAZZO CHIGI...

friedrich merz donald trump starmer macron meloni von der leyen jd vance

DAGOREPORT - L’INCONTRO DI GIORGIA MELONI CON VANCE E VON DER LEYEN È STATO SOLO ''ACCIDENTALE'': È STATO POSSIBILE IN VIRTU' DELL’INSEDIAMENTO DI PAPA LEONE XIV (NON È STATA LA DUCETTA A CONVOCARE I LEADER, BENSI' SANTA ROMANA CHIESA) – LA "COMPASSIONE" DI TRUMP, CHE HA COINVOLTO LAST MINUTE "COSETTA" MELONI NELLA CHIAMATA CON MACRON, STARMER E MERZ – LE FAKE NEWS DI PALAZZO CHIGI PROPALATE DALLA STAMPA E MEDIA DI DESTRA COL SUPPORTO DEL “CORRIERE DELLA SERA”:  ALL’ORIZZONTE NON C’È MAI STATO ALCUN INVIO DI TRUPPE EUROPEE AL FIANCO DI KIEV CONTRO MOSCA. SOLO DOPO LA FIRMA DI UNA TREGUA, GRAN BRETAGNA E FRANCIA SONO A FAVORE DI UN INVIO DI TRUPPE, MA UNICAMENTE AL FINE DELLA SALVAGUARDIA DEI CONFINI UCRAINI, E COL FONDAMENTALE SUPPORTO INTELLIGENCE DELLA CIA - ALTRA MINCHIATA DELLA PROPAGANDA ALLA FIAMMA: NON E' MAI ESISTITA LA VOLONTÀ DI ESCLUDERE L’ITALIA DAL GRUPPO DEI ''VOLENTEROSI''. È LA "GIORGIA DEI DUE MONDI" STESSA A ESSERSI CHIAMATA FUORI, IN PREDA ALL'AMBIZIONE SBAGLIATA DI DIVENTARE LA "PONTIERA'' TRA STATI UNITI ED EUROPA, E PER EVITARE GUAI IN CASA CON IL SUO NEMICO PIU' INTIMO, MATTEO SALVINI...

giuliano amato

AMOR CH’A NULLO AMATO – IL RITRATTONE BY PIROSO DEL DOTTOR SOTTILE: “UN TIPO COERENTE E TUTTO D’UN PEZZO, UN HOMBRE VERTICAL? O UN SUPER-VISSUTO ALLA VASCO ROSSI, ABILE A PASSARE INDENNE TRA LE TURBOLENZE DELLA PRIMA REPUBBLICA, UOMO-OMBRA DI CRAXI, MA ANCHE DELLA SECONDA?” – ALCUNI PASSAGGI STORICI DA PRECISARE: AMATO NON SI CANDIDÒ NEL 2001 A CAUSA DI ALCUNI SONDAGGI-PATACCA SVENTOLATIGLI DA VELTRONI, CHE DAVANO RUTELLI IN VANTAGGIO SU BERLUSCONI – A FERMARE LA CORSA AL QUIRINALE DEL 1999 FU MASSIMO D’ALEMA, CHE LO SCARICÒ PER IL “NEUTRO” CIAMPI  - IL MANCATO VIAGGIO AD HAMMAMET E IL RAPPORTO CON GIANNI DE GENNARO...

ernesto galli della loggia giorgia meloni

DAGOREPORT - FAZZOLARI E' PER CASO IL NUOVO DIRETTORE DEL "CORRIERE"? - IN UNA PRIMA PAGINA CHE NASCONDE LE MENZOGNE DI GIORGIA MELONI, SPUTTANATA DA MACRON, BRILLA UN EDITORIALE VERGOGNOSO DI GALLI DELLA LOGGIA CHE SI DOMANDA: "SE LA GERMANIA (DI AFD) HA DAVVERO FATTO I CONTI CON IL SUO PASSATO NAZISTA. IN ITALIA, INVECE, UN PARTITO CHE PURE HA LE SUE LONTANE ORIGINI NEL FASCISMO GOVERNA DA TRE ANNI IN UN MODO CHE SOLO I COMICI (DUNQUE PER FAR RIDERE…) GIUDICANO UNA MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA" - L’EX MAOISTA, POI TERZISTA, QUINDI BERLUSCONIANO, 5STELLE, INFINE MELONIANO  DEVE STUDIARE UN PO’, INVECE DI CAMBIARE PARTITO A OGNI CAMBIO DI GOVERNO. NEL DOPOGUERRA IN GERMANIA, GLI EX NAZISTI RIENTRARONO NEL CONTESTO SOCIALE E OTTENNERO POSTI DI POTERE NELLE INDUSTRIE PIÙ AVANZATE FINO ALLA CONTESTAZIONE DEL '68, SIMBOLEGGIATA DALLO SCHIAFFONE RIFILATO DALLA STUDENTESSA BEATE KLARSFELD AL CANCELLIERE (EX NAZISTA) KURT KIESINGER – IN ITALIA LA DESTRA ALLA FIAMMA DI FINI FU SDOGANATA DAL GOVERNO BERLUSCONI, DOVE IL MINISTRO DELLA GIOVENTU' ERA GIORGIA MELONI. COSA CHE IL GALLI OMETTE ESSENDO ORA COLLABORATORE DEL GOVERNO DUCIONI PER IL SETTORE SCUOLA...