renzi lotti marroni

QUANDO LA VERITA’ COSTA – LA CONSIP HA PRODOTTO UN DISOCCUPATO IN PIU’: DA LUGLIO LUIGI MARRONI E’ SENZA LAVORO (“E SENZA SUSSIDI”) DA QUANDO HA COINVOLTO TIZIANO RENZI ED IL GIGLIO MAGICO – “PER ME È DIFFICILISSIMO RICOLLOCARMI, PRATICAMENTE IMPOSSIBILE”

 

Giacomo Amadori per la Verità

 

luigi marroni

Inimicarsi il Giglio magico non è salutare, anche per chi ha un curriculum di primissimo piano. Il rischio è quello dell’emarginazione. È quanto sta sperimentando sulla propria pelle l’ingegner Luigi Marroni , l’ex amministratore delegato della Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione. Marroni nell’inchiesta Consip è stato sentito quattro volte come persona informata sui fatti (dai carabinieri, dalla Procura di Napoli e due volte da quella di Roma) e non è mai stato iscritto sul registro degli indagati.

 

«Era testimone e resta testimone», ammettono dal Palazzo di giustizia della capitale. Ha accusato Tiziano Renzi e il suo spicciafaccende Carlo Russo di aver sponsorizzato questo o quell’imprenditore, e ha dichiarato di essere stato informato di essere intercettato dal ministro Luca Lotti , dal generale dei carabinieri, Emanuele Saltalamacchia , dall’ex presidente di Consip, Luigi Ferrara, e dal manager renziano Filippo Vannoni .

 

PIGNATONE

Ora lui non ha più un posto di lavoro, mentre i presunti mariuoli (attualmente indagati) sono ancora più o meno tutti sulla cresta dell’onda. Il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, il vice, Paolo Ielo, e il sostituto, Mario Palazzi, lunedì hanno risentito Marroni . «Di fronte alle prove dichiarative bisogna cercare riscontri positivi o negativi. È questo il lavoro che stiamo facendo e in questo contesto si è sviluppato l’interrogatorio», ammette un inquirente senza specificare intorno a quali argomenti abbia ruotato la nuova deposizione.

 

MATTEO E TIZIANO RENZI

Sta di fatto che l’ingegnere ha dovuto sopportare un’altra giornata di stress . Chi in queste ore ha incontrato Marroni ha trovato un uomo per nulla pentito delle sue dichiarazioni, ma nello stesso tempo sconfortato dall’atteggiamento del suo vecchio mondo di riferimento che sembra averlo espulso alla pari di un reprobo. Il manager con amici e confidenti ripete come un mantra che «la Consip ha ottenuto nel 2016 risultati eccellenti, riconosciuti formalmente da governo e Parlamento anche nel Documento di economia e finanza».

 

PAOLO IELO

Quando è stato richiamato in Procura, inizialmente si è preoccupato, poi di fronte alle domande si è rilassato: «Mi hanno chiesto piccole precisazioni rispetto a quello che avevo detto a giugno o di approfondire argomenti di cui magari mi avevano chiesto in modo generico. Dovevano verificare dettagli su orari, coincidenze che hanno riscontrato e che volevano capire meglio, ma nulla che metta in discussione l’impianto generale. Quattro o cinque piccole cose che volevano controllare: una mail, una data, cose che a me sembravano secondarie, ma per loro evidentemente non lo erano, ma che, comunque, non riguardavano il cuore della vicenda. Di più, però, non posso dire perché c’è il segreto istuttorio » .

LUCA LOTTI E TIZIANO RENZI

 

Una cosa Marroni ci tiene a sottolinearla ed è quella di non essere indagato: «Anche se qualcuno l’estate scorsa ha scritto che lo ero. Per questo ho querelato tre o quattro tra giornali e siti». L’ex ad di Consip sperava di essere finito nel dimenticatoio e invece le indagini sono state prorogate e lui è stato riconvocato dai pm: «Non c’è pace», ha borbottato ieri sfogliando i quotidiani che davano conto del suo interrogatorio di lunedì. Secondo qualche cronista il sessantenne ingegnere di Castelnuovo Berardenga (Siena) avrebbe depositato una memoria e copia delle mail che si sarebbe scambiato con Tiziano Renzi: «Io non ho consegnato proprio nulla, ma non mi stupisco: in questa vicenda i giornali mi hanno attribuito virgolettati che non ho mai pronunciato. So che per la stampa sarebbe più interessante la notizia di un dossier segreto o di qualcosa del genere, ma questo non esiste».

 

SALTALAMACCHIA

Un amico prova a confortarlo, ma Marroni scuote la testa: «Ogni volta che esce di nuovo il mio nome sui media per me è un incubo. Io sto pagando durissimamente questa situazione. Sono stato licenziato e da allora sono un disoccupato senza sussidi. Eppure i risultati di Consip sotto di me sono stai eccellenti. Lo ha detto il primo ministro (chiama Renzi così, ndr) quando presentò le sue slide e lo ha messo per iscritto il Parlamento nel Documento di economia e finanza del 2017. Ho fatto la famosa gara delle siringhe (un bando nazionale che ha fatto risparmiare 132 milioni di euro, n d r) . Da assessore ho salvato la sanità toscana (parole ufficiali del presidente Rossi), ho portato la Regione in vetta alle classifiche di qualità e il mio lavoro da direttore generale della Asl di Firenze è stato imitato in mezza Italia. Ho lavorato per 20 anni alla Fiat e ho diretto fino a 13 stabilimenti nel mondo. Ho anche insegnato in diverse università italiane (Siena, Pisa, Bocconi, Luiss, Cattolica). Ciò nonostante da luglio sono disoccupato».

CARLO RUSSO

 

A sentir lui, la vicenda Consip è diventata la sua condanna, anche se Marroni è solo un testimone: «Per me è difficilissimo ricollocarmi, praticamente impossibile». Un collega gli domanda se questa situazione sia causata da un editto bulgaro del governo e lui risponde con disincanto: «Ci sono anche delle autocensure». A complicare tutto c’è pure il suo curriculum. Marroni fa l’esempio dei giornali: «Se uno è stato direttore poi non lo riprendono a fare la cronaca di Lamporecchio, anche se lui fosse disponibile».

inchino padoan1

 

Nell’animo dell’ingegnere, riferisce chi lo frequenta, sono ancora aperte le ferite della tempesta di giugno: l’interrogatorio fiume, le dimissioni dei membri del cda di Consip per consentire la sua defenestrazione, il licenziamento: «Il 27 giugno ho presieduto il cda nel quale hanno nominato il mio successore e subito dopo ho salutato tutti. Molti hanno scritto che io stavo facendo una resistenza passiva, ma non è vero. Avrei potuto, avendo il pallino in mano, tirarla per le lunghe, farmi fare un’ingiunzione, non convocare l’assemblea. C’erano delle tecniche per andare avanti un mese e mezzo, due . Ma io dissi ai miei azionisti (il ministero d ell ’Economia, ndr): “porto questa barca sino all’ultimo con professionalità, con amarezza se volete, ma non faccio guerre né guerriglie”. Ho convocato l’assemblea e me ne sono andato. Speravo non si parlasse più di me e invece ci risiamo. Per uno che vuole riprendere a lavorare questa è una maledizione».

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