QUANTO COSTA DIVENTARE AMBASCIATORI USA? 1,8 MILIONI. DA VERSARE DIRETTAMENTE ALLA CAMPAGNA OBAMA, PLEASE

Paolo Valentino per il "Corriere della Sera"

Che i Presidenti degli Stati Uniti, democratici e repubblicani, ricompensino i grandi donatori delle loro campagne elettorali nominandoli ambasciatori in sedi di prestigio, sia pure non problematiche dal punto di vista strategico, è regola non scritta della vita pubblica americana. Ma con la presidenza di Barack Obama, l'usanza ha assunto dimensioni senza precedenti.

E se il rapporto tra nomine politiche e di carriera è rimasto più o meno invariato, con il 30% dei posti assegnati a non diplomatici, cresciuta a dismisura è la cifra di denaro donata o raccolta dai beneficiati in favore del Presidente. Come rivela il Guardian , i 10 ambasciatori appena nominati (o che stanno per esserlo) da Barack Obama, hanno in media contribuito ciascuno con 1,8 milioni di dollari alla sua rielezione.

Un salto di qualità preoccupante per i professionisti della diplomazia, delusi da una pratica che in molti avevano sperato venisse ridimensionata dall'Amministrazione democratica: «Ci preoccupa molto - ha detto al giornale britannico Susan Johnson, presidente dell'American Foreign Service Association -, pensavamo che con Obama sarebbe cambiato qualcosa nella nomina degli ambasciatori, invece l'uso delle ambasciate come ricompensa a chi ha raccolto più soldi si estende». E Thomas Pickering, che fu ambasciatore all'Onu di Bush padre e di recente ha guidato l'indagine sui fatti di Bengasi, parla apertamente di «simonia» e di «vendita di uffici pubblici».

Ultime in ordine di tempo ad alimentare la polemica, sono state le nomine di Matthew Barzun a Londra e di John Phillips a Roma. Il primo, già premiato nel 2009 con l'ambasciata di Stoccolma per essersi distinto come formidabile fund-raiser nella campagna del 2008, ha guidato il comitato finanziario per la rielezione, che ha battuto ogni record, raccogliendo più di 700 milioni di dollari.

Secondo documenti interni della campagna di Obama, in possesso del New York Times , Barzun ha donato o raccolto personalmente ben 2,3 milioni. Ed è stato sicuramente questo l'argomento che alla fine lo ha visto prevalere su Anna Wintour, la mitica direttrice di Vogue , anche lei efficacissima nella raccolta dei fondi per Obama, che per molti mesi l'ha presa in considerazione come possibile inviato alla Corte di San Giacomo: l'ambasciatrice vestirà Prada, era il tormentone che accompagnava la voce.

Senza essere ai livelli di Barzun, John Phillips, l'avvocato di Washington che tra poco si insedierà a Villa Taverna, si è comunque difeso bene: ha infatti messo insieme oltre 500 mila dollari per la campagna presidenziale. Tre volte di più, almeno 1,5 milioni, ha totalizzato John Emerson, investitore californiano, non a caso destinato a un'ambasciata di rango come quella a Berlino.

Mentre la signora Jane Stetson, nipote del fondatore della IBM Thomas J. Watson, ha superato i 2,4 milioni di dollari: c'è bisogno di dirlo? E' in pole position per il contesissimo posto di ambasciatore a Parigi. In totale, nove missioni diplomatiche in Paesi «non disagiati» d'Europa, Asia e Caraibi sono state assegnate di recente a finanziatori del Presidente. Se si aggiunge quella imminente in Francia e si sommano le donazioni, il Guardian ha calcolato che i 10 nominati hanno raccolto complessivamente almeno 5 milioni per la campagna 2013. Lo stesso calcolo, fatto nel 2009, dava 3,3 milioni di dollari. Mentre nel 2005 gli ambasciatori nominati negli stessi 10 Paesi da George W. Bush avevano donato o raccolto per lui 1,3 milioni.

«Questa gente - accusa Pickering - vuole andare in posti dove lo stile di vita è piacevole. Ma temo che ciò dia l'impressione che gli Usa non trattino quei Paesi col dovuto rispetto».

C'è però un contro argomento, a favore della preferenza dei Presidenti per fidati Paperoni nelle ambasciate in Paesi ricchi e non a rischio: secondo Business Week , il bilancio del Dipartimento di Stato per quelle missioni non copre neppure la metà delle spese necessarie per i tanti ricevimenti, pranzi e feste, che di regola il Paese ospitante si aspetta dall'ambasciata americana.

Qualcuno, confessa uno dei donatori di Obama, finisce per rimetterci fino a 1 milione di dollari l'anno di tasca sua. «Gli ambasciatori politici - ci dice Mel Sembler, che fu il primo inviato in Italia di George W. Bush - hanno più risorse e possono intrattenere con più agio. Io finivo per spendere sempre molto più del mio budget». Ci si potrebbe chiedere allora perché lo facciano. Susan Johnson non ha dubbi: «Vuole mettere il piacere di sentirsi chiamare ambasciatore?».

 

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