IL “QUID” È TRATTO: LA SCISSIONE DEI BERLUSCONES È SEGNATA - IL BANANA, PRIGIONIERO DEI CATA-FALCHI, NON HA CEDUTO ALLE RICHIESTE DI ALFANO

Carmelo Lopapa per "la Repubblica"

La rottura a un passo. E quando su Roma cala la sera, anche Berlusconi ne prende atto, «la situazione ormai è fuori controllo». Vede nero, vorrebbe tenerli tutti insieme, al Consiglio nazionale di domani. Ma per un giorno intero non lancia alcun segnale distensivo ai ministri e ai governativi che con Alfano avevano dettato la notte precedente le loro condizioni.

«Sono condizioni inaccettabili - ha spiegato il leader ai tanti andati a trovarlo - Come fanno a chiedermi il sostegno al governo anche in caso di decadenza? Come faranno loro a restare lì dopo che il Pd mi avrà fatto fuori». Una processione di falchi ha affollato fino a sera Palazzo Grazioli.

Lunghe ore con Denis Verdini, poi Capezzone, in serata arrivano a cena Raffaele Fitto, Michaela Biancofiore. Con Gelmini, Bernini e poi Santanché e Brunetta e tanti altri lo hanno marcato a uomo, senza sosta, per evitare che cedesse alla tentazione di un accordo in extremis con Angelino.

Tant'è che, fin dal mattino il Cavaliere ha ripreso il telefono ed è tornato a contattare almeno sei senatori passati con Alfano. È a quel punto che il vicepremier, prontamente informato dai parlamentari in questione, ha compreso che tutto ormai era perduto. Che un accordo era impossibile. «Ripensaci, sei ancora in tempo: ricorda che un governo a noi favorevole come questo difficilmente lo ritroviamo» è stato il tam tam anche ieri dei consiglieri di sempre, da Gianni Letta a Paolo Bonaiuti.

Sono i mediatori ancora al lavoro, lo saranno tutt'oggi, come Paolo Romani. Hanno provato a convincerlo della necessità che qualcosa venisse ceduta ai governativi, se davvero avesse voluto chiudere un'intesa. Ma lo spiraglio è davvero minimo, a questo punto.

La dead line è fissata per oggi a mezzogiorno. «Non attenderemo oltre» spiega uno dei ministri Pdl lasciando l'infuocata assemblea dei filo governativi con Alfano. Avevano atteso invano per tutto il giorno che Berlusconi convocasse per oggi l'ufficio di presidenza in cui riscrivere un accordo, un nuovo documento in vista del quasi congresso di domani.

Era l'unica condizione che aveva posto il vicepremier la notte precedente nel lungo faccia a faccia col capo a Palazzo Grazioli. Un testo per modificare gli assetti, prevedere ai vertici di Forza Italia due coordinatori, e sancire il sostegno al governo anche in caso di decadenza. L'ex premier lo ha ascoltato, si è impegnato anche a preparare una relazione soft alle assise di domani. Sotto i colpi dei falchi però Berlusconi non ha retto, ogni impegno verbale siglato nottetempo, evaporato.

Ora la scissione tanto evocato pare davvero vicina. I parlamentari filogovernativi ieri sera si sono rivisti con Angelino Alfano e gli altri ministri in una sala della Presidenza del Consiglio a Largo Chigi, evocativa anche la sede per capire da che parte stanno ormai. Schifani e Lupi avevano preparato l'incontro con un vertice al Senato poco prima.

Invocano ancor il rinvio del Consiglio nazionale di domani, ma il dado per loro è tratto. La diserzione viene data quasi per scontata, a meno che il Cavaliere non ci ripensi, non si sottragga agli artigli dei falchi e accetti il compromesso. Tutto è possibile, per un leader confuso, che si sente vittima di due fuochi contrapposti.

«Ma noi non andremo certo lì a farci massacrare al grido di "traditori", dentro e fuori il Palazzo dei congressi, non lo meritiamo noi e non merita scene del genere neanche Berlusconi» ragiona dopo l'assemblea Roberto Formigoni. Del resto, mentre loro prendevano atto della rottura ormai compiuta - che potrebbe portare già nelle prossime ore all'annuncio della scissione e dei gruppi autonomi - a duecento metri da lì, a Palazzo
Grazioli, Berlusconi cenava con falchi e lealisti.

Sia Verdini che Fitto - appreso del passo avanti compiuto dal loro avversario la notte precedente - hanno buttato giù e fatto firmare a parlamentari e dirigenti un nuovo documento con cui minacciano fuoco e fiamme in caso di accordo coi governativi al grido di «nessuna intesa è possibile con i traditori». I toni dei loro colloqui con Berlusconi sono stati infuocati.

Fitto tra i più risoluti: «Se cedi e convochi l'ufficio di presidenza, noi non ci presentiamo e mancherà il numero legale. Non puoi più farlo». E Verdini, non da meno: «Se nomini due coordinatori vieni commissariato. E poi, loro hanno sì e no il 20 per cento del partito e con uno dei due coordinatori è come se conquistassero il 50».

L'ex delfino ha atteso fino a sera a Palazzo Chigi la convocazione dell'ufficio di presidenza, non è mai arrivata. «Parlare di accordo a questo punto non ha più senso» ha sbuffato Alfano davanti ai suoi. Per ore, Paolo Romani - mediatore per conto di Berlusconi - e il ministro Gaetano Quagliariello sono rimasti chiusi nella sala del governo di Palazzo Madama per mettere a punto un documento che mettesse tutti d'accordo, falchi, lealisti, colombe. Alle 20 se contavano tre diversi, su nessuno si è trovata l'intesa. Oggi si ricomincia.

 

BERLUSCONI E ALFANO AL QUIRINALE FOTO LAPRESSEALFANO E BERLUSCONISILVIO BERLUSCONI E ANGELINO ALFANO alfano e letta duo extra saccomanni, alfano e lettaMANIFESTAZIONE PDL A VIA DEL PLEBISCITO AGOSTO BONAIUTI BERLUSCONI VERDINI ALFANO INAUGURAZIONE SEDE FORZA ITALIA FOTO LAPRESS Raffaele Fitto

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