IL RENZI GRADASSO FECE I GATTINI POVERI – EDITORIALE DELLA “STAMPA” CHE STANGA IL PITTIBIMBO SPACCONE IN EUROPA - LA MERKEL NON È ENRICO LETTA: SENZA VERE RIFORME, NON OTTERREMO NULLA DA BRUXELLES

Stefano Lepri per “La Stampa

 

renzi parlamento europeo schulz merkelrenzi parlamento europeo schulz merkel

Il rischio è di fare la battaglia giusta nel momento sbagliato. Per ansia di ottenere subito risultati – e forse ancor più, di vantarli – il governo italiano ha forse fatto qualche passo falso sulla scena europea. Alla prova, certi metodi irruenti che nella nostra politica hanno finora funzionato non si adattano bene alle stanze di Bruxelles.

 

La battaglia, appunto, sarebbe giusta. L’infiacchirsi della ripresa economica un po’ ovunque, perfino in Germania, mostra che non è ancora spianata la via di uscita da una crisi che mutando via via di aspetto è arrivata ormai al settimo anno. Occorre ammettere che si sono fatti degli errori nell’affrontarla e cercare soluzioni nuove.

merkel mette renzi a pane e acquamerkel mette renzi a pane e acqua

 

La ricetta dell’austerità mostra tutti i suoi limiti. L’esempio tedesco è per parecchi aspetti valido. Ma per imitare tutti la Germania c’è un evidente problema di dimensioni. Nel mondo così com’è, ottanta milioni di tedeschi possono affidare il loro futuro alle esportazioni. Trecentoventi milioni di cittadini dell’area euro sono troppi per fare lo stesso (da Washington ce lo ripetono di continuo).

RENZI MERKEL SELFIERENZI MERKEL SELFIE

 

La necessaria svolta deve essere ben argomentata; anche sulla base di politiche che si cominciano a realizzare con successo nel proprio Paese. Altrimenti si rischia di contrapporre all’eccessivo rigore soltanto la ricetta vecchia di più ampi margini di spesa in deficit, mostratasi pericolosa in precedenza. Si ripropone un copione frusto, nordici rigoristi contro meridionali spendaccioni.

 

E’ tattica elementare dividere i propri nemici. Nella stessa Germania si avvertono spinte nuove; ad esempio gli industriali e anche parti della finanza sollecitano un più ampio sforzo per investimenti sia pubblici sia privati. Ma la parte più retriva del potere economico ha buon gioco a chiamare a raccolta se ciò che Italia o Francia chiedono somiglia troppo al perdono di vizi inveterati.

 

Occorre intraprendere una battaglia di lunga lena. Non si capisce perché scontrarsi adesso con una Commissione europea uscente che conta ormai poco; perché litigare con l’estone Siim Kallas, facente funzione agli Affari monetari, come altri europei dell’Est approdato a un neoliberismo quasi altrettanto dogmatico del comunismo a cui in gioventù venivano indottrinati a forza.

Siim Kallas (a sinistra) con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ieri a BruxellesSiim Kallas (a sinistra) con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ieri a Bruxelles

 

I rapporti tra governi in Europa funzionano in modo diverso dai rapporti in Italia tra partiti tutti in difficoltà varie nonché in rapida mutazione. Carisma e aggressività non bastano. Un partito può promettere di fare grandi cose quando andrà al governo. Un governo non può promettere ad altri governi che si faranno insieme grandi cose se non ha già cominciato a farle nel Paese che guida.

 

Per contare sul dialogo con Angela Merkel occorre accettare i suoi tempi che sono lunghi e cauti; già altri tentando di incassare il risultato troppo presto si sono trovati a mani vuote. Matteo Renzi ha suscitato anche in altri Paesi grandi speranze, ora gli occorre un’opera paziente per consolidarle: programmi precisi, idee; non riedizioni della «finanza creativa» allo scopo di nascondere il debito.

 

MARIANO RAJOY E ANGELA MERKELMARIANO RAJOY E ANGELA MERKEL

Occorre saper rispondere a chi ad esempio obietta: «La Spagna ha fatto riforme, l’Italia no». La Spagna poteva e doveva rientrare dagli eccessi di un boom nei primi anni dell’euro, che aveva gonfiato i salari e caricato di debiti; noi non dobbiamo rimediare a dismisure mai conosciute, dobbiamo spiegare come si ravviva un’economia da troppi anni letargica e misoneista.

 

Il semestre di presidenza italiano dell’Unione è difficile sia perché cade nel periodo iniziale di una nuova legislatura europea sia perché si incrocia con l’aggravarsi delle incertezze di Londra sull’utilità di stare insieme. Meglio non guastarselo con gaffes dettate dalla fretta.

 

 

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