TIRA UNA BRUTTA ARIA – IN CASO DI BATOSTA DEL PD ALLE EUROPEE, RENZI SA BENE CHE RISCHIA DI TORNARE A FARE IL GAGA’ A FIRENZE E METTE LE MANINE AVANTI: ‘IL VOTO DEL 25 MAGGIO NON SARÀ UN REFERENDUM SU DI ME E NEANCHE SUL GOVERNO’

Federico Geremicca per ‘La Stampa'

I giornali, non sempre carini con lui; i figli, che gli gironzolano intorno; amici che chiamano, un'intervista al Tg1, le primarie dell'amico Nardella, Napoli-Fiorentina, naturalmente, e poi quella che rischia di diventare la grana delle grane, per stare alle faccende italiane: le elezioni europee, con le liste da fare e la rotta da scegliere per il primo vero test elettorale che lo attende.

La domenica di Matteo Renzi è una cosa più o meno così. Ed è proprio in questa domenica di inizio primavera che il premier-segretario, però, fissa il primo paletto tattico-strategico in vista del voto del 25 maggio: «Le elezioni europee - dice - non sono un referendum su di me. E nemmeno sul governo». La mossa serve, naturalmente, a mettere al riparo la sua leadership e il suo governo da una sfida elettorale dagli esiti imprevedibili. Una sfida, per altro, che Matteo Renzi fa mostra di non temere granché.

È quel che emerge dal ragionamento che il premier sviluppa di fronte ai travagli di Forza Italia, ancora in attesa di una «scelta di famiglia» che permetta comunque di avere il cognome Berlusconi nel simbolo col quale affrontare le elezioni: «Noi andremo al voto senza il mio nome nel simbolo del Pd - dice Matteo Renzi -. Il Pd è forte e strutturato...». Così strutturato (e sembra quasi una risposta all'ex segretario Epifani, che ancora ieri ha chiesto un partito più organizzato) che il presidente-segretario non nasconde un certo ottimismo.

«Non credo che si tratti di una tornata elettorale difficile, drammatica per noi - dice Renzi -. Come dicevo, il Partito democratico è forte e strutturato e credo che, al di là delle elezioni europee, nelle amministrative possa recuperare il Piemonte, l'Abruzzo, Prato e qualche altro comune».

Una previsione netta, dunque, e non è detto che non sia centrata. Dicono di Matteo Renzi, infatti, che sia un leader abituato a passeggiare con affianco la fortuna: e il recente precedente del voto sardo starebbe lì - secondo molti - a dimostrarlo. Forse è anche da qui, dall'ottimismo che pare accompagnare il premier verso il voto di maggio, che nasce la linea «andremo al voto senza il mio nome nel simbolo Pd».

Una linea che Renzi spiega richiamando il passato, ma non escludendo svolte in un futuro più o meno vicino. Dipenderà da tante cose, certo: ma verrà il tempo, par di capire, in cui la discussione si potrebbe (si potrà) riaprire.

Ecco: «Andremo alle Europee senza nome nel simbolo - conferma Renzi - per le ragioni che dicevo. Rimaniamo sulla linea "no name" che varò Bersani...». Ma il ragionamento non finisce qui, e quel che segue - forse - non piacerà a tutti: «Oggi è così: poi alle elezioni politiche, nel 2018, staremo a vedere. Tempo ancora ce n'è...».

Dunque, oggi no ma domani - al contrario - sì? Il Pd come Forza Italia, come i Cinque Stelle, come Scelta Civica di Monti o l'Udeur di Mastella? Non è detto, non c'è niente di deciso e - comunque - Matteo Renzi (e chi è favorevole a questa possibilità) avrebbero un importante precedente da far valere.

Elezioni politiche 2008, esordio del neonato Partito democratico in una competizione politica nazionale. Nuovo, naturalmente, il simbolo tutto bianco, rosso e verde: e clamorosa la sorpresa. Nel tondo del logo elettorale, sotto la sigla Pd, ecco il nome di Walter Veltroni, candidato presidente e primo segretario del Partito democratico. È un inedito assoluto.

È questa l'idea che frulla nella testa del segretario-presidente? Renzi dice «staremo a vedere. Tempo ce n'è...». Ed è vero. Così come è vero, però, che ci sarà pure ancora tempo da qui alle elezioni politiche, ma qualcuno - vedrete - comincerà a preoccuparsi fin da subito...

 

 

RENZI E MERKEL A BERLINOCAMERON, MERKEL, RENZINARDELLA RENZI CARRAIrenzi e epifani WALTER VELTRONI E MASSIMO DALEMA jpeg

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