PERRY-COLOSAMENTE SCEMI - C’ERA UNA VOLTA IL GOVERNATORE DEL TEXAS, TRA I FAVORITI A CONTENDERE LA CASA BIANCA A OBAMA, MA INCIAMPA IN UNA MEGA FIGURACCIA AL DIBATTITO TRA I CANDIDATI REPUBBLICANI E RICK PERRY ESCE RIDICOLMENTE DI SCENA: “DA PRESIDENTE CHIUDERÒ 3 MINISTERI”. MA NE RICORDA DUE: “OOPS!” - OBAMA, CON QUESTI AVVERSARI POTREBBE VINCERE MALGRADO I DISASTRI, MA INTANTO IL SUO STAFF PERDE PEZZI: LASCIA ANCHE IL “MAGGIORDOMO” REGGIE LOVE…

1 - PERRY SCENA MUTA IN TV LA SUA CORSA AL CAPOLINEA...
Maurizio Molinari per "la Stampa"

Rick Perry scivola su una clamorosa gaffe nel dibattito repubblicano in Michigan rafforzando l'impressione che il parterre dei candidati sia disseminato di debolezze politiche e personali. Il confronto sul palco di Rochester vede confrontarsi gli otto concorrenti alla nomination presidenziale e durante la prima ora a dominare sono i temi economici, con una convergenza sulla volontà di non aiutare l'Europa in difficoltà perché «devono cavarsela da soli», osserva Mitt Romney, e «non possiamo fare molto per l'Italia», aggiunge Herman Cain.

Il colpo di scena arriva nella seconda parte del confronto, quando il governatore del Texas fa tutto da solo. Prima dice «quando sarò presidente abolirò tre agenzie governative», poi inizia a enumerarle specificando «Commercio, Educazione...» e infine si blocca: «E la terza quale è?... uh... uh... vediamo...». Il pubblico ride e il rivale Ron Paul, che gli è vicino, lo incalza: «Ne devi tagliare cinque». Perry: «Sì, certo cinque, Commercio, Educazione e poi... uh, uh...». Paul irridente: «Quella dell'Ambiente?». Perry cade nel tranello: «Certo, l'Ambiente». Il moderatore John Harvood è rapido nel metterlo in difficoltà: «Davvero vuole abolire l'agenzia per l'Ambiente?». Perry fa marcia indietro: «No signore, stiamo parlando di Agenzie da chiudere, quella dell'Ambiente deve essere ristrutturata».

Al pubblico, in sala come davanti alla tv, Perry dà l'impressione di essersi letteralmente perduto e il conduttore lo infilza: «Insomma, non sa dire quale è la terza agenzia da tagliare?». Qualcuno dal pubblico suggerisce «Commercio» ma Perry sa di averlo già detto e il commento finale assomiglia ad un suicidio politico: «La terza? Non so dirlo, scusate. Oops».

Passano una manciata di minuti e, con il dibattito tornato sull'economia, Perry riesce a ricordare che si tratta dell'« Agenzia per l'Energia» ma oramai il disastro mediatico autoinflitto dilaga su tv e siti Internet che infieriscono sui «53 secondi peggiori di sempre» titolando a caratteri cubitali «Oops». «È la peggiore gaffe di sempre nei dibattiti elettorali americani» assicura il politologo Larry Sabato. Mark McKinnock, ex consigliere di George W. Bush, parla di un «disastro equivalente a livello umano a quello del Challenger», lo shuttle che si disintegrò nello spazio.

Nella sala di Rochester l'atmosfera è quella del tramonto di un candidato che a metà agosto sembrava destinato a vincere la nomination grazie al sostegno della base conservatrice. Michele Bachmann, rivale nella corsa proprio a questo settore dell'elettorato, esprime pietà a nome di tutti i candidati: «Ci dispiace tanto per lui». Perry tenta di rimediare l'autoironia: «Meno male che ho indosso gli stivali così riesco più facilmente a venirne fuori».

Ma visto che la catastrofe incombe si presenta ai talk show del mattino per assicurare che «non getto la spugna» parlando di un errore che «dimostra umanità» visto che «tutti ne fanno, come avvenne anche a Barack Obama che nel maggio del 2008 disse di aver fatto comizi in 57 Stati americani» mentre ve ne sono solo 50. Essere obbligato a paragonarsi a Obama è un'umiliazione che Perry accetta sperando di risollevarsi ma l'incredibile gaffe arriva dopo almeno tre dibattiti disseminati di passi falsi ed accompagnati da sondaggi in picchiata, avvalorando un declino che appare inarrestabile.

Ad avvantaggiarsene è Romney a cui in Michigan basta mostrarsi determinato nel descrivere le qualità di leadership che servono all'America per far dire al columnist di «Time» Mike Halperin che «è lanciato verso la nomination». Anche perché Herman Cain, che nei sondaggi ancora lo appaia, deve difendersi dalle accuse di molestie sessuali rivoltegli da quattro donne. Durante il dibattito Cain ha respinto tali sospetti trovando i consensi della platea di fan ma ha davanti una strada tutta in salita.

Ciò significa che il parterre repubblicano si assottiglia al punto da consegnare al redivivo Newt Gingrich il ruolo di inatteso punto di riferimento dello zoccolo duro mentre perfino Jon Huntsman, fanalino di coda nei sondaggi, può sperare di farsi spazio fra le macerie. Tutto sembra giocare a favore di Obama anche se la campagna è ancora lunga ed ha già riservato sufficienti sorprese da meritare la palma dell'imprevedibilità.

2 - OBAMA PERDE PEZZI LASCIA ANCHE LOVE...
Da "la Stampa"
- Nel giro di poche ore la squadra di Barack Obama perde due pezzi. Dennis Ross, inviato speciale per il Medio Oriente, e Reggie Love, l'uomo ombra di Obama, suo assistente personale sin dai tempi in cui era un senatore dell'Illinois. Due uscite di scena che si aggiungono alle dimissioni, nei mesi scorsi, degli uomini che per anni hanno accompagnato Obama: lo stratega David Axelrod e il portavoce Robert Gibbs.

Sull'uscita di Ross, una nota della Casa Bianca sottolinea che il diplomatico è stato al suo posto più del previsto in seguito agli eventi legati alla Primavera araba. Love, che lascerà a fine anno, ex ala della squadra di basket di Duke University, svolgeva una serie di piccole mansioni che variavano dal portare i discorsi del presidente a tenere l'iPod di Obama. Ma - più importante - Love era il partner prediletto di Obama a basket.

 

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