IN NOMINE MERKEL - KAISER ANGELA NON CEDE SULLA LINEA DEL RIGORE: IL “FALCO” FINLANDESE KATAINEN ACCANTO ALLA “COLOMBA” FRANCESE MOSCOVICI (PRO FLESSIBILITA’)

Marco Zatterin per “la Stampa

 

angela merkel 3angela merkel 3

Sulla scena di Palazzo Berlaymont si appresta ad arrivare un vero classico del compromesso europeo, il poliziotto buono contro il poliziotto cattivo. Jean-Claude Juncker ha cominciato immaginare il copione appena nominato presidente della Commissione Ue in luglio, voleva una struttura più agile e snella, con meno incarichi leggeri.

 

Poi è scoppiata la bomba di Pierre Moscovici, l’ex ministro dell’Economia d’un Francois Hollande in crisi come il suo paese, un candidato forte, determinato ad avere un ruolo economico importante, ma considerato troppo colomba e troppo socialista dagli alfieri della linea dura della riforme, Frau Merkel in testa, più favorevoli al finlandese Katainen. Bella grana. Che il lussemburghese pare orientato a risolvere tenendoli entrambi, il «buono» per la flessibilità e il «cattivo» per il rigore.

 

IL PRIMO MINISTRO FINLANDESE JYRKI KATAINEN IL PRIMO MINISTRO FINLANDESE JYRKI KATAINEN

La formula a cui lavora Juncker con il suo staff inventa il «ruolo di filtro». L’idea è di attribuire ad alcuni pezzi grossi della squadra, in particolare a chi è stato premier, una poltrona di vicepresidente super consigliere del gran capo per settori particolari, magari senza un portafoglio specifico. «Vogliamo una Commissione con un numero minore di pilastri più robusti», spiega una fonte vicina al lussemburghese.

Pierre Moscovici and Marie Charline Pacquot article A CAFA DC x Pierre Moscovici and Marie Charline Pacquot article A CAFA DC x

 

Col «Filtering role» tutto andrebbe a posto. Anche il nodo Moscovici. Che potrebbe essere commissario, mentre Katainen sarebbe coordinatore. O viceversa, a seconda di come si metteranno gli assetti.

 

Non è una questione solo di nomi e incarichi. La battaglia per la poltrona che ha reso celebre un altro finlandese, Olli Rehn, è il punto di arrivo dello scontro anche filosofico che spacca l’Europa dall’inizio della crisi finanziaria. In più capitali si ritiene che il domino scatenato dai mutui speculativi Usa che ha colpito le banche europee, alleggerito le casse dei paesi che hanno salvato le banche, alimentato una tempesta sui debiti sovrani e anche una doppia brutta recessione, sia stato affrontato in chiave troppo rigorista, con risultati a macchia di leopardo e costi elevati per buona parte delle popolazioni interessante.

jean claude junckerjean claude juncker

 

«Alcuni stati si sono finalmente convinti ad occuparsi davvero di ripresa, lavoro e investimenti», ha esultato sabato sera Martin Schulz, presidente dell’Europarlamento. Dal 2012 a oggi ci sono stati due roboanti annunci di piani di rilancio Ue che hanno dato effetti limitati, orientati però più nella direzione delle giuste riforme e del controllo della stabilità dei conti secondo i duri crismi del Fiscal Compact, piuttosto che di un vero sostegno collettivo «amico della crescita».

olli rehn olli rehn

 

Juncker è l’uomo che deve cercare di capovolgere la missione. Ha promesso un piano da 300 miliardi entro il 15 febbraio. Nel frattempo dovrà occuparsi della flessibilità promessa dai ventotto al vertice di Ypres. «Senza cambiare le regole», è il mantra collettivo.

La Francia vuole più flessibilità, come l’Italia, che però nelle ultime settimane ha ridotto il tono della richiesta e si è messa sulla rotta degli investimenti. Hollande ha deciso di puntare su Moscovici, abile negoziatore che da tre mesi gira per le capitali a esibire le sue credenziali europee. Rigoristi e popolari sento puzza di bruciato.

 

Vogliono le riforme prima e il resto poi. Non s’oppongono alla flessibilità, «ma solo nel solco delle regole esistenti, magari qualcosa di più», spiega una fonte europea. «La possibile guerra in Ucraina aumenta la sensibilità nelle capitali per il rischio di un’altra recessione», aggiunge un alto funzionario Ue.

schulz martin official portrait schulz martin official portrait

 

Il dibattito si chiarirà presto. Juncker intervista in settimana i candidati per presentare la rosa intorno al 10. Non ci dovrebbero essere i cluster di cui si è vociferato: non piace l’idea di soci di serie A e B. Si attendono i vice «filtri», la squadra del presidente in cui potrebbe esserci il «poliziotto cattivo» Katainen a occuparsi delle riforme. Quello «buono», Moscovici, finirebbe allo sviluppo, mentre vanno sistemati l’olandese dell’Eurogruppo Dijsselbloem (non certo, ma la stampa locale lo dà in uscita) e la danese dell’Economia, Margrethe Vestager, appena designata.

 

Troppi candidati un posto solo? Potrebbe non essere un problema. Dividendo gli incarichi, Juncker potrà governare con relativa facilità; dimezzando i problemi, semplificherà le soluzioni. In Europa, il compromesso si cuce anche così. E anche il sempre falco Merkel, a questo punto, non avrebbe da ridire.

 

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