
SAI CHE SORPRESA: A PRENDERLA IN QUEL POSTO PIÙ DI TUTTI SARANNO LE IMPRESE ITALIANE – L’AGRICOLTURA MADE IN ITALY È QUELLA PIU' ESPOSTA AI DAZI DEL 17% MINACCIATI DA DONALD TRUMP: SI RISCHIA UNA STANGATA DA 2 MILIARDI - NEL 2024, L'EXPORT AGROALIMENTARE ITALIANO HA TOCCATO IL VALORE PIUU' ALTO DI SEMPRE: OLTRE 69 MILIARDI DI EURO CON UN INCREMENTO DEL 7%. GLI USA RAPPRESENTANO IL SECONDO MERCATO DI SBOCCO: 7,8 MILIARDI DI EURO (IN VALORE, L'11,6% DELL'EXPORT TOTALE) – IL PRESIDENTE DI COLDIRETTI, ETTORE PRANDINI: “AVREMO UN EFFETTO QUSI INSOSTENIBILE PER LA NOSTRA ECONOMIA”
Prandini, 'dazi al 17% un danno enorme per i coltivatori'
Ettore Prandini Giorgia Meloni
(ANSA) - L'obiettivo iniziale era arrivare a un'intesa in grado di garantire zero dazi, ma adesso "meglio chiudere l'intesa al 10%". Lo dice, alla Stampa, Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, che è realista e pensa che un accordo sul modello di quello stretto tra Usa e Regno Unito sarebbe gestibile per l'Italia.
"Con dazi al 10% abbiamo stimato che potremmo comunque raggiungere il risultato record delle esportazioni di 9 miliardi in termini di valore nel 2025", sottolinea. Mentre con il 17% "il rischio sarebbe pesantissimo perché si rifletterebbe anche sulla popolazione statunitense.
IL VALORE DELL EXPORT ITALIANO VERSO GLI STATI UNITI
Ovvero: perdita di capacità di acquisto, aumento dell'inflazione e perdita del valore del dollaro - prosegue -. Se andiamo a sommare tutto questo al 17% avremmo un effetto quasi insostenibile per la nostra economia, visto che per l'agroalimentare il mercato Usa è il secondo per importanza a livello globale".
L'Unione europea potrebbe varare una risposta commerciale dello stesso livello. "Non bisogna cadere nella provocazione e dire 'risponderemo in eguale maniera'.
Rispondere ai dazi con i dazi vuol dire fare il gioco di Trump, bisogna essere intelligenti e mantenere la trattativa - sottolinea -.
DONALD TRUMP MOSTRA LA TABELLA CON I NUOVI DAZI
Occorre scongiurare una spirale di ritorsioni che finirebbe per danneggiare quei settori che rappresentano l'eccellenza del Made in Italy. Detto ciò, l'Europa deve capire cosa vuole fare anche al suo interno", conclude
Stangata fino a 2 miliardi
Estratto dell’articolo di Anna Maria Angelone per “La Stampa”
Cinquanta sfumature di dazi. Dal 25% solo sulle auto, al 50% sull'import di tutte le merci, fino al 10% ipotizzato come compromesso finale fra le due sponde, la guerra commerciale minacciata dal presidente Donald Trump si colora ogni giorno di una percentuale diversa. E ora è la volta del 17% sulle esportazioni dei prodotti agricoli del Vecchio continente. Tradotto: una potenziale mannaia per l'agroalimentare italiano.
Già, perché se è vero che gli Usa importano la frutta fresca dal Messico, i gamberetti dal Vietnam e l'americano medio mangia il cheddar del Wisconsin, nelle tavole più agiate o nei ristoranti della East e West Coast pasta, mozzarella e parmigiano non mancano.
Con i suoi 835 prodotti tipici a marchio Dop e Igp, il nostro Paese vanta il paniere di cibi e bevande con bollino di qualità più alto di tutti (anche di Francia e Spagna) e, dunque, è quello che ha più da perdere in questo risiko delle tariffe.
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Nel 2024, l'export agroalimentare italiano ha toccato il valore piu alto di sempre: oltre 69 miliardi di euro con un incremento pari, in media, al 7% annuo.
Gli Usa rappresentano il secondo mercato di sbocco: 7,8 miliardi di euro (in valore, l'11,6% dell'export totale). In crescita record, rispetto al 2023, di più del 17%.
Si tratta soprattutto di "vini e mosti" (da soli rappresentano quasi un quarto delle esportazioni), "cereali, riso e derivati", "oli e grassi" e prodotti agroalimentari diversi. Non solo. In quasi tutti i comparti produttivi, gli scambi con il mercato statunitense fanno registrare un surplus di bilancio a favore dell'Italia.
Le simulazioni sull'eventuale impatto di un dazio americano fioccano. Il Centro studi dell'associazione di categoria, Confagricoltura stima che una tariffa al 20% avrebbe un impatto negativo di circa 1,6 miliardi di euro (altri temono ancora di più). Il conto più salato lo pagherebbero vini, pasta e riso, olio di oliva.
FRANCESCO LOLLOBRIGIDA NEGLI STATI UNITI CON CASCO A FORMA DI PARMIGIANO
Ma anche formaggi freschi e stagionati, insaccati, liquori. Molto dipenderà dal negoziato in corso. A meno di cento ore dalla scadenza del 9 luglio (fissata da Washington come scadenza della pausa reciproca), l'intesa sembra tutt'altro che a portata di mano.
«Dazi al 17%? Auspichiamo sia una boutade ai fini della trattativa», sottolinea Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. «Noi restiamo fortemente critici anche verso l'ipotesi di dazio al 10%».
Per la più antica associazione di rappresentanza delle imprese agricole, è necessario un approccio pragmatico di sostegno e rilancio al settore. «Stiamo assistendo a una polarizzazione produttiva» prosegue Giansanti.
EXPORT - I NUMERI DEL VINO ITALIANO
«Unione europea e Stati Uniti sono grandi potenze agricole, il Sud America è sempre più rilevante nella produzione delle proteine vegetali, l'India si sta imponendo sul mercato, la Cina è un player strategico e la Russia, forse, un giorno tornerà a esserlo.
Il rischio di una grande instabilità a svantaggio dei consumatori è reale. L'agricoltura europea è schiacciata dal peso della burocrazia e minacciata da tagli nel prossimo bilancio europeo: per Confagricoltura è inaccettabile. Serve un passo deciso a tutela della nostra produttività».
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Non tutti gli esperti della filiera agroalimentare, però, vedono nero. «Se anche dovesse trovarsi un accordo per il 10% in più, non sarà la fine» spiega Lucio Miranda, presidente di ExportUsa, società di consulenza che assiste le aziende italiane a entrare nel mercato americano.
«Oggi il prezzo medio di importazione per il nostro prosecco è di 5 dollari e mezzo, ma per il cliente finale può arrivare a costare fra i 25 e i 30 dollari a bottiglia. Il 10% in più sarebbe una differenza di appena 55 centesimi. Non credo inciderebbe sul portafoglio. Piuttosto, occorre evitare i rincari lungo tutta la filiera».
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