IL PRIMO SCOGLIO PER RENZI È QUELLO DELLA SQUADRA DI GOVERNO: RICICLARE VECCHI ARNESI SIGNIFICA AFFOSSARE LA ROTTAMAZIONE (MA TROPPA GENTE VUOLE LA POLTRONA DA MINISTRO) - DRAGHI “CONSIGLIA” DA LONTANO

Goffredo De Marchis per "la Repubblica"

L'ULTIMO giorno da sindaco e il primo da premier in pectore Matteo Renzi lo vive a Firenze. Giorno di saluti e di trattative per superare tre nodi: il braccio di ferro con Alfano per la squadra del Nuovo centrodestra, la scelta del ministro dell'Economia, i tempi della nascita del Renzi 1 da concordare con il Quirinale. L'Ncd alza molto il prezzo e questo rientra nelle dinamiche delle trattative. Lo fa nei colloqui telefonici con il segretario del Partito democratico.

LO SBANDIERA ai quattro venti con la minaccia di Renato Schifani: «Non è detto che nasca il nuovo esecutivo. Si può sempre andare a votare, noi non avremmo problemi». Ma Renzi tiene il punto: «Terrò conto dei rapporti politici con le altre forze della maggioranza, ma anche del peso di ciascuno».

Come dire: è il Partito democratico a dare le carte. E se quello di Alfano è un bluff, Renzi ha intenzione di rovinarglielo facendo circolare una tentazione: dare all'esecutivo un carattere «ipermaggioritario», ovvero nominare lui i ministri senza infilarsi nei veti incrociati e nel mercato dei posti. Poi, vedere se l'Ncd ha davvero il punto in mano o preferisce non tirare la corda per paura delle elezioni anticipate.

Andando al sodo, Alfano difende a spada tratta la casella del ministero dell'Interno. «Io rimango lì, non si discute. Non ci sono alternative», ha fatto sapere al sindaco. Questo impedisce di rimescolare la squadra e di dare un significativo segno di discontinuità rispetto al precedente governo. «Non posso fare il governo Letta senza Letta. Troppa gente vuole rimanere attaccata alla poltrona. Ma se non c'è un cambiamento profondo - ripete Renzi ai suoi fedelissimi - allora rischiamo di apparire come quelli che volevano solo far fuori Enrico. Non è così e si deve vedere chiaramente ».

Il problema però c'è. In gran fretta, è arrivato ieri a Firenze Graziano Delrio, futuro sottosegretario alla presidenza del Consiglio e in questo momento il consigliere più fidato del segretario. Se il Pd conferma Andrea Orlando, Delrio e Franceschini, se Emma Bonino rimane alla Farnesina e se l'Ncd chiede di non muovere Alfano, Lorenzin e Lupi, allora il messaggio al Paese sarà quello di un mantenimento di uno status quo. «Avete visto i sondaggi? Questo passaggio trova molte resistenze nel Paese, occorre presentarsi subito bene e il nostro biglietto da visita è la squadra dei ministri».

In attesa dell'incarico e di entrare nel vivo delle consultazioni con gli alleati - dopo le dimissioni «irrevocabili» che ieri mattina Enrico Letta ha rassegnato al Quirinale - Renzi mette alcuni paletti. I ministri saranno al massimo 18. Il modello del quale il segretario del Pd parla spesso è quello del governo Monti, almeno sul piano dei numeri. E poi c'è l'obiettivo
di avere una metà della squadra formata da donne.

Si parte da qui. Maria Elena Boschi, renziana della prima ora, è un ingresso sicuro: alle Riforme o ai Rapporti col Parlamento. Federica Mogherini e Roberta Pinotti sono sempre in lizza per il dicastero della Difesa. La Bonino non rientra nei piani di Renzi ma potrebbe essere un nome indicato "di rigore" da Giorgio Napolitano. Un altro grande segno di discontinuità sarebbe mettere una donna al ministero dell'Economia, la poltrona più pesante del mazzo, ormai un vero premier-bis. Si arriva così al nome di Lucrezia Reichlin.

Napolitano ha consigliato a Renzi di consultare Mario Draghi per scegliere la persona giusta da presentare in Europa e al mondo. I colloqui con il presidente della Bce sono ormai quotidiani. A Draghi piace Reichlin. Raccontano però che lontani contatti tra l'economista e il sindaco siano andati maluccio. I due non si sarebbero presi.

Al mondo renziano piacerebbe invece Lorenzo Bini Smaghi. Nella logica del rapporto fiduciario, la scelta di Renzi cadrebbe sicuramente sull'ex membro del board Bce. Draghi però non è d'accordo. E si torna al punto di partenza. Con l'affacciarsi di un terzo incomodo: Fabrizio Barca. Direttore generale del Tesoro, ex ministro tecnico della Coesione territoriale, ha un legame abbastanza stretto con Renzi. Così diversi per linguaggio e per cultura, i due sentono di poter lavorare insieme. E quel nome è stato spesso pronunciato nella riunione di Palazzo Vecchio, ieri pomeriggio.

Da escludere invece nel capitolo femminile un trasloco di Laura Boldrini al governo. La presidente della Camera è stata sondata da alcuni ambasciatori renziani, ma ha risposto con un cortese e secco no. Su Montecitorio aveva messo una fiche Dario Franceschini che però prudentemente punta anche altro: l'Interno se Alfano cede o la Cultura.

I nomi nuovi sono l'assillo del premier in pectore. L'ad di Luxottica Andrea Guerra per ora resiste alle pressioni di Renzi. Alessandro Baricco è invece un nome vero e ancora in corsa. Sono due protagonisti della Leopolda, la manifestazione annuale organizzata da
Renzi, punto di forza della rottamazione antropologica del sindaco.

Ma il governo Leopolda, ossia un cambiamento radicale dei volti e del linguaggio della politica, non sembra possibile in questa fase. Allora Renzi ha da qualche ora puntato Luca di Montezemolo. Per un ministero di peso (Sviluppo economico) o per un incarico studiato su misura come il "marketing Italia", un ministro aggiunto.

Montezemolo naturalmente dovrebbe lasciare la Ferrari. Tra le conferme, oltre ai dirigenti dell'Ncd, appare scontata quella di Andrea Orlando all'Ambiente, sponsorizzato da associazioni come Legambiente che chiedono «continuità». La maggioranza può allargarsi da subito ai socialisti, con il segretario Riccardo Nencini in pista per lo Sport o la Cultura. Per Scelta civica sono papabili Stefania Giannini, Andrea Romano e Irene Tinagli.

Adesso Renzi si concentra sul giorno di consultazioni al Quirinale. Lui non ci sarà fisicamente perché in quello studio si parlerà solo di lui, ma i colloqui con il capo dello Stato sono frequentissimi. Napolitano ha fretta, ha fatto sapere che gli sarebbe piaciuto dare già lunedì sera un governo in carica al Paese. Per non avere contraccolpi sui mercati e per superare velocemente questa fase.

E' più probabile invece che l'incarico arriverà lunedì e che solo mercoledì Renzi possa tornare al Colle per giurare insieme con i suoi ministri. Al momento, i nodi da sciogliere sono troppi per immaginare uno sprint più veloce di questo. Con Alfano per esempio il sindaco non vuole affrontare solo l'argomento poltrone. C'è anche il punto fondamentale del carattere di un esecutivo che punta a essere di legislatura: l'Ncd continua a guardare a Berlusconi chiedendo di dare un profilo di servizio al nuovo governo. Renzi pretende un impegno "politico" della coalizione per reggere fino al 2018. Altrimenti c'è sempre la strada di una compagine scelta saltando le trattative politiche.

 

napolitano renzi GIORGIO NAPOLITANO E MARIO DRAGHIlucrezia reichlin RENZI E ALFANO ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BRUNO VESPA Maria Elena Boschi e Marianna Madia ROBERTA PINOTTI Lorenzo Bini Smaghi ANDREA GUERRAANDREA ORLANDOfranceschini leopolda

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