SE LA SECONDA REPUBBLICA ANNEGA NEL BUNGA E NELLA CORRUZIONE, LETTA-LETTA SI DEBERLUSCONIZZA E VOLA VERSO LA TERZA - ALLA LUISS È GIÀ IN GHINGHERI PER L’ITALIA BIPARTISAN DEL MONTI-BIS E LUI SERMONEGGIA CONTRO I “GRUPPI D’INTERESSI PARTICOLARI CHE FRENANO IL SISTEMA” (SENTI CHI PARLA!) - LO SCRANNO DA SENATORE A VITA È GIÀ PRONTO…

Fabrizio d'Esposito per il "Fatto quotidiano"

Che Paese l'Italia. Per vent'anni e passa Gianni Letta è stato ed è il cerimonioso Gran Visir romano del berlusconismo. L'emblema dell'andreottismo e del potere per il potere in cui è sprofondata la finta rivoluzione liberale di B., l'amico intoccabile del gentiluomo vaticano Angelo Balducci (cricca del G8) e del faccendiere pregiudicato Luigi Bisignani (P2 e P4), il morbido ponte degli inciuci tra destra e sinistra (e adesso tra B. e la coppia Monti-Napolitano), il garante della gerontocrazia di grand commis che occupa ministeri e Authority.

Un curriculum da divinità della Casta eterna a cavallo tra politica e lobby che però ieri ha entusiasmato un centinaio di laureati e studenti della Luiss. Un'ovazione addirittura nel segno di un tema impegnativo e solenne: "I laureati della Luiss per un Paese che cambia". A 77 anni, Gianni Letta, che Sergio Saviane soprannominò "Gianni Lecca Lecca" ("mai un pensiero spettinato"), si prenota un posto in prima fila nella Terza Repubblica della Grande Coalizione.

A Roma, il campus dell'università confindustriale è in viale Romania. Ai Parioli, ovviamente, il quartiere più ricco e borghese. Gianni Letta si presenta alle tredici in punto alla "Reunion 2012", due giorni di laboratori all'insegna di claim, closing session, driver, workshop, new jobs, green jobs e white jobs, networking, opening session, welcome coffee e business game, in cui studenti e laureati della Luiss fanno rete con ministri, amministratori delegati, manager, professionisti, giornalisti di grido.

Letta è il presidente onorario di Italiacamp, una nuova superlobby trasversale che nel comitato d'indirizzo assembla la Luiss (Pier Luigi Celli), Ferrovie dello Stato (Mauro Moretti), Inps (Antonio Mastrapasqua), Enel (Francesco Starace), Poste Italiane (Massimo Sarmi), Wind (Maximo Ibarra), Unipol (Carlo Cimbri), Fondazione Roma (Emmanuele Emanuele), Rcs (Pietro Scott Jovane) e Sisal (Augusto Fantozzi).

Altro presidente onorario è Antonio Catricalà, sodale di Letta e sottosegretario di Monti premier, che proprio al campus della Luiss, prima dell'intervento dell'amico "Gianni", profetizza un Monti-bis: "Se il Paese avrà bisogno di noi, non potremo tirarci indietro".

Alle 13 e 40 parla il ministro dell'Ambiente Corrado Clini, Letta ascolta e applaude. Il viso roseo, la chioma scolpita e le mani in grembo. Una posa curiale. La location è una chiesa. Interviene verso le 14 e 20. Si alza, beve un bicchiere d'acqua e inizia: "Difficile, se non impossibile, governare questo Paese, figuriamoci cambiarlo". Meglio tirare a campare, appunto. Letta fa la faccia grave e compunta. Si rifiuta di pronunciare la parola "declino", ricorda il boom degli anni Sessanta e si rincuora perché qui si respira "fiducia e speranza" .

La testa si muove lieve e le mani sono adagiate sul podio trasparente. Letta suona la sinfonia del cambiamento. A patto, però, di vincere "resistenze e veti incrociati di gruppi portatori d'interessi particolari". Com'è noto, il berlusconismo, la P4 e la cricca del G8 si sono sempre battute per il merito e la libera concorrenza contro le cooptazioni da salotto e da letto.

Letta contro gli i "gruppi d'interessi particolari" è una notizia che rimbomba forte. Cita Fabio Capello, emigrato perché in Italia si pensa solo alla "convenienze personali". Seguono applausi. Rinnega e accusa, Letta, pure la pubblica amministrazione e la burocrazia, incurante dei capi di gabinetto e dei segretari generali fatti nominare in decenni di potere: "Per cambiare e liberare la fantasia, la creatività, il talento, l'ingegno bisogna vincere anche le resistenze della pubblica amministrazione. La politica decide ma l'amministrazione non segue".

Se la prende con le "mille corporazioni che frenano il sistema" le "rotelline grigie che non fanno funzionare il meccanismo" del Paese alla perfezione (curiosità: di che colore era la rotellina del faccendiere Bisignani?). Il novello Letta cita Monti ma non Berlusconi. L'ex premier-ombra del Cavaliere parla come se fosse stato altrove in questi lustri. E adesso che è ritornato in patria sogna una nuova spinta contro la crisi. A lui magari servirebbe una spinta per fare il senatore a vita e continuare a vigilare sui grandi affari, dietro le quinte. Per carità, non per "convenienza personale" ma per il bene comune. Ci mancherebbe.

 

 

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