LO SGARBO QUOTIDIANO DEL SINDACO A PALLINI: “NON SI PUÒ VIVACCHIARE, SE LETTA NON FA NIENTE, MEGLIO CHE VADA A CASA”

Maria Teresa Meli per "Il Corriere della Sera"

«Io voglio andare oltre questa stagione»: è il ritornello che Matteo Renzi ama ripetere in questi giorni ai fedelissimi, agli amici e ai collaboratori. Con conseguente aggiunta: «Non mi faccio certo logorare da questo gruppo dirigente del Pd, né tanto meno soffocare dal governo delle larghe intese. Se Letta è in grado di fare delle cose utili per me è "ok", ma se il governo non riesce a fare niente, allora è bene che vada a casa presto, anzi prestissimo. Non si può pensare a vivacchiare in questa situazione».

Insomma, per farla breve, il sindaco rottamatore - che si dice pentito per aver chiesto che una parte del partito andasse al macero, salvo poi immaginare qualche altro nome da mandare dallo sfasciacarrozze - non vuole seguire la traiettoria dell'astro calante del Pd, che si attesta ormai intorno a uno striminzito 20 per cento.

Né vuole rimanere abbarbicato al governo, sacrificando sull'altare dell'esecutivo le sue idee e il suo modo di fare politica. Per questa ragione, pur avendo ripetuto fino alla nausea che non farà mai «sgambetti» a Enrico Letta, il primo cittadino del capoluogo toscano non intende rinunciare alle proprie battaglie.

Perciò, Renzi ha drizzato le antenne quando ha capito che Dario Franceschini, per difendere il governo, sta andando in giro a rilasciare messaggi rassicuranti sulla riforma della legge elettorale. Frasi del tipo, si cambierà poco o nulla, pena la fibrillazione della maggioranza. Ai compagni di partito il sindaco non ha nascosto perplessità e dubbi: «Capisco che dobbiamo salvaguardare il governo Letta, ma deve essere chiaro che la priorità è salvaguardare il Paese e, di conseguenza, il bipolarismo. Non si può passare dal Porcellum al "Porcellinum"».

Dunque, come sull'Imu, Renzi non è disposto a fare sconti al governo e al suo partito. Per questo motivo, senza nessun problema, il sindaco prende le distanze dalla rincorsa democratica alla Fiom e alla Cgil: «Non dobbiamo andare appresso ai sindacati perché un partito non vive di manifestazioni».

Sempre per la stessa ragione Renzi non pronuncerà mai un atto di fede acritico nei confronti del governo. Quello che pensa, il primo cittadino del capoluogo toscano lo ha spiegato chiaramente ai suoi parlamentari non più tardi di qualche giorno fa: «Questa è una situazione eccezionale e mi rendo perfettamente conto che si potrebbe arrivare addirittura fino al 2015. Berlusconi, che non è un fesso, non ha nessun vantaggio a far cadere il governo a ridosso dell'estate o subito dopo. Non è proprio aria. Però questo non vuol dire che il Pd debba restare zitto e buono: bisogna prendere l'iniziativa, dettare noi l'agenda e non stare sempre a giocare di rimessa con Berlusconi».

D'altra parte, che il Cavaliere non abbia intenzione alcuna di far cadere il governo Letta lo pensano un po' tutti al Partito democratico. Perché mai dovrebbe far saltare il tavolo quando è lui a dettare i tempi, quando persino in Rai, grazie al transfuga dell'Udc, ha la maggioranza in consiglio d'amministrazione? E infatti al Pd nessuno si illude che Berlusconi stacchi la spina. Però il partito freme e soffre e questo preoccupa lo stato maggiore del partito.

Il cosiddetto «patto di sindacato» (Epifani-Bersani-Letta-Franceschini) sta meditando l'opportunità di rinviare di qualche tempo il congresso, per evitare che le tensioni del partito si scarichino sul governo. Epifani già ha allungato i tempi per la nomina della segreteria: bisognerà aspettare le amministrative di fine maggio. Ma quello su cui si sta lavorando è lo slittamento delle assise nazionali all'inizio del prossimo anno: gennaio o febbraio del 2014. Renzi su questo punto non si schiera. Anzi si guarda bene dal prendere parte alle beghe del Pd. «Quel partito non si riesce a cambiare da dentro», ha confidato il sindaco rottamatore a un gruppo di sostenitori che lo vorrebbe alla segreteria.


Non solo: Renzi non vorrebbe nemmeno prendere parte per l'uno o per l'altro dei contendenti alla leadership del Pd. Per questo non si è sbracciato più di tanto in favore di Sergio Chiamparino, che pure stima molto. Ed è perciò che, tutto sommato, al sindaco un rinvio del congresso non dispiacerebbe. Non la pensa affatto così il leader dei «giovani turchi» Matteo Orfini: «Su questo siamo pronti a dare battaglia».

 

 

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