STAPPA IL PRODINO E BAFFINO MINACCIA QUERELE: “TRADITORE A CHI?”

Paolo Festuccia per "la Stampa"

Laura Puppato l'ha ribattezzata «la carica dei 101». Bersani li ha classificati «traditori». Ma Pippo Civati, ieri, ha esortato: state attenti, perché i «soliti protagonisti della politica italiana che ora chiamate così poi potreste ritrovarvi, tra qualche ora, a chiamarli ministri». Un colpo secco, che non spiazza la contraerea. Di che parla Civati? «E' singolare - attacca il capogruppo Speranza - che chi non ha votato Napolitano si permetta di dare lezione e di parlare di traditori». Già.

«Eppoi, se Civati sa chi ha tradito lo dica, io non addito nessuno. Il voto segreto è il vantaggio delle ipocrisie», puntualizza Franceschini, mentre a Montecitorio si è chiuso, tra gli applausi, il secondo atto del presidente Napolitano, e i «democratici» cercano ancora la bussola politica. Ci riproveranno oggi in direzione. C'è, infatti, chi tra le macerie parla di ricostruzione, chi cerca il regista del siluro a Prodi, e chi come Beppe Fioroni ricorre alla metafora del kebab, per diagnosticare l'eutanasia di un partito, che a forza di affettare «ne è rimasta solo una piccola parte».

Un pezzetto andato a Grillo, un altro ancora, forse, a Fabrizio Barca che ieri ha mosso i primi passi nella storica sede del Pd in via dei Giubbonari. Né un'opa ostile né un invasione territoriale (Barca è iscritto al Pd), ma un primo approccio tra i «calibri» del Pd che cannoneggiano a distanza.

Su Prodi e dintorni, e sul futuro governo. A cominciare da D'Alema, che fa vedere gli artigli: pronto a denunciare. Il casus belli, neanche a dirlo, è il parricidio del papà dell'Ulivo. Si cerca il mandante e la pistola fumante. «Una vergogna», attacca D'Alema. «Non c'è nessuna mia regia. Chi dice questo è un calunniatore», taglia corto il leader Maximo. Semmai la colpa - affonda - «è di chi lo ha candidato in modo francamente assurdo. Perché non si può tirare fuori in questo modo la candidatura di Romano Prodi senza una preparazione, senza un'alleanza».

Analisi, insomma, di una morte «quasi» annunciata. Che per la portavoce dell'ex premier dell'Ulivo, Sandra Zampa, «il professore aveva capito da subito». Lo aveva fiutato, «che non sarebbe stato mai eletto, e me lo aveva detto molte ore prima che i numeri lo certificassero».

I segnali, infatti, sarebbero giunti infatti sin al lontano Mali. Segnali precisi. Provenienti da alcune aree, che anche Carlo Galli ha raccontato (a «Radio città del Capo Bologna) di aver intuito sin dal mattino di venerdì scorso, durante l'imprimatur dei grandi elettori. Lì, secondo Galli - «una considerevole fazione dei presenti ha detto con il suo atteggiamento muto che si chiamava fuori».

Silenziosa, dunque. Come Prodi, che a Milano ai cronisti che gli chiedevano se il Pd facesse acqua, ha replicato solo, «tanto ce n'è così poca...». Ma di acqua sotto i ponti ne dovrà passare prima che nel Pd rimargino le ferite. Oggi alla direzione ci sarà anche Renzi e «dirò che al centrosinistra spetta il dovere di indicare un candidato».

Ma con quale governo? gli ha chiesto la Gruber a «Otto e Mezzo», «con un governo che sappia farsi carico dell'emergenza occupazionale e sociale». Perché, secondo il sindaco di Firenze, il nodo non è «la formula di governo ma la capacità di farsi carico dei problemi reali del Paese». Quindi il futuro.

«Non so a cosa mi candiderò...Io mi candido a cambiare il Paese, posso farlo anche da Firenze». Eppoi, non credo di «essere portato a gestire un partito, a meno che il Pd non cambi. Il Pd ha toccato il fondo in questa settimana, ma si può ripartire». E Bersani? «Ha preso atto del fallimento della propria strategia e ha lasciato il posto, questo è segno di serietà». Infine esclude che possa essere lui il premier incaricato. Ma chissà?

 

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