STRONZATE CONCORD-ATE - SCHETTINO NON È STATO L’UNICO A INANELLARE CAZZATE A BORDO DEL CONCORDIA: NESSUNO DEI SUOI COLLABORATORI HA FATTO NULLA PER ACCELERARE LE OPERAZIONI E PER DARE L’ALLARME - INSIEME A CAPITAN NAUFRAGIO SONO INDAGATI ANCHE IL VICE ROBERTO BOSIO E 5 UFFICIALI, PER COOPERAZIONE IN OMICIDIO COLPOSO PLURIMO, NAUFRAGIO E OMISSIONE DI COMUNICAZIONI ALLE AUTORITÀ MARITTIME - MESSI IN MEZZO ANCHE I VERTICI DELLA COSTA...

Grazia Longo per "la Stampa"

Da eroe ad indagato. Roberto Bosio, 47 anni, genovese, vice comandante della Costa Concordia avrebbe potuto evitare il disastro, ma non l'ha fatto. Secondo la procura di Grosseto, in base a precisi protocolli marittimi, aveva il potere di accelerare i tempi dell'allarme generale e dell'evacuazione della nave eppure non è intervenuto nei tempi necessari a salvare tutti i passeggeri.

Bosio però non ci sta e, al telefono, replica: «Non sono un eroe, ma ho fatto tutto ciò che era possibile per evitare la tragedia. Non posso aggiungere altro perché l'inchiesta è ancora in corso, ma sono tranquillo».

Ecco, dunque, lo scenario fotografato dagli inquirenti che hanno indagato il vice comandante e altri tre ufficiali di cooperazione in omicidio colposo plurimo, naufragio e omissione di comunicazioni alle autorità marittime. Da una parte, il comandante Francesco Schettino che prima «rallenta la nave per terminare con tranquillità la cena» in compagnia della bella moldava Domnica Cemortan, poi fa «nuovamente accelerare per non accumulare ritardo», dopo l'impatto con lo scoglio «non informa la capitaneria di porto di Livorno, omette inizialmente e comunque ritarda l'allarme generale» e - peggio ancora - «non privilegia la salvaguardia dell'integrità fisica delle persone» rispetto alla nave.

Dall'altra, il vice comandante Roberto Bosio che non solo «tollera ordini, comportamenti e omissioni incongrui e manifestamente pericolosi», ma «omette di intervenire direttamente e tempestivamente onde superare l'inerzia di Schettino per la salvaguardia delle persone a bordo; non attiva la procedura anti falla e non informa adeguatamente la terraferma».

Che dire? Più si va avanti nella lettura dell'ordinanza con cui il procuratore di Grosseto Francesco Verusio ha chiesto l'incidente probatorio per altri sette indagati (oltre al comandante e all'ufficiale di guardia Ciro Ambrosio), e più si resta sbalorditi. Non si salva nessuno. Secondo la procura, non solo il comandante, ma anche il suo vice e altri cinque ufficiali dimostrarono «imprudenza, negligenza e imperizia» oltre a «violazione di leggi, regolamenti, ordini e discipline».

L'epilogo è tristemente noto. Il naufragio ha coinvolto 4229 persone tra passeggeri ed equipaggio a bordo; 25 le vittime accertate, 7 i dispersi. Davvero non si poteva evitare il disastro di quella maledetta notte? Secondo l'accusa, la sera del 13 gennaio la Costa Concordia è stato teatro di un errore dietro l'altro. Da parte degli ufficiali, ma anche dei tre vertici della Compagnia di navigazione Roberto Ferrarini, Manfred Ursprunger e Paolo Parodi, i quali hanno proceduto «omettendo di verificare adeguatamente le incongrue informazioni fornite dal comandante in merito alla collisione e al blackout».

E ancora: «Non hanno predisposto misure tali da assicurare la salvezza in mare, prevenire lesioni alle persone o perdite di vite umane». E se per i pm Schettino commise diversi errori, è altrettanto criticabile l'atteggiamento degli altri ufficiali.

A partire dal vice comandante: seppe nel giro di un quarto d'ora, come gli altri presenti, che la nave non poteva più galleggiare ma non intervenne, pur potendo farlo. Bosio e gli altri tre nuovi ufficiali indagati (Silvia Coronica, Salvatore Ursino, Andrea Bongiovanni) usufruiscono della tutela legale della Costa Crociere. Che ha invece scaricato il comandante, difeso dallo studio dell'avvocato di Grosseto Bruno Leporatti. Assistenza legale da parte dell'armatore anche per i tre manager Costa. Negli atti, contro Schettino, si legge anche che usava, e faceva usare al cartografo Simone Canessa, carte nautiche inadeguate, su grande scala, tali da non evidenziare nel dettaglio gli scogli.

Per legge se ne sarebbe dovute procurare di adatte, sarebbe stato suo compito, non della compagnia come, invece, sostiene il suo avvocato. «Schettino non ci sta a fare il capro espiatorio - afferma Leporatti -, e si dichiara disposto ad assumersi le sue responsabilità, ma non è disposto ad accettare l'immagine di un mostro che ha condotto una nave su uno scoglio». Il ministero dell'Interno e quello delle Infrastrutture e dei Trasporti si sono costituiti parti offese nell'inchiesta.

E il ministero dell'Ambiente annuncia che si costituirà parte civile per «far valere in giudizio eventuali danni ambientali». Stamattina, intanto, la procura di Grosseto presenterà in Cassazione il ricorso contro il Tribunale del riesame di Firenze, che il 7 febbraio ha confermato la decisione con cui il gip ha stabilito gli arresti domiciliari - al posto del carcere - per il comandante Schettino.

 

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