MEZZOGIORNO DI FUOCO PER MATTEUCCIO - AL SUD L’EFFETTO-RENZI È MOLTO DEBOLE: IN SICILIA IL PRIMO PARTITO È IL MOVIMENTO CINQUE STELLE CHE È MOLTO FORTE ANCHE IN CAMPANIA, CALABRIA E PUGLIA

Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"

«C'è chi vorrebbe far credere che in realtà il governo non fa niente, si limita agli annunci, ma così non è e così non sarà. È propaganda elettorale per le Europee. Noi faremo la riforma del Senato nei tempi previsti»: è un Matteo Renzi che mostra la faccia della determinazione, quello che si è presenta al seminario convocato dal Pd e gestito dalla ministra Maria Elena Boschi.

È «pronto al confronto», come con i sindacati su altre materie, ma è ancora attaccato al suo motto: «Il governo ascolta, modifica, accoglie i consigli, però non è disposto a una trattativa infinita, perché poi c'è il rischio di restare fermi, di non fare niente di niente, com'è sempre stato in Italia».

Sono direttive politiche, è chiaro. Che declinate in Parlamento non bloccano il dialogo. Anzi. A patto che si vada avanti e che non ci si fermi. «Di riunioni di direzione, assemblee di senatori, ne abbiamo fatte tante, chi può dire che non c'è democrazia?», chiede retoricamente il premier agli amici.

Renzi è «molto soddisfatto» per l'esito del seminario: «Oltre 30 costituzionalisti, di tutti gli orientamenti nell'ambito del centrosinistra, hanno convenuto sulla necessità della riforma». L'obiettivo adesso è quello di «presentare il testo base del governo accompagnato da un ordine del giorno con le linee politiche delle modifiche proposte». Dunque, sono le conclusioni che il presidente del Consiglio affida ai suoi, «possiamo andare avanti spediti e determinati sulla riforma secondo la tempistica decisa». E allora «ci saranno modifiche, com'è normale che sia, ma la riforma si farà nei tempi previsti».

Il presidente del Consiglio ha chiari i suoi obiettivi. E anche quelli dei suoi avversari: «Grillo vuole dimostrare che non siamo capaci di fare nulla. Ha detto che gli 80 euro sono una farsa. Ha strumentalizzato la vicenda della partita di Coppa Italia. Ora si prepara a dire che la riforma fa schifo e che, comunque, non siamo in grado di farla», spiega ad alcuni parlamentari. L'inquilino di palazzo Chigi sa che il Pd andrà bene il 25 maggio.

Il risultato del partito oltrepasserà il 30 per cento. Però è conscio del fatto che questo non basta, perché la sua prima sfida elettorale sarà decisiva, tanto più che non è passato per le urne prima di andare a palazzo Chigi. E se la percentuale non sarà quella auspicata qualcuno potrebbe rinfacciarglielo.

Non solo. Anche se dice di «non seguire i sondaggi» (il che è anche vero, per quel che riguarda almeno il bottino elettorale del Pd), ogni settimana ha sulla scrivania le rilevazioni che riguardano il Movimento Cinquestelle, che, è lui a dirlo, «va alla grande». Renzi non ha paura del sorpasso, perché è una prospettiva che non emerge da nessuno studio degli uffici di rilevazione, però vorrebbe cambiare verso ai risultati del Sud.

Al momento, infatti, il movimento di Grillo è il primo partito in Sicilia (ma non in Sardegna) e al Sud. Le puntate del premier in quella parte d'Italia saranno sporadiche e misurate perché non vuole farsi attribuire i non eccellenti risultati del suo partito. Tanto più che tutti sanno, sondaggisti in testa, che è Renzi che prende i voti e che i suoi consensi non si trasferiscono in toto al partito democratico.

Non alle europee, almeno. Quindi perché mettere la faccia sul risultato del Mezzogiorno le cui responsabilità sono tutte del partito e non sue? Alle politiche sarà un'altra storia perché per quella data il nome di Renzi sarà sul simbolo.

Tornando alle riforme, una volta chiuse le urne, il premier si renderà più disponibile alle modifiche che riguardano la riforma del Senato. Incluse quelle che mirano a ottenere un premierato più forte o una sorta di presidenzialismo.

Non è un mistero che Renzi punti a questo obiettivo. Alle «corsie preferenziali» per le leggi e anche a poter revocare i ministri, perché, è il suo ritornello, «il premier deve avere la possibilità di mantenere la sintonia con la sua compagine governativa». Ma questo è un capitolo che si potrà aprire solo dopo il voto, dato che adesso accenderebbe un altro dibattito e nuove polemiche di cui il presidente del Consiglio non sente certo il bisogno.

 

RENZI E GRILLO a bbed a aee b ae aad Beppe Grillo al termine dellincontro con Matteo Renzi b f b fc f ac b e c ac grillo beppe grillo twitta renzi voltagabbana live

Ultimi Dagoreport

donald trump vladimir putin giorgia meloni

DAGOREPORT - IL VERTICE DELLA CASA BIANCA È STATO IL PIÙ  SURREALE E “MALATO” DELLA STORIA POLITICA INTERNAZIONALE, CON I LEADER EUROPEI E ZELENSKY IN GINOCCHIO DA TRUMP PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L’UCRAINA – LA REGIA TRUMPIANA: MELONI ALLA SINISTRA DEL "PADRINO", NEL RUOLO DI “PON-PON GIRL”, E MACRON, NEMICO NUMERO UNO, A DESTRA. MERZ, STARMER E URSULA, SBATTUTI AI MARGINI – IL COLMO?QUANDO TRUMP È SCOMPARSO PER 40-MINUTI-40 PER “AGGIORNARE” PUTIN ED È TORNATO RIMANGIANDOSI IL CESSATE IL FUOCO (MEJO LA TRATTATIVA PER LA PACE, COSÌ I RUSSI CONTINUANO A BOMBARDARE E AVANZARE) – QUANDO MERZ HA PROVATO A INSISTERE SULLA TREGUA, CI HA PENSATO LA TRUMPISTA DELLA GARBATELLA A “COMMENTARE” CON OCCHI SPACCANTI E ROTEANTI: MA COME SI PERMETTE ST'IMBECILLE DI CONTRADDIRE "THE GREAT DONALD"? - CILIEGINA SULLA TORTA MARCIA DELLA CASA BIANCA: È STATA PROPRIO LA TRUMPETTA, CHE SE NE FOTTE DELLE REGOLE DEMOCRATICHE, A SUGGERIRE ALL'IDIOTA IN CHIEF DI EVITARE LE DOMANDE DEI GIORNALISTI... - VIDEO

francesco milleri gaetano caltagrino christine lagarde alberto nagel mediobanca

TRA FRANCO E FRANCO(FORTE), C'E' DI MEZZO MPS - SECONDO "LA STAMPA", SULLE AMBIZIONI DI CALTAGIRONE E MILLERI DI CONTROLLARE BANCHE E ASSICURAZIONI PESA L’INCOGNITA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA - CERTO, PUR AVENDO IL 30% DI MEDIOBANCA, I DUE IMPRENDITORI NON POSSONO DECIDERE LA GOVERNANCE PERCHÉ NON HANNO REQUISITI DETTATI DALLA BCE (UNO FA OCCHIALI, L'ALTRO CEMENTO) - MA "LA STAMPA"

DIMENTICA, AHINOI!, LA PRESENZA DELLA BANCA SENESE, CHE I REQUISITI BCE LI HA TUTTI (E IL CEO DI MPS, LOVAGLIO, E' NELLE MANI DELLA COMPAGNIA CALTA-MELONI) - COSA SUCCEDERÀ IN CASO DI CONQUISTA DI MEDIOBANCA E DI GENERALI? LOR SIGNORI INDICHERANNO A LOVAGLIO DI NOMINARE SUBITO IL SOSTITUTO DI NAGEL (FABRIZIO PALERMO?), MENTRE TERRANNO DONNET FINO ALL'ASSEMBLEA DI GENERALI (POI SBARCHERA' FLAVIO CATTANEO?)

donald trump grandi della terra differenza mandati

FLASH! - FA MALE AMMETTERLO, MA HA VINTO DONALD TRUMP: NEL 2018, AL G7 IN CANADA, IL TYCOON FU FOTOGRAFATO SEDUTO, COME UNO SCOLARO CIUCCIO, MENTRE VENIVA REDARGUITO DALLA MAESTRINA ANGELA MERKEL E DAGLI ALTRI LEADER DEL G7. IERI, A WASHINGTON, ERA LUI A DOMINARE LA SCENA, SEDUTO COME DON VITO CORLEONE ALLA CASA BIANCA. I CAPI DI STATO E DI GOVERNO EUROPEI, ACCORSI A BACIARGLI LA PANTOFOLA PER CONVINCERLO A NON ABBANDONARE L'UCRAINA, NON HANNO MAI OSATO CONTRADDIRLO, E GLI HANNO LECCATO VERGOGNOSAMENTE IL CULO, RIEMPIENDOLO DI LODI E SALAMELECCHI...

pietrangelo buttafuoco alessandro giuli beatrice venezi

DAGOREPORT – PIÙ CHE DELL’EGEMONIA CULTURALE DELLA SINISTRA, GIULI E CAMERATI DOVREBBERO PARLARCI DELLA SEMPLICE E PERENNE EGEMONIA DELL’AMICHETTISMO E DELLA BUROCRAZIA – PIAZZATI I FEDELISSIMI E GLI AMICHETTISSIMI (LA PROSSIMA SARÀ LA DIRETTRICE DEL LATO B VENEZI, CHE VOCI INSISTENTI DANNO IN ARRIVO ALLA FENICE), LA DESTRA MELONIANA NON È RIUSCITA A INTACCARE NÉ LO STRAPOTERE BARONALE DELLE UNIVERSITÀ NÉ LE NOMINE DIRIGENZIALI DEL MIC. E I GIORNALI NON NE PARLANO PERCHÉ VA BENE SIA ALLA DESTRA (CHE NON SA CERCARE I MERITEVOLI) CHE ALLA SINISTRA (I BUROCRATI SONO PER LO PIÙ SUOI)

donald trump giorgia meloni zelensky macron tusk starmer

DAGOREPORT - DOVE DIAVOLO È FINITO L’ATTEGGIAMENTO CRITICO FINO AL DISPREZZO DI GIORGIA MELONI SULLA ‘’COALIZIONE DEI VOLENTEROSI”? - OGGI LA RITROVIAMO VISPA E QUERULA POSIZIONATA SULL'ASSE FRANCO-TEDESCO-BRITANNICO, SEMPRE PRECISANDO DI “CONTINUARE A LAVORARE AL FIANCO DEGLI USA” - CHE IL CAMALEONTISMO SIA UNA MALATTIA INFANTILE DEL MELONISMO SONO PIENE LE CRONACHE: IERI ANDAVA DA BIDEN E FACEVA L’ANTI TRUMP, POI VOLA DA MACRON E FA L’ANTI LE PEN, ARRIVA A BRUXELLES E FA L’ANTI ORBÁN, INCONTRA CON MERZ E FA L’ANTI AFD, VA A TUNISI E FA L’ANTI SALVINI. UNA, NESSUNA, CENTOMILA - A MANTENERE OGNI GIORNO IL VOLUME ALTO DELLA GRANCASSA DELLA “NARRAZIONE MULTI-TASKING” DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA, OLTRE AI FOGLI DI DESTRA, CORRONO IN SOCCORSO LE PAGINE DI POLITICA INTERNA DEL “CORRIERE DELLA SERA”: ‘’PARE CHE IERI MACRON SI SIA INALBERATO DI FRONTE ALL’IPOTESI DI UN SUMMIT A ROMA, PROPONENDO SEMMAI GINEVRA. MELONI CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO” - SÌ, C’È SCRITTO PROPRIO COSÌ: “CON UNA BATTUTA LO AVREBBE CALMATO”, MANCO AVESSE DAVANTI UN LOLLOBRIGIDA QUALSIASI ANZICHÉ IL PRESIDENTE DELL’UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E MEMBRO PERMANENTE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU (CINA, FRANCIA, RUSSIA, REGNO UNITO E USA) - RIUSCIRÀ STASERA L’EROINA DAI MILLE VOLTI A COMPIERE IL MIRACOLO DELLA ‘’SIRINGA PIENA E MOGLIE DROGATA’’, FACENDO FELICI TRUMP E MACRON?