SUPER RENZI CONTRO TUTTI - CE LA FARA' IL NOSTRO EROE A SPAZZARE VIA LE ULTIME RESISTENZE DELLA CAMUSSO, DELLA RAI, DELLA ANM, DEL VECCHIO PD O GLI OPPOSITORI CRESCERANNO FINO A CHE NON SI MAGNERANNO PITTIBIMBO?

Carlo Puca per “Panorama.it”

 

renzi biciclettarenzi bicicletta

Giulio Cesare fu anche Gaio, di nome e di fatto. Il personaggio più celebre della storia romana condusse una vita divertente e divertita, segnata dalle feste di una corte (quasi) unanime di discepoli. Proprio come il protagonista più osannato dalla cronaca contemporanea, Matteo "Cesare" Renzi, immerso pure lui tra baccanali mediatici e adepti adoranti. E poi Gaio Giulio Cesare e Matteo Renzi hanno entrambi fama di grandissimi oratori e buoni scrittori.

 

Né mancano altre similitudini: l’uno è stato condottiero di un esercito e l’altro degli scout; l’uno console, l’altro sindaco; l’uno, infine, dittatore per via militare, l’altro autocrate causa elezioni europee. La grande differenza può essere la fine della storia: Giulio fece innervosire Bruto e perciò morì per mano sua (e di altri); Matteo i pochi potenziali Bruto rimasti su piazza cercherà invece di ammazzarli lui, alla sua maniera: disarmandoli.

 

RENZI E CAMUSSORENZI E CAMUSSO

Susanna Camusso. La segretaria della Cgil pensa ancora di poter minacciare il governo con i parlamentari figli del Bersanismo. Il Pd è colmo di eletti cigiellini, alla Camera soprattutto, dove in molti si sono accomodati nella commissione Lavoro decisiva per l’approvazione del "Jobs act": su 21 deputati democratici, 10 arrivano dalla Cgil (compreso il presidente Cesare Damiano). Camusso e tentata di farsi Bruto ma purtroppo per lei, i suddetti si sono già silenziosamente accodati a Renzi, complici lo stipendio e udite udite Massimo D’Alema. L’ex premier ha infatti suggerito loro di "ascoltare di più il governo". Un modo elegante per dire: "Volete farvi asfaltare insieme a Susanna?".

 

democ21 pierluigi bersani enrico lettademoc21 pierluigi bersani enrico letta

Ma c’è di più. Lo schema di Maurizio Landini, numero uno della Fiom e sostenitore di Renzi, ha aperto un varco. Al punto che cominciano ad affacciarsi riservatamente da lui alcuni "diversamente cigiellini". Sono leader periferici, pronti alla lotta per "far sorgere il sindacato dell’avvenire". Auguri.

 

MASSIMO DALEMA GIOCA A CALCIO MASSIMO DALEMA GIOCA A CALCIO

Vittorio Di Trapani. Renzi tiene a far sapere che apprezza lo sforzo manageriale e i risultati di bilancio del direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi. Ciononostante, evita accuratamente di incontrarlo. Perché? Propaganda, anzitutto, secondo la quale il premier discute solo di massimi sistemi. E vabbè. Però c’è un sistema grande come l’etere: si possono imporre d’emblée 150 milioni di tagli senza un piano strutturale?

VITTORIO DI TRAPANI jpegVITTORIO DI TRAPANI jpeg

 

L’Usigrai, il sindacato interno guidato da Vittorio Di Trapani, preme affinché "Renzi agisca subito: fissi le tappe" della riforma Rai "con tempi certi e serrati". In verità, il sottosegretario Alberto Giacomelli è ben pronto. Il suo piano prevede: canone più basso e contestuale lotta all’evasione; RaiUno con la pubblicità, RaiDue e RaiTre senza; rinnovo della concessione statale entro il 2015; tetto agli ingaggi; alienazione di parte del patrimonio immobiliare; riduzione delle spese per le sedi locali.

 

Luigi Gubitosi Luigi Gubitosi

Lo sciopero dell’11 giugno sembra scongiurato, non la rottura. Perché seguendo le orme di Roberto Fico, alle Europee il "partito Rai" si è fatto grillino. Finito male nelle urne, è venuto a più miti consigli, anche per le sponde "naturali" (i cosiddetti "Rainziani") trovate in azienda. Al punto che l’Usigrai appare un Bruto pieno di rabbia ma privo del pugnale.

 

MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN

Pier Carlo Padoan. Sono amici-avversari il premier e il suo ministro dell’Economia. Questione di caratteri, esuberante il primo, rigoroso il secondo. Finora l’ottimismo mediatico del primo ha debordato. Se però i dati dovessero continuare a essere negativi, Padoan costringerebbe il Paese a un bagno di realtà (e l’ultimo bollettino Istat rivela che la disoccupazione è al record del 13,6 per cento). Tutto questo mentre i burocrati ministeriali ridacchiano nell’ascoltare le ricette governative: le ritengono un libro dei sogni. Forse hanno torto, forse no, di certo sono schierati come un sol uomo contro Renzi.

 

Rodolfo SabelliRodolfo Sabelli

Che medita vendette, a suo modo costruttive. Con il fidato Graziano Delrio, il premier lavora a un decreto legge, finora segretato, per ridimensionarne il peso nei dicasteri. Un decreto che corre parallelo all’annunciato "Sblocca Italia". Si stanno limando gli ultimi commi, utili per scansare eventuali ricorsi alla Corte costituzionale. Anche se, grazie alla sponda di Giorgio Napolitano, è difficile immaginare una Consulta pronta a brutalizzare il novello Cesare.

 

Aurelio Regina Pietro Grasso Aurelio Regina Pietro Grasso

Rosario Crocetta. Se il partito nazionale è ormai un monocolore renziano, a livello locale permangono sacche di resistenza. Certe federazioni regionali e provinciali "sono fogne. Prima o poi dovremo occuparcene, commissariamo tutto e non se ne parli più" (la confidenza è dello stesso Renzi al "Giglio magico"). Nel mirino ci sono Campania, Lazio, Calabria, Umbria e Sicilia, dove il tempo politico lo scandisce ancora l’abbrutito (politicamente, sia chiaro) Rosario Crocetta. È un tempo che sta per scadere: nell’Isola il premier vuole cambiare. Candidato unico: il fedelissimo Davide Faraone.

Rodolfo Sabelli. Renzi aveva già recuperato al Pd il principio del garantismo, chiamando nel suo governo diversi indagati. Poi ha chiesto di "portare lo stipendio dei magistrati da 311 mila a 240 mila euro". Infine è arrivato l’annuncio "per giugno" della riforma della giustizia. Apriti cielo: tra le toghe dell’Associazione nazionale magistrati è scoppiata la rivolta, a partire dal presidente Rodolfo Sabelli.

 

Il premier ha però evitato il muro contro muro, coinvolgendo magistrati stimatissimi, come Raffaele Cantone e Nicola Gratteri, e delegando sotto traccia al ministro Andrea Orlando testi di riforma accettabili da tutte le parti in causa. Anm esclusa, però: l’ipotesi è che dirà di "no" a prescindere. Ed ecco perché Renzi le sta facendo terra bruciata attorno. Isolata, contro Cesare pure la (ex?) potentissima Anm poco o nulla può.

 

PIETRO GRASSO  PIETRO GRASSO

Pietro Grasso. Alla fine, tra tanti Bruto virtuali e disarmati, ne rimane soltanto uno equipaggiato di tutto punto. Uno che ha già litigato con il premier sull’abolizione del Senato. Uno che a Palazzo Madama piace a tutti, grillini compresi, al punto da renderlo un autorevole candidato per il Quirinale. In più Pietro Grasso è un figlio illegittimo del renzismo, proprio come Bruto lo fu di Cesare. Dovesse palesarsi quale capo dei congiurati, bisognerebbe per forza recuperare il Brutus di Cicerone: "Nulla che sia del tutto nuovo è perfetto". Renzi compreso.

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?