descalzi

TANGENTI ENI - I PM: UN MANAGER DI DESCALZI HA ORDITO IL DEPISTAGGIO – ZINGALES (COSTRETTO ALLE DIMISSIONI DAL CDA): “IL PIÙ GRAVE SCANDALO DELLA STORIA DELLA REPUBBLICA. COMMISSARIATE LA SOCIETA’” – POSSIBILE CHE MANTOVANI, ALL'EPOCA RESPONSABILE DEL SERVIZIO LEGALE DELL'ENI E ATTUALMENTE UNO DEI PIU' ALTI DIRIGENTI, ABBIA FATTO TUTTO ALL’OSCURO DEL CAPO? 

 

1. IL BRACCIO DESTRO DELL’AD E’ LA MENTE

Paolo Colonnello per la Stampa

 

LO STATO PARALLELO ENI ANDREA GRECO GIUSEPPE ODDO

«Appare evidente che le attività illecite non possano che essersi svolte con il coinvolgimento del manager di Eni Spa che avrebbe dato le indicazioni necessarie all' avvocato Amara per l' organizzazione dell' attività di depistaggio descritta e che tale manager debba plausibilmente individuarsi nella persona di Mantovani».

 

Massimo Mantovani

Nel decreto di perquisizione con cui l' altro ieri la Gdf di Milano si è presentata negli uffici e nelle abitazioni di Massimo Mantovani ex responsabile dell' ufficio legale Eni e attualmente uno dei più importanti manager del gruppo, questa storia di veleni e depistaggi giocata tra Trani e Siracusa per colpire le inchieste di Milano sulla corruzione internazionale di Eni, emergono due cose.

 

La prima è che ancora non sono stati individuati tutti i responsabili di questa storia, persone evidentemente in posizione di responsabilità nell' Eni, a conoscenza di alcune informazioni "riservate e interne" del gruppo utilizzate per costruire le denunce sul falso complotto che si stava inscenando davanti al pm di Siracusa Giancarlo Longo, arrestato l' altro ieri. La seconda è che Mantovani, "Max" per amici e compari, «era a conoscenza di tutto», come emerge da una mail tra un altro responsabile degli affari legali, Mario Cristiano Maspero e l' avvocato Pietro Amara, parte attiva del depistaggio, legale dell' Eni a Siracusa e amicone del pm arrestato.

 

descalzi

Mantovani, che ieri si trovava in Tunisia, per i pm è uomo vicinissimo all' Ad Claudio Descalzi, tanto che tutt' ora, «nonostante il passaggio a nuovo incarico, ha continuato a seguire in forza alla delega ricevuta dall' amministratore, i processi penali instaurati dalla Procura della Repubblica di Milano». E secondo la prospettiva accusatoria, sarebbe il "mandante" del gruppo che avrebbe manovrato per far apparire Descalzi, vittima di un complotto inesistente.

 

 

KARINA LITVACK

Fatto ancor più grave se si pensa che l' Eni è una società controllata dallo Stato attraverso la "golden share" saldamente detenuta nelle mani del Ministero delle Finanze. Non a caso l' economista Luigi Zingales, ex consigliere indipendente di Eni e tra le "vittime" vere del finto complotto (venne indagato a Siracusa come ispiratore delle manovre anti Descalzi) ieri ha chiesto il commissariamento della multinazionale italiana del petrolio.

 

Il finto complotto infatti era prodromico a inquinare l' inchiesta sulla corruzione internazionale con cui il gran capo di Eni è stato rinviato a giudizio in un processo che comincerà il 5 marzo prossimo a Milano per stabilire l' esistenza di un a tangente "monstre" di 1 miliardo e 350 milioni di dollari destinati in parte al governo nigeriano, per ottenere l' appalto di una ricchissima commessa per pozzi petroliferi, e in parte, sospettano i pm, a politici nostrani, con il classico sistema dei fondi neri rientrati in patria e la mediazione dell' onnipresente Luigi Bisignani, già travolto da Mani Pulite.

 

CARLO FEDERICO GROSSO

E' in questo "milieu" di affari opachi, servizi segreti e faccendieri vari, che la trama ordita tra Siracusa e San Donato avrebbe coinvolto, loro malgrado anche avvocati come Carlo Federico Grosso e Maspero, i quali proprio da Mantovani ricevettero l' incarico di rappresentare l' Eni come parte lesa a Siracusa.

 

Sarebbero stati i due legali, ovvero Grosso e Maspero, scrive il pm nel provvedimento, ad aver fornito «elementi utili per l' identificazione di Mantovani quale manager di Eni implicato nell' attività di depistaggio». Infine, i magistrati accusano il manager Eni di aver mentito anche sui suoi rapporti con l' avvocato Amara, conosciuto almeno fin dal 2014, ben prima che partisse il depistaggio.

 

2. L' INCHIESTA ARRIVA ALLA CATENA DI POTERE DEL RENZISMO

Alessandro Da Rold per la Verità

 

ENI NIGERIA

Qual è stato il ruolo di Massimo Mantovani, ex responsabile dell' ufficio legale di Eni, nel tentativo di depistaggio «siculo» che avrebbe potuto condizionare l' inchiesta di Milano sulle presunte tangenti in Nigeria dove è stato rinviato a giudizio per corruzione l' amministratore delegato Claudio Descalzi?

 

È questa la domanda che si fanno i magistrati milanesi, i quali ieri hanno perquisito l' abitazione e l' ufficio di Mantovani, tra i dirigenti più importanti del cane a sei zampe, sotto indagine per associazione per delinquere finalizzata al depistaggio insieme con un altro avvocato (esterno) di Eni, Piero Amara, considerato dai pm il regista di quel finto complotto contro Descalzi poi archiviato sempre a Milano.

 

INFLUENTE

report gabanelli su eni 3

 

C' è però un filo rosso che la Procura di Milano sta portando avanti nel procedimento a carico di Mantovani. È un filo che potrebbe rivelare sorprese, accendendo una luce anche sul ruolo che avrebbe potuto avere in questa strana vicenda lo stesso Descalzi, nominato ad di Eni nel 2014 da Matteo Renzi e confermato nel 2017 da Paolo Gentiloni. Ma soprattutto potrebbe fare chiarezza sul coinvolgimento del Giglio magico, anche perché fu proprio la Procura di Siracusa, dopo aver sentito l' imprenditore Andrea Bacci (socio di Amara) nel 2016, a chiedere di ascoltare anche l' ex sottosegretario Luca Lotti e il fedelissimo Pd Marco Carrai.

 

FABIO DE PASQUALE

Le domande sono semplici. Ci fu un tentativo di proteggere Descalzi, sotto assedio per l' affair Nigeria, con l' invenzione di un falso complotto contro di lui? E da chi fu ideato? «Eni confida nella correttezza dell' operato del proprio management nell' ambito della vicenda e avvierà come in ogni altra circostanza analoga le opportune verifiche interne», spiega l' azienda. «Eni, non indagata, auspica che si faccia quanto prima chiarezza sui fatti oggetto di indagine». Ma secondo la Procura di Milano Mantovani sapeva «tutto» del depistaggio e i rapporti con Amara erano risalenti nel tempo e connotati da una certa ambiguità.

andrea bacci1

 

Mantovani è uno degli avvocati più importanti in Italia. Parlare di lui significa raccontare un dirigente che fino alla fine del 2016, quando fu spostato alla divisione gas, era considerato il numero due di Descalzi, a cui doveva rendere conto gestendo tutta la parte legale dell' azienda, in Italia e all' estero. Cresciuto in Snam, poi portato dall' ex ad Paolo Scaroni in Eni nel 2007 come general counsel, chi lo conosce bene lo definisce di «grande intelligenza» e con «smania di crescere». Non solo.

 

LUCA LOTTI E TIZIANO RENZI

C' è chi ricorda come fosse stato sempre lui a tenere spesso testa al pm Fabio De Pasquale, che da anni indaga sulle presunte tangenti del cane a sei zampe. Nei corridoi di San Donato c' è infine chi sottolinea come negli ultimi anni Mantovani avrebbe coltivato rapporti sempre più stretti proprio con Lotti per puntare forse in futuro alla sedia massima di Eni. Veleni che escono alla vigilia delle elezioni e in vista di un possibile rinnovo dei vertici?

 

LA VERSIONE DI ZINGALES

Secondo i magistrati di Milano Mantovani e Amara avrebbero agito di comune accordo nel tentativo di depistare i magistrati milanesi. Non a caso i primi avvisi di garanzia vengono spiccati nel settembre del 2017, proprio quando il gip Stefania Pepe aveva disposto l' archiviazione dell' inchiesta di un presunto complotto a danno di Descalzi, ordito, secondo denunce rivelatesi false, dal consigliere indipendente di Eni Karina Litvoack, dall' ex consigliere indipendente del gruppo Luigi Zingales e dall' ex ad di Saipem Umberto Vergine.

 

LUIGI ZINGALES

Di sicuro c' è che i primi due non sono più nel cda da quasi tre anni. Il terzo è stato spostato, lasciando il suo posto proprio a Mantovani. Su questo cambio in corsa l' azienda precisa con La Verità che «rientra nella normale rotazione che i manager apicali dell' azienda possono seguire a seconda del proprio percorso di crescita professionale. Umberto Vergine è stato nominato ad di Eni international (società dalla quale dipendono tutte le controllate estere upstream di Eni) e lo è tutt' ora».

 

In ogni caso Zingales si dimise il 3 luglio 2015 «per non riconciliabili differenze di opinione sul ruolo del consiglio nella gestione della società». Da quel che hanno ricostruito inchieste giornalistiche e giudiziarie, la scelta dell' economista di Boston fu dovuta a divergenze proprio con Mantovani sulla gestione degli affari di Eni in Africa.

RENZI E GENTILONI

 

Ieri Zingales ha detto all' Ansa che, se le accuse all' ex top legal saranno confermate, «si tratterebbe del più grave scandalo della storia della Repubblica italiana: uno dei massimi dirigenti di un' impresa controllata dallo Stato che depista le indagini per rendere inefficaci i controlli sulla società cui appartiene e permetterle di agire come entità autonoma, al di fuori della legge».

 

E ha chiesto «che Eni nomini immediatamente un commissario esterno indipendente, di fiducia del governo, con pieni poteri di indagine al fine di rassicurare i cittadini italiani che, non solo a parole, ma anche nei fatti, sia lo Stato a controllare l' Eni e non l' Eni lo Stato».

Ultimi Dagoreport

pupi avati antonio tajani

DAGOREPORT! PUPI, CHIAGNE E FOTTI – ASCESE, CADUTE E AMBIZIONI SBAGLIATE DI PUPI AVATI, “CONSIGLIERE PER LE TEMATICHE AFFERENTI AL SETTORE DELLA CULTURA” DI ANTONIO TAJANI - IL REGISTA CHE AI DAVID HA TIRATO STOCCATE ALLA SOTTOSEGRETARIA AL MIC, LUCIA BORGONZONI, È LO STESSO CHE HA OTTENUTO DAL DICASTERO FONDI PER OLTRE 8 MILIONI DI EURO TRA IL 2017 E IL 2023 – L’IDEA DI UN MINISTERO DEL CINEMA AVALLATA DA TAJANI (“IL GOVERNO VALUTERÀ") PER TOGLIERE I QUASI 700 MILIONI DI EURO CHE IL MIC HA IN PANCIA PER PROMUOVERE, A SPESE DEI CITTADINI, IL CINEMA ITALICO – IL SEQUESTRO DEI BENI PER EVASIONE IVA DA 1,3 MILIONI CON L'INCREDIBILE REPLICA DI PUPI: “NON E’ UN BEL MOMENTO PER IL CINEMA ITALIANO...” - LA SUA SOCIETA', ‘’DUEA FILM’’, CHE DA VISURA PRESSO LA CAMERA DI COMMERCIO DI ROMA È IN REGIME DI CONCORDATO PREVENTIVO, DEVE A CINECITTÀ CIRCA 400 MILA EURO PER UTILIZZO DEGLI STUDI - L’86ENNE AVATI STA PER INIZIARE IL SUO 46ESIMO FILM (“NEL TEPORE DEL BALLO”) PER UN BUDGET DI 3,5 MILIONI CHE GODE GIÀ DI UN DOVIZIOSO FINANZIAMENTO DI RAI CINEMA DI UN MILIONE... – VIDEO

al thani bin salman zayed donald trump netanyahu saudita sauditi

DAGOREPORT – DOMANI TRUMP VOLA NEL GOLFO PERSICO, AD ATTENDERLO MILIARDI DI DOLLARI E UNA GRANA - PER CAPIRE QUANTI AFFARI SIANO IN BALLO, BASTA APRIRE IL PROGRAMMA DEL FORUM DI INVESTIMENTI USA-ARABIA SAUDITA. CI SARANNO TUTTI I BIG DELL’ECONOMIA USA: MUSK, ZUCKERBERG, ALTMAN, BLACKROCK, CITIGROUP, ETC. (OLTRE AL GENERO LOBBISTA DI TRUMP) - SAUDITI, EMIRATINI E QATARIOTI SONO PRONTI A FAR FELICE L'AMERICA "MAGA". MA PER INCASSARE LA CUCCAGNA, TRUMP QUALCOSA DEVE CONCEDERE: I REGNI MUSULMANI ARABI PERDEREBBERO LA FACCIA SENZA OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DI UNO STATO PALESTINESE - L'INCONTRO DEI MINISTRI DEGLI ESTERI SAUDITA E IRANIANO PER UNA PACE TRA SCIITI E SUNNITI - PRESO PER IL NASO DA PUTIN SULL’UCRAINA E COSTRETTO DA XI JINPING A RINCULARE SUI DAZI, IL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HA DISPERATAMENTE BISOGNO DI UN SUCCESSO INTERNAZIONALE, ANCHE A COSTO DI FAR INGOIARE IL ROSPONE PALESTINESE A NETANYAHU…

starmer - zelensky - macron - tusk - merz - a kiev giorgia meloni fico putin

DAGOREPORT – DOVEVA ESSERE UNA “PONTIERA”, GIORGIA MELONI ORMAI È UNA “PORTIERA”. NEL SENSO CHE APRE E CHIUDE IL PORTONE AGLI OSPITI IN ARRIVO A PALAZZO CHIGI: L’ULTIMO CHE SAREBBE DOVUTO ARRIVARE TRA FRIZZI E LAZZI È ROBERT FICO, IL PREMIER SLOVACCO UNICO LEADER EUROPEO PRESENTE ALLA PARATA MILITARE, A MOSCA, SCAMBIANDOSI SMANCERIE CON PUTIN - PER NON PERDERE LA FACCIA, LA DUCETTA HA DOVUTO RIMANDARE LA VISITA DI FICO A ROMA AL 3 GIUGNO - QUESTI SONO I FATTI: L’AUTOPROCLAMATASI “PONTIERA”, TOLTA LA PROPAGANDA RILANCIATA DAI TROMBETTIERI DI ''PA-FAZZO'' CHIGI, NON CONTA NIENTE SULLO SCENA INTERNAZIONALE (LA PROVA? IL VIAGGIO DI MACRON, MERZ, STARMER E TUSK A KIEV E IL LORO ACCORDO CON TRUMP) - RUMORS: IL TEDESCO MERZ PERPLESSO SUL VIAGGIO IN ITALIA DI LUGLIO. E MELONI PUNTA A INTORTARLO DOMENICA ALLA MESSA DI INIZIO PONTIFICATO DI LEONE XIV, IN PIAZZA SAN PIETRO...

orchesta la scala milano daniele gatti myung whun chung myung-whun ortombina fortunato

DAGOREPORT: CHE GUEVARA VIVE ALLA SCALA – ALLA FINE DEL 2026, SARÀ IL DIRETTORE D’ORCHESTRA COREANO MYUNG-WHUN CHUNG IL SUCCESSORE DI RICCARDO CHAILLY - IL CONIGLIO (CONIGLIO, NON CONSIGLIO) DI AMMINISTRAZIONE DELLA SCALA AVEVA SUGGERITO IL NOME DEL MILANESE DI FAMA MONDIALE DANIELE GATTI. MA LA CGIL DELL’ORCHESTRA, SOTTOTRACCIA, HA SUBITO FATTO CAPIRE CHE NON ERA DI SUO GRADIMENTO: A GATTI VENIVA “RIMPROVERATO” UN ATTEGGIAMENTO UN PO’ SEVERO VERSO GLI ORCHESTRALI (POCO INCLINI A NON FARE QUEL CHE VOGLIONO) – ORA I SINDACATI RECLAMANO L’AUMENTO DI PERSONALE (DEL RESTO, LA SCALA, HA SOLO MILLE DIPENDENTI!), AUMENTI RETRIBUTIVI, SCELTA DELL’UFFICIO STAMPA ALL’INTERNO DEL TEATRO, FINANCO LA RICHIESTA DI PARCHEGGIARE I MONOPATTINI NEL CORTILETTO INTERNO…

orcel giorgetti nagel castagna bpm unicredit

DAGOREPORT - RISIKO INDIGESTO: LA PROTERVIA DI GIORGETTI A DIFESA DI BPM DALLE GRINFIE DI UNICREDIT, INDISPETTISCE FORZA ITALIA E I FONDI CHE HANNO INVESTITO MILIARDI IN ITALIA - GLI SCAZZI SUL DECISIONISMO DI ORCEL NEL BOARD DI UNICREDIT: IL CDA PRENDE TEMPO SULL'OFFERTA DI SCAMBIO SU BPM, CHE LA LEGA CONSIDERA LA "SUA" BANCA - LA STILETTATA DI NAGEL A LOVAGLIO ("PER BUON GUSTO NON RIPERCORRO LA STORIA DEL MONTE DEI PASCHI") E L'INSOFFERENZA DI CALTAGIRONE PER IL CEO DI BPM, CASTAGNA...

keir starmer emmanuel macron e friedrich merz sul treno verso kiev giorgia meloni mario draghi olaf scholz ucraina donald trump

DAGOREPORT - IL SABATO BESTIALE DI GIORGIA MELONI: IL SUO VELLEITARISMO GEOPOLITICO CON LA GIORNATA DI IERI FINISCE NEL GIRONE DELL'IRRILEVANZA. LA PREMIER ITALIANA OGGI CONTA QUANTO IL DUE DI PICCHE. NIENTE! SUL TRENO DIRETTO IN UCRAINA PER INCONTRARE ZELENSKY CI SONO MACRON, STARMER, MERZ. AD ATTENDERLI, IL PRIMO MINISTRO POLACCO TUSK. NON C'È PIÙ, COME TRE ANNI FA, L’ITALIA DI MARIO DRAGHI. DOVE È FINITA L’AUTOCELEBRATOSI “PONTIERA” TRA USA E UE QUANDO, INSIEME CON ZELENSKY, I QUATTRO CABALLEROS HANNO CHIAMATO DIRETTAMENTE IL ‘’SUO CARO AMICO” TRUMP? E COME HA INCASSATO L’ENNESIMA GIRAVOLTA DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA CHE SI È DICHIARATO D’ACCORDO CON I VOLENTEROSI CHE DA LUNEDÌ DOVRÀ INIZIARE UNA TREGUA DI UN MESE, FUNZIONALE AD AVVIARE NEGOZIATI DI PACE DIRETTI TRA UCRAINA E RUSSIA? IN QUALE INFOSFERA SARANNO FINITI I SUOI OTOLITI QUANDO HA RICEVUTO LA NOTIZIA CHE TRUMP FA SCOPA NON PIÙ CON IL “FENOMENO” MELONI MA CON...