TRAVAGLIO: “QUELLA TRA ROBLEDO E BRUTI LIBERATI NON È UNA RIVALITÀ. È L’IDEA CHE IL MAGISTRATO DEBBA SCANSARE I CONFLITTI CON IL POTERE, COSÌ LA “STABILITÀ”, IL NUOVO TOTEM CUI TUTTI S’INCHINANO, È SALVA MA IL PAESE VA IN ROVINA”

Marco Travaglio per il "Fatto quotidiano"

Chi si era illuso, come ciclicamente accade, che bastasse un nuovo "uomo solo al comando", più giovane e decisionista, meno incistato nei soliti giri, per "cambiare verso" all'Italia, dovrà presto ammettere di aver preso un altro abbaglio. Renzi al posto dei Letta (nipote e zio), Monti, B., Amato e D'Alema è un bel passo in avanti. Ma può diventare addirittura un boomerang, se alimenta l'idea che l'Italia possa essere salvata da "qualcuno". I casi giudiziari degli ultimi giorni lo dimostrano.

Ieri abbiamo parlato del duo Barracciu & Genovese: due prove del fatto che il Rottamatore, per prendersi il partito e il governo, è sceso a patti con il peggio del nuovo e del vecchio del Pd, e la giustizia gli presenta già il conto. Oggi ci occupiamo della retata di Milano che decapita Infrastrutture Lombarde, la struttura che appalta i lavori miliardari di Expo 2015. Lì il sistema di potere è tutto berlusconiano, cioè formigoniano e leghista. Ma non è una vicenda locale: è un affare nazionale che investe il governo e la politica tutta. E anche la magistratura, così com'è degenerata negli ultimi anni.

I mandati di cattura disposti dal gip di Milano li ha chiesti il pool "Pubblica amministrazione" coordinato da Alfredo Robledo, il procuratore aggiunto che ha denunciato al Csm il suo capo, Edmondo Bruti Liberati, per avergli sottratto fascicoli importanti (soprattutto per le conseguenze politiche e istituzionali). Checché ne dicano i giornaloni, non è una storia di rivalità, gelosie e protagonismi individuali. Magari fosse così.

Anzi, di più: sarebbe molto meglio trovarsi di fronte a giudici corrotti che insabbiano le indagini perché pagati dagli imputati: almeno avremmo la certezza che, eliminate le mele marce, nel cestino restano solo mele sane. Qui sono tutte mele sane, eppure è in gioco il ruolo stesso della magistratura. Da anni sentiamo predicare, più o meno da tutti i partiti e le istituzioni fin sul Colle più alto, che deve finire la "supplenza" dei magistrati i quali non devono influenzare la vita pubblica, ma pensare alle conseguenze politiche dei propri atti e scongiurare nuovi "scontri fra giustizia e politica".

Questo messaggio incostituzionale ha fatto breccia non tanto fra le toghe sporche (che, per loro natura, non hanno mai disturbato il potere né acceso scontri), quanto in quelle pulite. Molte hanno recepito i moniti alla pacificazione per motivi di carriera e di quieto vivere, tantopiù con un Csm degenerato in parlamentino correntizio-partitocratico e col nuovo ordinamento giudiziario del 2006 (firmato dal ministro berlusconiano Castelli e dal ministro prodiano Mastella) che ha verticalizzato le Procure in mano a pochi capi onnipotenti.

L'idea che il magistrato debba scansare i conflitti con il potere, in un paese dove le classi dirigenti manifestano tassi di devianza criminale da periferia urbana, è passata ai vertici di quasi tutte le procure, anche le migliori. E questo denuncia Robledo: "certi" fascicoli restano nel cassetto del capo o finiscono ad altri pool, inevitabilmente più lenti perché impegnati a fare altro.

Così i conflitti si diluiscono e si rinviano: perché le indagini più delicate - che richiedono tempestività e immediatezza - abortiscono o si prescrivono. Così la "stabilità" - il nuovo totem cui tutti s'inchinano - è salva, ma il Paese va in rovina, perché i colletti bianchi continuano a razziare tutto il razziabile e la giustizia, quando arriva, arriva tardi. È quest'allergia patologica ai controlli indipendenti sugli abusi del potere - che accomuna i vertici politici, istituzionali, finanziari e anche giudiziari - il cancro che s'è mangiato l'Italia.

E nessuna spending review, nessun giochino sul 3% potrà sanarla. Il rimedio è un sistema di contropoteri forti e indipendenti, sia giudiziari sia amministrativi, che però possono funzionare solo se creano conflitti; e un sistema di poteri che riparta da zero, smantellando le lobby partitiche, burocratiche e manageriali che hanno divorato il Paese. La rottamazione senza epurazioni è solo l'ennesima rivoluzione finta, gattopardesca, da operetta, all'italiana. Abbiamo già dato.

 

Intervento di Marco Travaglio Marco Travaglio EDMONDO BRUTI LIBERATI ALFREDO ROBLEDO jpegProcura di MilanoClemente Mastella

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…

parolin prevost

PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE - IN MOLTI SI SONO SBILANCIATI DANDO PER CERTO CHE IL SEGRETARIO DI STATO DI BERGOGLIO SAREBBE STATO ELETTO AL POSTO DI PAPA FRANCESCO – GLI “AUGURI DOPPI” DI GIOVANNI BATTISTA RE, IL TITOLO FLASH DEL “SOLE 24 ORE” (“PAROLIN IN ARRIVO”) E LE ANALISI PREDITTIVE DI ALCUNI SITI - PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN? UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU' MODERATO - HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI...

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”