1. ARRIVA LA CRISI IN ITALIA E IL VOLO UNITED AIRLINES ROMA-WASHINGTON VA IN OVERBOOKING 2. AMATO SI BATTE CON PRODI COME TOP FREQUENT FLYER E DI MARIO SEMBRA ESSERE RIMASTO SOLO DRAGHI (ATTESO DOMENICA 21). MONTI INFATTI SEMBRA UNA NON-PERSONA 3. ECCO LA TRISTE FINE DI QUEGLI ITALIANI CHE SCALPITANO PER FARSI VEDERE A WASHINGTON, MA CHE VENGONO CONSIDERATI SEMPRE MENO: DA FRATTINI A PASSERA, DA PERA A D’ALEMA, UNA LUNGA LISTA DI SCOMPARSI DALLE CRONACHE (PER TERZI CI SONO SOLO RISATE) E GLI UNICI DI CUI ANCORA CI SI FIDI SONO BELLA NAPOLI E MARPIONNE

DAGOREPORT

Arriva la crisi in Italia e il volo della United Airlines Roma-Washington DC (UA 967) va in overbooking.

In Massachusetts Avenue, la via dei maggiori think tank della capitale, si sente parlare sempre più spesso la lingua di Dante. Dalla barberia dei Presidenti, a un tiro di schioppo dalla Massachusetts Avenue, dove il mitico Diego taglia la chioma da trent'anni ai potenti della terra sempre al prezzo di soli 20 dollari, non smettono di uscire notizie e battute sui compatrioti in visita alla capitale dell'Impero. Una capitale dove la Rai non ha un solo
corrispondente e i grandi giornali pure. Contrariamente agli altri paesi del mondo. Si fa tutto da New York, ci mancherebbe altro. Salvo lavorare con notizie spesso platealmente ricicciate.

Giuliano Amato si batte con Romano Prodi come top frequent flyer: Prodi è un abitué della Carnegie Foundation (centro-sinistra), D'Alema e la sua Marta Dassù (molto apprezzata più per la eleganza delle sue scarpine che per i concetti che esprime, non memorabili, secondo i cinici think tankers di Massachusetts Avenue) frequentano la Brookings (centro-sinistra).

Franco Frattini, alla ricerca disperata di un posto da Segretario Generale della Nato, niente meno, batte in zona Johns Hopkins University (centro), anche se nessuno ha il coraggio di dire al maestro di sci dolomitico che il posto andrà quasi di sicuro ad un francese (a bocca asciutta dai tempi del generale De Gaulle).

Re Giorgio, uno dei pochi politici italiani dei quali gli americani si fidino davvero, avendolo sdoganato ai tempi del PCI (molti funzionari del Dipartimento di Stato, ormai in pensione, si fanno ancora sentire dalle parti di Foggy Bottom) dorme nella reggia di Blair House, la residenza presidenziale riservata alla Regina Elisabetta e a pochi altri visitatori di riguardo. Se si esclude Sergio Marchionne, sponsor di Obama, di italiani rispettati sul serio ne girano pochini.

Mario Draghi è atteso domenica 21 aprile alla riunione del Fondo Monetario. E di Mario sembra essere rimasto solo lui: Mario Monti infatti sembra una non-persona, come quell'ineffabile Cavaliere che ha osato dare dell'abbronzato al permalosissimo Obama. E nessuno sembra, dalle parti del Peterson Institute of Economics (centro), che ha sdoganato il potente bocconiano con Wall Street due anni fa, conoscerlo più. Fuori un altro.

Corrado Passera, con la Giovannona che sembra proprio aver dimenticato i tempi delle oneste trattorie dello Slow Food, scende nei sotterranei del potente CSIS (centro, vedi Henry Kissinger). Tanto per non farsi dimenticare: vedi mai. E al Wilson Center (centro-destra) torna a farsi vedere Marcello Pera. Stimato e noiosino. Ottimo alla bisogna. Una risorsa della Repubblica.

Alla barberia di Diego, dove le battute contro Terzi di Sant'Agata si sprecano, qualcuno dice che anche il suo successore Diego Bisogniero non brilli per simpatia e dentro all'ambasciata al 3000 di Whitehaven Street, che assomiglia ad un multisala costruito da un architetto danese, l'atmosfera è sempre più cupa.

L'Istituto Italiano di Cultura non ha più una sede ma ha un Direttore, molto molto ben pagato,che si affianca all'Addetto Culturale. E un programma di attività che molti giudicano veramente modesto. E per festeggiare "L'anno Italiano della Cultura negli USA" (main sponsors Eni e Banca Intesa) ha pensato bene di chiudere la propria biblioteca per lavori il cui termine sembra essere un tenero, ben custodito, segreto.

La lunga coda dalle parti della Casa Bianca solleva battutine alla cafeteria della Brookings, dove si riuniscono alcuni dei più influenti think tankers della Capitale: "gli italiani ritornano con il cappello in mano" . E tra una insalata scipita ed un caffè schifoso si sorride di questi italiani "in coda per tre col resto di due ".

Qualcuno, come un Senatore della Repubblica osa addirittura presentarsi con un discorso scritto per essere pronunciato in inglese, come un Totò e Peppino del terzo millennio che in Piazza del Duomo dicono "nu vulevam savuàr". Tutto questo quando nella Capitale di un impero con le pezze al culo, ma pur sempre impero, addirittura i ministri francesi parlano un inglese impeccabile.

Mentre qualche italiana pensa di stupire Massachusetts Avenue presentandosi con tre iPhone, uno giallo, uno rosso, uno blu. Oh my God!

E uno dei segnali più preoccupanti di questa disordinata corsa a Washington è la dichiarazione dell'ineffabile Ambasciatore David Thorne, un altro che sembra avere capito tutto, che a Roma si mette a fare i complimenti a Grillo: ennesima dimostrazione che gli americani (che notoriamente confondono tutto quello che è nuovo con il bene, vedi drammatiche musate in Libia, Tunisia, Siria ecc.) farebbero bene ad informarsi, tanto per fare un esempio, sulle posizioni del comico-ma-non-tanto di Sant'Ilario verso l'Iran. E che si sono
già beccati un voto dei grillini per il ritiro delle truppe italiane dall'Afganistan, tanto per cominciare.

 

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