LO TSUNAMI FRANCESCO SI ABBATTE ANCHE SULLA CEI: IL PAPA IMPONE L’AUSTERITÀ AI VESCOVI

Andrea Tornielli per "la Stampa"

Mentre parlava con il sorriso sulle labbra, alcuni dei vescovi che stavano ad ascoltarlo in San Pietro accomodati sulle sedie di velluto bordeaux, si sono guardati negli occhi. Alla fine di quei dodici minuti, il discorso più breve rivolto da un Papa alla Cei, nulla può essere come prima per la Chiesa italiana.

Nonostante il tentativo di mettere il silenziatore su quanto è accaduto. Lo scorso 23 maggio, con il suo dirompente intervento all'assemblea generale dei vescovi, Francesco ha infatti lanciato un segnale inequivocabile. Non ha parlato di politica né dell'agenda dei lavori parlamentari, non si è soffermato a elencare i programmi della Conferenza episcopale.

Ha tenuto una personale meditazione mettendo in guardia i vescovi dal rischio del carrierismo, dal diventare «funzionari» e «chierici di stato» distaccati dalla gente, dalle «lusinghe del denaro», dal pensare troppo all'organizzazione e alle strutture. Questo ha voluto dire ai suoi «confratelli» italiani al primo incontro ufficiale.

«Francesco - spiega lo storico Alberto Melloni - ha pronunciato un discorso morbido nelle forme ma duro nella sostanza, e ha indicato una linea diversa da quella seguita fino ad ora». Come dire che si chiude un'epoca: quella inaugurata dal cardinale Ruini e proseguita dal suo successore Angelo Bagnasco, chiamato ora ad aprirne un'altra. «Negli ultimi decenni - osserva Melloni - è stato proposto dalla Cei un progetto pastorale e politico. Ora il Papa pone al centro dell'attenzione un modello di vescovo. Per l'Italia è un grande salto».

Non si tratta di cambiare parole d'ordine, aggiungere qualche citazione sulla «povertà» o sulle «periferie», o magari cambiare la scaletta degli argomenti nei frequenti interventi pubblici. Non basta il copia-incolla per risultare in sintonia. È come se il Papa chiedesse a tutti una rivoluzione copernicana, o meglio e più semplicemente, una vera «conversione».

Sono quasi tre mesi che il vescovo di Roma pescato «dalla fine del mondo» sta mostrando con il suo esempio come intenda il compito di un pastore. Nessuna formalità, nessun distacco, prediche semplici e profonde, che la gente capisce e apprezza. E quando vedi Francesco farsi inghiottire ogni mercoledì dai gorghi della folla in piazza San Pietro, rimanendovi volentieri immerso per ore come se non avesse null'altro da fare, capisci che cosa significa per lui essere «vicino» alle persone.

«Il Papa, a noi che siamo abituati a comandare credendoci già convertiti, mostra come un pastore debba stare in mezzo al gregge», dice Francesco Cavina, vescovo della terremotata Carpi. L'assemblea della Cei non ha messo a tema il nuovo pontificato. C'erano altri programmi da discutere, predisposti da tempo. E così più d'uno dei partecipanti ha ricavato l'impressione di un imbarazzo.

La novità deve ancora essere digerita e assimilata, magari cercando di farla rientrare negli schemi preesistenti. «C'è il rischio, per noi pastori, di non farci interrogare da ciò che il Papa dice e dai suoi gesti così eloquenti - conferma a La Stampa un presule del Sud, il vescovo di Rossano Santo Marcianò. «Credo che dobbiamo lasciarci alle spalle - aggiunge una mentalità e uno stile che fino ad oggi abbiamo adottato. Vedo attorno a me tanta voglia di novità, di ritorno all'essenziale».

La «voglia» di ritorno all'essenziale è quella dei semplici fedeli e di tanti sacerdoti, che hanno preso a seguire le parole del Papa e sono colpiti dai suoi gesti. Anche i vescovi hanno potuto toccare con mano questa novità. La sera del 23 maggio in San Pietro, Francesco non s'è limitato a parlare. È sceso dall'altare per abbracciare uno ad uno tutti i pastori delle diocesi italiane, un saluto durato più di un'ora. Invece di farli venire in fila davanti a lui per omaggiarlo, è andato lui da loro, sconvolgendo il protocollo e facendo storcere il naso a più di qualcuno.

Nell'udienza con il cardinale Bagnasco, un mese fa, Francesco si era raccomandato di non moltiplicare le strutture, di semplificare. La Cei negli ultimi decenni è cresciuta negli uffici, nel personale, nel numero dei progetti, nei convegni. Secondo alcuni, è cresciuta troppo. Temendo il calo del gettito dell'otto per mille, Bagnasco, da buon genovese, già da tempo ha inaugurato una specie di «spending review».

Ma può bastare? Secondo il vescovo di Trieste Gianpaolo Crepaldi, «indubbiamente dobbiamo ripensare sia la pastorale sul terreno come pure certe strutture di vertice che guidano il nostro operare». Vale a dire la Cei. Visto che il Papa si appresta a riformare la Curia per renderla più snella, c'è chi si chiede se uno sforzo simile non sia forse auspicabile anche per le conferenze episcopali, così da ridurre burocrazia e sprechi.

E che dire poi dell'agenda di una Chiesa, quella italiana, che ha sempre rivendicato non solo la sua capillare presenza sociale, ma anche la sua rilevanza mediatica e il suo interventismo in politica? «Non credo che cambino le priorità nell'agenda della Cei in quanto tali aggiunge Crepaldi - però di certo devono venire aggiornate secondo queste nuove indicazioni, a partire dallo stile efficace del Papa».

Il punto non è dunque sapere se la regia dei rapporti con la politica debba essere della Cei o alla Segreteria di Stato, come ha cercato invano di ottenere il cardinale Bertone. Francesco ha detto ai vescovi: «spetta a voi il dialogo con le istituzioni politiche». Ma presentare questa frase come una «sconfessione» di Bertone e una vittoria di Bagnasco significa ridurre alle vecchie logiche di politica ecclesiastica la portata del messaggio del nuovo Papa, sviando l'attenzione dalla vera notizia.

Una novità che non sarà senza conseguenze anche nei rapporti con la politica. «Non credo sia necessario per noi di astenerci dal parlare quando sono in gioco certi valori, ma deve cambiare il modo di farlo», sottolinea l'arcivescovo di Ferrara Luigi Negri, di origini cielline e mai silente su questi temi. Cambiare che cosa? «Dobbiamo formare dei laici che difendano i valori non negoziabili - spiega - Quanto poi a tutto il resto che riguarda la vita politica, sarebbe meglio per noi vescovi non mettere becco. I laici devono essere rispettati nella loro autonomia».

Più responsabilità per i cattolici impegnati in politica, dunque. Una via che trova d'accordo anche un altro vescovo spesso protagonista sui media, Domenico Mogavero, di Mazara del Vallo: «Se c'è da denunciare l'ingiustizia o gli attacchi alla dignità dell'uomo, bisogna parlare. Ma dobbiamo lasciare, sul versante specificamente politico, una maggiore responsabilità ai laici perché facciano le loro scelte».

Che questa possa essere una possibile conseguenza del pontificato si dice convinto il sociologo Luca Diotallevi, autore del libro «La pretesa. Quale rapporto tra Vangelo e ordine sociale» (Rubettino). Per lui, quello di Francesco «è un messaggio fortemente innovativo rispetto al modello di esercizio del ministero episcopale degli ultimi due decenni. Credo che si riapra un enorme spazio per i laici». Laici più responsabili e meno «teleguidati», meno ansiosi di ricevere benedizioni o endorsement dalle gerarchie per ogni passo nell'agone politico.

 

PAPA FRANCESCO - JORGE BERGOGLIOpapa francesco bergoglio guardia svizzerapapa francesco bergoglio bacia i piedi ai detenuti PAPA FRANCESCO JORGE BERGOGLIO Cardinal Camillo Ruini - Copyright Pizzi2p13 card ruiniesa131 card camillo ruinivAnd15 card camillo ruiniBAGNASCOBagnasco Angelo

Ultimi Dagoreport

flavio cattaneo ignazio la russa giorgia meloni carlo calenda matteo salvini

DAGOREPORT - IL CONTESTO IN CUI È ESPLOSO LO SCONTRO-CON-SCAZZO TRA CARLO CALENDA, E L’AD DI ENEL, FLAVIO CATTANEO, HA COLPITO GLI HABITUÉ DEI PALAZZI ROMANI - IL DURO SCAMBIO NON È AVVENUTO IN UN TALK DE LA7, BENSÌ A UN GALLONATISSIMO CONVEGNO DI COLDIRETTI, LA FILO-GOVERNATIVA ASSOCIAZIONE CHE RAGGRUPPA 1,6 MILIONI DI IMPRENDITORI AGRICOLI (LA PRIMA USCITA PUBBLICA DI MELONI PREMIER FU A UN CONVEGNO COLDIRETTI) - L’INVITO AL CALENDA FURIOSO, DA MESI SMANIOSO DI ROMPERE LE OSSA A CATTANEO, È STATO “LETTO” NEI PALAZZI ROMANI COME UN SEGNO DI “DISTACCO” TRA LA STATISTA DELLA SGARBATELLA E L’AD DI ENEL, IL CUI MANDATO SCADE LA PROSSIMA PRIMAVERA DEL 2026 – E QUANDO IN UN SUCCESSIVO TWEET CALENDA COINVOLGE I GRAN MENTORI DELL'INARRESTABILE CARRIERA DI CATTANEO, LA RUSSA E SALVINI, SI ENTRA IN QUEL LUNGO E SOTTERRANEO CONFLITTO DI POTERE CHE FECE SBOTTARE ‘GNAZIO: “GIORGIA VUOLE CONTROLLARE TUTTO: PALAZZO CHIGI, IL SUO PARTITO, QUELLI DEGLI ALTRI, MA È IMPOSSIBILE’’ -  ORA IL DESTINO CINICO E BARO VUOLE CHE SUL CAPOCCIONE DI CATTANEO, OLTRE ALLA MANGANELLATA DI CALENDA, SIA ARRIVATO UNO SGRADITO OSPITE, UN NON IDENTIFICATO SPYWARE CHE L’HA SPIATO NOTTE E DÌ... - VIDEO - LA VIGNETTA ANTI-CALENDA DI "OSHO": "A PROPOSITO DE UTILI, VOLEMO PARLA' DELL'UTILITÀ DI AZIONE?"

chiara appendino roberto fico giuseppe conte vincenzo de luca elly schlein

DAGOREPORT - GENTILE CHIARA APPENDINO, È CONSAPEVOLE CHE IN POLITICA, COME NELLA VITA, ‘’NON SI PUÒ AVERE LA SIRINGA PIENA E LA MOGLIE IN OVERDOSE”? MA E' DAVVERO CONVINTA CHE, CON UN M5S “PIÙ AUTONOMO DAL PD”, IL PARTITO DI CONTE SAREBBE RIUSCITO A SVENTOLARE LE CANDIDATURE DI TRIDICO IN CALABRIA E DI FICO IN CAMPANIA, DOVE NEL 2020 M5S HA PRESO IL 9,9% MENTRE DE LUCA INTASCÒ IL 69,4%? – OGGI LA VITTORIA DI FICO, FINO A IERI DATA PER SICURA, STA TROVANDO UNA STRADA ACCIDENTATA - A SALVARE LA BARACCA CI DOVRÀ PENSARE LO SCERIFFO DI SALERNO – COME ELLY, CHE DOPO AVERLO DISPREZZATO, E' SCESA A MITI CONSIGLI, ANCHE FICO DEVE ACCETTARE LE “PRIORITÀ” DI DE LUCA OPPURE VERRÀ ABBANDONATO AL SUO DESTINO DI PERDENTE, FACENDO FELICE IL CANDIDATO DI FRATELLI D’ITALIA, EDMONDO CIRIELLI...

elly schlein giuseppe conte roberto fico vincenzo de luca eugenio giani

DAGOREPORT - PARAFRASANDO NANNI MORETTI, CON LEADER DEL CALIBRO DI ELLY SCHLEIN E DI GIUSEPPE CONTE, ''IL CENTROSINISTRA NON VINCERA' MAI'' - IN TOSCANA, I DUE "GENI" HANNO TENTATO DI ESTROMETTERE IL “CACICCO” EUGENIO GIANI, REO DI SANO RIFORMISMO, CHE SI È DIMOSTRATO CAVALLO VINCENTE – IN CAMPANIA, INVECE, RISCHIANO DI ANDARE A SBATTERE CON IL CAVALLO SBAGLIATO, IL FICO DI GIUSEPPE CONTE, CHE TRABALLA NEI SONDAGGI: URGE UN FORTE IMPEGNO DI RACCOLTA VOTI DEL "CACICCO" TANTO DISPREZZATO DA ELLY: VINCENZO DE LUCA (CHE A SALERNO SE LA DEVE VEDERE CON IL CONCITTADINO E CANDIDATO DEL CENTRODESTRA, CIRIELLI) – CON L’INCONSISTENZA STORICA DEL M5S A LIVELLO LOCALE, IL “CAMPOLARGO” VA AL PIU' PRESTO ACCANTONATO: TROPPI "PRINCIPI" DIVERSI TRA PD E M5S PER UN'ALLEANZA, MEGLIO UNA COALIZIONE IN CUI OGNUNO CORRE COL SUO PROGRAMMA CERCANDO DI MASSIMIZZARE IL CONSENSO - SOLO DOPO IL VOTO, IN CASO DI VITTORIA, SI TROVA L'ACCORDO (E COME DIMOSTRA LA COALIZiONE DEL GOVERNO MELONI, LA GESTIONE DEL POTERE È IL MIGLIOR PROGRAMMA...) - VIDEO

giorgia meloni guido crosetto

IL "FRATELLASTRO" CROSETTO FA BALLARE GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI: “SE GLI STATI EUROPEI NON RINUNCIANO ALLA LORO SOVRANITÀ IN ALCUNI SETTORI, SONO MORTI. SULLA DIFESA DOBBIAMO METTERE ASSIEME I 27 PAESI UE IN UN SOLO PROGETTO COMUNE” – LA POSIZIONE DEL MINISTRO DELLA DIFESA È ALL’OPPOSTO DI QUELLA SOVRANISTA DELLA DUCETTA, CHE PIÙ VOLTE IN PASSATO HA REMATO CONTRO IL PROGETTO DI UN ESERCITO UNICO EUROPEO: “SAREBBE UNA INUTILE DUPLICAZIONE. IL SISTEMA DI DIFESA OCCIDENTALE È BASATO SULLA NATO, E NELLA NATO CI SONO ESERCITI NAZIONALI CHE COOPERANO TRA DI LORO. IO VOGLIO PIUTTOSTO UNA COLONNA EUROPEA DELLA NATO” – CHISSA' CHI ALLA FINE DIRA' L'ULTIMA PAROLA... - VIDEO

mauro gambetti papa leone mazza baseball san pietro pipi sagrato

DAGOREPORT: IL PISCIO NON VA LISCIO – PAPA LEONE XIV E’ FURIOSO DOPO IL SACRILEGIO COMPIUTO DALL’UOMO CHE HA FATTO PIPI’ SULL’ALTARE DELLA BASILICA DI SAN PIETRO – IL PONTEFICE HA ORDINATO UN RITO RIPARATORIO “URGENTE” E, SOPRATTUTTO, HA FATTO IL CULO AL CARDINALE GAMBETTI, ARCIPRETE DELLA BASILICA VATICANA, CON UN CONFRONTO “TEMPESTOSO”: E’ IL TERZO GRAVE EPISODIO IN POCO PIU’ DI DUE ANNI AVVENUTO NELLA CHIESA PIU’ IMPORTANTE DEL MONDO – NEL MIRINO FINISCONO ANCHE GLI UOMINI DELLA GENDARMERIA VATICANA, INCAPACI DI INTERVENIRE TEMPESTIVAMENTE E DI PREVENIRE GESTI SACRILEGHI DELLO SVALVOLATO DI TURNO – VIDEO!

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…