draghi

OGGI TUTTI I GIORNALONI NASCONDONO NEI TITOLI DI APERTURA CHE LA VERA NOTIZIA DI IERI, PIÙ DELLA RINUNCIA SCONTATISSIMA DI BERLUSCONI, È LA SCONFITTA DI DRAGHI. DOPO MESI DI POMPE, NON CE LA FANNO PROPRIO A CAMBIARE IN UNA SERA. E ALLORA MASSIMO GIANNINI SU “LA STAMPA” ROVESCIA LA FRITTATA: A INGARBUGLIARE LA MATASSA DEL QUIRINALE NON È STATA L’IMPROVVIDA AUTOCANDIDATURA DI MARIOPIO (NON RICHIESTA DA ALCUNO) MA I PARTITI INCAPACI DI TROVARE UN CAPO DELLO STATO ALL'ALTEZZA…

massimo giannini

Massimo Giannini per “La Stampa”

 

Dunque, l'impossibile non è accaduto. Con un sussulto di "responsabilità nazionale", Silvio Berlusconi ha infine gettato la spugna. Difficile dire se si sia arreso all'anagrafe o all'aritmetica. Se il suo sia stato davvero il primo capriccio senile o l'ultimo sogno di gloria. Quel suo «avevo i numeri ma mi ritiro», scritto nero su bianco in un comunicato ufficiale che suona come testamento morale, è assai poco credibile

 

E addirittura incredibile è lo psicodramma che si è scatenato intorno a quel comunicato, tra i soliti dubbi sullo stato di salute del Capo-non-più-figura-adatta e i soliti sospetti sulle trame oscure di rito Forza-Leghista. Sta di fatto che il suo "Gran Rifiuto" nella corsa al Colle chiude la patetica fase uno della pseudo trattativa Stato-partiti sull'elezione del prossimo Presidente della Repubblica, e apre una fase due che si preannuncia drammatica.

prima pagina del giornale La stampa

 

Il centrodestra a brandelli ha concesso al Cavaliere un inutile giro di giostra, per deferenza o per insipienza. Il centrosinistra a pezzi si è perso nel gorgo degli incontri triangolari e bilaterali a Casa Conte e Casa Renzi che, come i trenini di Casa Jep Gambardella, «non portano da nessuna parte».

 

Infatti, dopo una settimana di falso movimento e ad appena ventiquattrore dalla fatidica "prima chiama" delle Camere riunite, ora siamo esattamente qui: da nessuna parte. Nel non-luogo di una politica che ha avuto mesi e mesi a disposizione per litigare sul profilo, ragionare sull'identikit e infine convergere sul nome del nuovo Capo dello Stato. E che invece adesso si ritrova a vagare senza meta e ad affrontare l'appuntamento cruciale come un salto nel buio.

 

GIUSEPPE CONTE CON ENRICO LETTA

Con un presidente galantuomo ma uscente come Sergio Mattarella, che si ritira a Palermo per non assistere alle meste liturgie romane, non prima di aver fissato da settimane la sua priorità irrinunciabile: non forzatemi la mano, perché la nostra è una Repubblica parlamentare e non una monarchia costituzionale, e dunque tocca a voi assumervi l'onore e l'onere di scegliere il mio successore.

 

Con un premier autorevole ma insofferente come Mario Draghi, che richiama da un mese l'attenzione sulla sua necessità inderogabile: la maggioranza che elegge il prossimo inquilino del Colle non può essere diversa da quella che sostiene l'attuale governo di (sedicente) "unità nazionale", pena la caduta del medesimo.

MARIO DRAGHI

 

E con un Italia ancora sospesa, tra i colpi di coda di un'Omicron che uccide e contagia e purtroppo non è ancora Omega, e i colpi di frusta di un'inflazione che dissangua famiglie e imprese non solo con il caro-bolletta, ma ormai anche con il caro-pane, il caro-pasta, il caro-caffè. Non era questo il "Quirinal Game" che il Paese si aspettava, e meno che mai quello che si merita.

 

Non era il solito, penoso teatrino degli incontri segreti e i veti incrociati. Il solito gioco dei candidati contrapposti, buttati in campo e abbattuti uno dopo l'altro come avviene nel truce reality sudcoreano. Qui non siamo su Netflix, non c'è in ballo un Calamaro. Siamo nel Parlamento della quinta democrazia del Pianeta, e la posta in gioco è la carica più importante della nazione.

MARIO DRAGHI E SILVIO BERLUSCONI

 

Con le emergenze irrisolte che incombono, con più di 300 vittime prevalentemente No Vax mietute dalla pandemia e un sovraccosto energetico di 37 miliardi che rischia di compromettere la ripresa dell'economia, era lecito sperare in un solido patto no-partisan, che permettesse ai Grandi Elettori di votare il meglio che l'Italia può esprimere.

 

mattarella draghi

Magari al primo colpo, come successe non tanto per Francesco Cossiga, ma per Carlo Azeglio Ciampi nel 1999, stagione di un'altra emergenza e di un'altra sfida, quella dell'euro, che il Paese seppe affrontare e vincere. Stavolta, in un tornante della Storia ancora più critico, non sta andando così. Le prime tre votazioni che iniziano domani, a maggioranza dei due terzi, si trasformano in uno stress test senza senso.

prima pagina del corriere della sera

 

E dalla quarta in poi, a maggioranza assoluta, trasfigurano in roulette russa. L'ennesimo sintomo di un Paese che non guarisce. Come scrive la Suddeutsche Zeitung: «Se l'elezione dovesse andare per le lunghe, l'Italia rischierebbe di perdere la credibilità internazionale appena riconquistata, e tornare ai tempi dei vecchi luoghi comuni, quando si diceva "è sempre la solita Italia" Un triste spettacolo».

 

Non vogliamo prendere lezioni da nessuno. Neanche dai tedeschi, visto che solo due mesi fa l'allora cancelliera Angela Merkel diceva «invidio l'Italia per come sta affrontando il virus». E un mese fa l'Economist ci premiava come "La nazione dell'anno". Ma di fronte al "triste spettacolo" di queste ore, come si può dare torto a chi dentro o al di là dei confini teme l'avvitarsi della stessa crisi di sistema che aveva portato alla discesa in campo di Draghi, e che adesso rischia di bloccare il passaggio istituzionale più delicato e magari di trascinare nel baratro anche l'esecutivo?

 

mario draghi regala un mazzo di fiori ad angela merkel

Per queste ragioni, auspicando uno sviluppo ordinato del confronto politico e un accordo trasversale su una "figura di alto profilo" di cui si riempiono inutilmente la bocca i segretari, il nostro giornale aveva assunto una linea chiara fin dall'inizio: in un Paese normale un presidente del Consiglio che governa bene e ha riportato la nazione agli onori del mondo continua a farlo, mentre i partiti trovano un Capo dello Stato all'altezza, tra le migliori risorse o riserve della Repubblica. Se invece questa convergenza risulta impossibile, allora si condivida l'idea di portare lo stesso Draghi sul Colle.

 

meme del presepe con matteo salvini giorgia meloni silvio berlusconi

Perché tutto si può permettere l'Italia di oggi, meno che di lasciare in panchina l'uomo che le sta ridando credibilità e fiducia, dopo averla rappresentata ai più alti livelli alla Banca d'Italia e alla Bce. Se per Berlusconi si poteva dire "meglio un giorno da scoiattolo che altri sette anni da caimano", per Draghi si può dire meglio sette anni al Quirinale, come garante della Costituzione e della fedeltà atlantica ed europeista, piuttosto che un altro anno al governo in balia di una maggioranza già in campagna elettorale in vista del voto del 2023.

 

Dopo quello che sta succedendo, e salvo clamorose ma improbabili riaperture su Mattarella, restiamo convinti che questa rimanga la via maestra. Certo, ci si arriva nel modo peggiore. Ma Draghi rimane tuttora il candidato più convincente e il "second best" di tutte le forze (o le debolezze) rimaste sul campo.

 

matteo salvini silvio berlusconi giorgia meloni quirinale by macondo

La miglior garanzia sulla tenuta finanziaria di un'Italia col più alto debito d'Europa. Il più solido argine ai rigurgiti sovranisti. L'unica "polizza vita" per Salvini e Meloni, se l'anno prossimo gli italiani sceglieranno davvero di affidare loro il governo. Mi chiedo quale demone abiti in questo frangente i leader. L'unica cosa che conta è tutelare l'interesse nazionale. Cercare il bene comune.

 

MATTEO RENZI MARIO DRAGHI

Mettersi seduti intorno a un tavolo, tutti insieme, e scegliere la persona che più risponde a questi requisiti. Cosa importa esserne il "kingmaker"? Cosa resta di quella medaglia, nel tempo? Veltroni, Fini e Casini furono i meritevoli kingmaker di Ciampi, ventisei anni fa: questo, politicamente, gli ha cambiato la vita? Non pare.

 

E non è bastato al Pd di Veltroni per evitare le dimissioni dopo la sconfitta alle regionali, né ad An di Fini per estinguersi (Casini merita un ragionamento a parte, come tutti i democristiani di lungo corso). Renzi fu l'ottimo kingmaker di Mattarella, sette anni fa. Nonostante questo, oggi la sua Italia Viva secondo i sondaggi oscilla tra il 2 e il 3 per cento. L'Italia ha un disperato bisogno di stabilità e di fiducia. Mentre i 1009 si preparano all'ordalia, non ci resta che l'invocazione di Benedetto Croce all'Assemblea Costituente del '46: veni, Creator Spiritus.

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni francesco acquaroli antonio tajani matteo salvini donald trump

DAGOREPORT: A CHE PUNTO È L'ARMATA BRANCA-MELONI? TORNATA SCORNATA DAL G7 MENO UNO (TRUMP SE NE FOTTE DI LEI E DELL'EUROPA), I PROBLEMI REALI BUSSANO ALLA PORTA DI PALAZZO CHIGI. A PARTIRE DALL'ECONOMIA: LA GUERRA IN MEDIORIENTE POTREBBE FAR SCHIZZARE IL PREZZO DEL PETROLIO, E CONSEGUENTE AUMENTO DI OGNI PRODOTTO - AGGIUNGERE LA LOTTA CONTINUA CON SALVINI, LA PIEGA AMARA DEI SONDAGGI NEI CONFRONTI DEL GOVERNO E LA POSSIBILE SCONFITTA NELLE MARCHE DEL SUO FEDELISSIMO ACQUAROLI: IL PD CON MATTEO RICCI E' IN VANTAGGIO DI 5 PUNTI E LA STATISTA DELLA GARBATELLA È TENTATA DI ANTICIPARE IL VOTO NELLE MARCHE A SETTEMBRE – SULLE ALTRE QUATTRO REGIONI, LA FIAMMA E' INDECISA SUL TERZO MANDATO CHE FAREBBE FELICE ZAIA IN VENETO, DESTABILIZZANDO IL PD IN CAMPANIA. MA IERI SALVINI HA PRESO A PRETESTO IL "NO" DI TAJANI, PER SFANCULARE VELOCEMENTE (E SENZA VASELINA) I SUOI GOVERNATORI, ZAIA E FEDRIGA - IL ''NO'' DI TAJANI ERA TRATTABILE: L'OBIETTIVO E' LA PRESIDENZA DELLA REGIONE LOMBARDIA (IL CANDIDATO ''COPERTO'' DI FORZA ITALIA È..)

tommaso inzaghi

DAGOREPORT - IL TRASFERIMENTO DI SIMONE INZAGHI IN ARABIA? UN AFFARE DI FAMIGLIA. L’ARTEFICE DELL’OPERAZIONE CHE HA PORTATO L’EX ALLENATORE DELL’INTER ALLA CORTE DELL’AL-HILAL È STATO TOMMASO INZAGHI, IL FIGLIO DI SIMONE E DI ALESSIA MARCUZZI, PROCURATORE CHE FA PARTE DELL'AGENZIA DI FEDERICO PASTORELLO, LA P&P SPORT MANAGEMENT – LE LAUTE COMMISSIONI, LA TRATTATIVA CHE ANDAVA AVANTI DA TEMPO (GIÀ PRIMA DEL RITORNO CON IL BARCELLONA SIMONE INZAGHI AVEVA PROPOSTE DALL’ARABIA), LO STRANO MESSAGGIO SOCIAL DI TOMMASO INZAGHI E LE VOCI SU UNO SPOGLIATOIO IN TENSIONE PRIMA DELLA FINALE DI CHAMPIONS PER...

francesco gaetano caltagirone alberto nagel francesco milleri

DAGOREPORT - GONG! ALLE ORE 10 DI LUNEDÌ 16 GIUGNO SI APRE L’ASSEMBLEA DI MEDIOBANCA; ALL’ORA DI PRANZO SAPREMO L’ESITO DELLA GUERRA DICHIARATA DAL GOVERNO MELONI PER ESPUGNARE IL POTERE ECONOMICO-FINANZIARIO DI MILANO - LO SCONTRO SI DECIDERÀ SUL FILO DI UNO ZERO VIRGOLA - I SUDORI FREDDI DI CALTARICCONE DI FINIRE CON IL CULO A TERRA NON TROVANDO PIÙ A SOSTENERLO LA SEDIA DI MILLERI SAREBBERO FINITI – L’ATTIVISMO GIORGETTI, DALL’ALTO DELL’11% CHE IL MEF POSSIEDE DI MPS – L’INDAGINE DELLA PROCURA DI MILANO SU UNA PRESUNTA CONVERGENZA DI INTERESSI TRA MILLERI E CALTAGIRONE, SOCI DI MEDIOBANCA, MPS E DI GENERALI - ALTRO GIALLO SUL PACCHETTO DI AZIONI MEDIOBANCA (2%?) CHE AVREBBE IN TASCA UNICREDIT: NEL CASO CHE SIA VERO, ORCEL FARÀ FELICE LA MILANO DI MEDIOBANCA O LA ROMA DI CALTA-MELONI? AH, SAPERLO….

iran israele attacco netanyahu trump khamenei

DAGOREPORT - STANOTTE L'IRAN ATTACCHERÀ ISRAELE: RISCHIO DI GUERRA TOTALE - È ATTESO UN VIOLENTISSIMO ATTACCO MISSILISTICO CON DRONI, RISPOSTA DI TEHERAN ALL'"OPERAZIONE LEONE NASCENTE" DI NETANYAHU, CHE QUESTA MATTINA HA COLPITO IL PRINCIPALE IMPIANTO DI ARRICCHIMENTO IRANIANO, UCCIDENDO L'INTERO COMANDO DELL'ESERCITO E DELLE GUARDIE RIVOLUZIONARIE. LA MAGGIOR PARTE DI LORO È STATA FATTA FUORI NELLE PROPRIE CASE GRAZIE AI DRONI DECOLLATI DALLE QUATTRO BASI SOTTO COPERTURA DEL MOSSAD A TEHERAN - ISRAELE HA DICHIARATO LO STATO DI EMERGENZA: GLI OSPEDALI SPOSTANO LE OPERAZIONI IN STRUTTURE SOTTERRANEE FORTIFICATE - TRUMP HA AVVERTITO OGGI L'IRAN DI ACCETTARE UN ACCORDO SUL NUCLEARE "PRIMA CHE NON RIMANGA NULLA", SUGGERENDO CHE I PROSSIMI ATTACCHI DI ISRAELE CONTRO IL PAESE POTREBBERO ESSERE "ANCORA PIÙ BRUTALI" - VIDEO

lauren sanchez jeff bezos venezia

FLASH! – I VENEZIANI HANNO LA DIGA DEL MOSE PURE NEL CERVELLO? IL MATRIMONIO DI JEFF BEZOS È UNA FESTICCIOLA PER 250 INVITATI DISTRIBUITI TRA QUATTRO HOTEL: GRITTI, AMAN, CIPRIANI E DANIELI - NIENTE CHE LA SERENISSIMA NON POSSA SERENAMENTE SOSTENERE, E NULLA A CHE VEDERE CON LE NOZZE MONSTRE DELL'INDIANO AMBANI, CHE BLOCCARONO MEZZA ITALIA SOLO PER IL PRE-TOUR MATRIMONIALE – DITE AI MANIFESTANTI IN CORTEO "VENEZIA NON E' IN VENDITA" CHE I 10 MILIONI DI EURO SPESI DA MR.AMAZON SI RIVERSERANNO A CASCATA SU RISTORATORI, COMMERCIANTI, ALBERGATORI, GONDOLIERI E PUSHER DELLA CITTÀ…

tajani urso vattani peronaci azzoni antonio adolfo mario marco alessandro

DAGOREPORT - MAI SUCCESSO CHE LA LISTA DEI NUOVI AMBASCIATORI, SCODELLATA DA TAJANI, VENISSE SOSPESA PER L’OPPOSIZIONE DI UN MINISTRO (URSO) IRATO PERCHÉ IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO È FINITO A NAIROBI ANZICHÉ A BUCAREST - DAL CDM SONO USCITI SOLO GLI AMBASCIATORI STRETTAMENTE URGENTI. ALLA NATO SBARCA AZZONI, MENTRE PERONACI VOLA A WASHINGTON. E’ LA PRIMA VOLTA CHE LA PIÙ IMPORTANTE SEDE DIPLOMATICA VIENE OCCUPATA DA UN MINISTRO PLENIPOTENZIARIO ANZICHÉ DA UN AMBASCIATORE DI GRADO (FRA DUE ANNI È GIA’ PRONTO IL FIDO CONSIGLIERE DIPLOMATICO DI LADY GIORGIA, FABRIZIO SAGGIO) – IL MALDESTRO MARIO VATTANI IN GIAPPONE, ANCHE SE ERA WASHINGTON LA SCELTA IDEALE DELLA FIAMMA MAGICA (MATTARELLA AVREBBE SBARRATO IL PASSO) – LA LISTA DI TUTTI GLI AMBASCIATORI SOSPESI….