TODOS RENZIANOS - DOPO IL BOOM DI MATTEUCCIO, LA MINORANZA NEL PD SI CHIAMA CIVATI: ‘NON SONO RENZIANO MA NEANCHE ANTIRENZIANO E NON VOGLIO FRENARE LE RIFORME’ - INTANTO IL NUOVO PD SI ORGANIZZA IN 5 AREE

Monica Guerzoni per il "Corriere della Sera"

Matteo Renzi ha trovato «allucinanti» le polemiche su quella foto di gruppo al Nazareno, che immortala la notte della vittoria. Eppure anche da quell'immagine si può partire per provare a capire come sta cambiando il Partito democratico sull'onda del successo elettorale. Al momento dello scatto il segretario non c'era, eppure c'erano tutti gli altri.

I renziani della primissima e dell'ultima ora, i bersaniani come D'Attorre e Stumpo, i dalemiani come Gualtieri, i «turchi» come Orfini... E c'era Roberto Speranza, punto di riferimento della nuova area riformista nata prima del 25 maggio, con l'idea - secondo i critici - di rottamare il concetto di minoranza, per ritrovarsi «diversamente renziani».

Il risultato clamoroso delle Europee ha accelerato il processo e reso inevitabile il modello della «gestione unitaria». In minoranza non vuole starci più nessuno, tranne forse Pippo Civati. Il quale però cerca la formula di una opposizione soft, per non sembrare l'unico marziano che ostacola il cambiamento del Paese: «Io freno le riforme? No, non sono renziano e non sono antirenziano».

Il mezzo miracolo della pacificazione improvvisa sta anche nelle parole, con il leader che ieri - spazzando via anni di contorcimenti e risse verbali - ha descritto il Pd come un partito ideale, un partito che discute «con serenità» di come consolidare il bottino e mostrare al mondo che il 40 tondo tondo non è stato «un colpo di fortuna».

Una mission che mette d'accordo tutti. E non certo, come si potrebbe malignare, perché l'ipotesi di un rimpasto di governo fa sognare tanti democratici, anche della ex-minoranza. In segreteria saranno rappresentate tutte le anime, tranne Civati. E Gianni Cuperlo? Sta ragionando sulle prossime mosse, dopo aver lasciato la presidenza ed essersi visto sottrarre gran parte dei parlamentari dal giovane Speranza.

Raccontano, sottovoce, che l'ex presidente del Pd stia pensando di fare una sua area, proprio ora che Renzi ha disegnato il profilo di un partito senza correnti, che marcia unito per cambiare il volto all'Italia e all'Europa. «La minoranza faceva parte di una dinamica che era quella del congresso» volta pagina Cuperlo e a Renzi chiede pluralismo, altrimenti «non c'è più il Partito democratico».

Se la fronda cuperliana dovesse nascere, il nuovo Pd sarà idealmente organizzato in cinque aree. La più grande e compatta sono i renziani doc, categoria che include tra gli altri veltroniani, franceschiniani e fassiniani e che, a breve, potrebbe incorporare un gruppo centrista al quale Beppe Fioroni sta lavorando con Gasbarra, Bocci e Grassi. Il secondo gruppo, numericamente parlando, è l'area riformista, dove albergano bersaniani, dalemiani e qualche lettiano e che dovrebbe esprimere il prossimo presidente: sarà una donna e la favorita resta Paola De Micheli.

E qui è lecito domandarsi fino a dove si spingeranno i «riformisti» ex diesse, che prima del 25 maggio ancora sognavano di riprendersi un giorno il partito e che il 20 e 21 giugno terranno il loro conclave a Massa Marittima. «Non siamo renziani - spiega Nico Stumpo -. Siamo un'area politica leale e autonoma che sente la responsabilità di lavorare per consolidare lo straordinario risultato che ha trasformato il Pd nel partito degli italiani».

Tutti in maggioranza, è il leitmotiv. E i turchi di Matteo Orfini, terza colonna del nuovo Pd, lo hanno intonato prima degli altri: anche loro entreranno in segreteria e non hanno rinunciato a prendersi la presidenza.

Se si escludono personalità indipendenti come Rosy Bindi, restano da conteggiare l'area di Cuperlo e quella di Civati: ed ecco il Pd a cinque punte, dove non si muove foglia che Renzi non voglia. Per adesso son solo rose e fiori, ma se vuole dormire (e governare) tranquillo il leader dovrà trovare la formula magica che tenga insieme unità e pluralismo, scongiurando così la rinascita di una opposizione interna.

Stefano Fassina, fino a qualche settimana addietro fiero oppositore del premier da sinistra, ha reso onore a colui che lo portò alle dimissioni per la celebre uscita «Fassina, chi?». Ha detto a Repubblica di aver sottovalutato Matteo e lo ha definito «l'uomo giusto al posto giusto». Ma domani? Chissà. Come ama dire Pier Luigi Bersani, che pure non ha rinunciato all'idea di correggere l'Italicum, quel che conta è «la ditta»...

 

CUPERLO RENZI CIVATI CONFRONTO SKYTG RENZI CUPERLO CIVATI Stefano Fassina e Matteo Orfini Gianni Cuperlo Fioroni Pierluigi Bersani Enrico Gasbarra LETTA enricol

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni alberto stefani luca zaia matteo salvini sondaggio

DAGOREPORT – VENETO DI PASSIONI PER IL CENTRODESTRA: LA VITTORIA DI ALBERTO STEFANI È SCONTATA, MA A CONTARE DAVVERO SARANNO I NUMERI! SECONDO IL SONDAGGIO DI PAGNONCELLI, IL GIOVANE LEGHISTA CON CIUFFO GIAMBRUNESCO È AL 62,8%, CONTRO UN MISERO 26,9% DEL CANDIDATO DI SINISTRA, GIOVANNI MANILDO. UN OTTIMO RISULTATO, MA SOLO SE NON SI RICORDA COSA AVVENNE CINQUE ANNI FA: ZAIA VINSE CON IL 76,79% DEI VOTI, E BASTÒ LA SUA LISTA, INSIEME A QUELLA DELLA LEGA, PER OTTENERE IL 61,5%. OGGI CI VUOLE TUTTO IL CENTRODESTRA UNITO PER RAGGIUNGERE LA STESSA CIFRA – LO SPETTRO DEL SORPASSO DI FDI SUL CARROCCIO: SE LE TRUPPE MELONIANE OTTENESSERO PIÙ VOTI, CHE FINE FAREBBE LA GIÀ FRAGILE LEADERSHIP DI SALVINI?

giorgia meloni matteo salvini antonio tajani giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - COME MAI LADY GIORGIA INFLIGGE ALLA “NAZIONE”, IN VISTA DEL 2026, UNA FINANZIARIA COSÌ MICRAGNOSA, CORRENDO IL RISCHIO DI PERDERE CONSENSI? - UNA MISERIA DI 18 MILIARDI CHE, AL DI LÀ DELL’OPPOSIZIONE, STA FACENDO SPUNTARE LE CORNA DEL TORO AGLI ALLEATI SALVINI E TAJANI, MENTRE RUMOREGGIANO I VAFFA DI CONFINDUSTRIA E DEI MINISTRI COSTRETTI AD USARE L’ACCETTA AL BILANCIO DEI LORO DICASTERI (TAGLIO DI 89 MILIONI ALLA DISASTRATA SANITÀ!) – LA DUCETTA HA UN OTTIMO MOTIVO PER LA MANOVRA MIGNON: FINENDO SOTTO IL 3% DEL PIL, IL GOVERNO ALLA FIAMMA USCIRÀ CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER CONFEZIONARE NEL 2026 UNA FINANZIARIA RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON I TEMPI DELLE POLITICHE DEL 2027 - E GLI ITALIANI NELLA CABINA ELETTORALE POTRANNO COSÌ RICOMPENSARE LA BONTÀ DELLA REGINA GIORGIA…

shooting calendario pirelli 2026

A PRAGA SI SVAGA! – UNA PARATA DI STELLE STA PER INVADERE LA CITTÀ DI FRANZ KAFKA: PER LA PRESENTAZIONE DEL CALENDARIO PIRELLI 2026 VENERDÌ 14, ALLA MUNICIPAL HOUSE, SONO ATTESI 500 ILLUSTRI OSPITI ACCOLTI DA MARCO TRONCHETTI PROVERA CHE AVRÀ AL SUO FIANCO TANTO BEL MONDO: DA TILDA SWINTON A GWENDOLINE CHRISTIE, GUERRIERA NEL ‘’TRONO DI SPADE’’, DALLE MODELLE IRINA SHAYK ED EVA HERZIGOVA, DALLA STILISTA SUSIE CAVE ALLA TENNISTA VENUS WILLIAMS, DA LUISA RANIERI A FAVINO – NON MANCHERÀ CHIARA FERRAGNI ALLACCIATA ALL’EREDE GIOVANNI TRONCHETTI PROVERA…

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...

zaia stefani salvini meloni fico schlein de luca

DAGOREPORT – L'ESITO DELLE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA E PUGLIA E' GIA’ SCRITTO MA SARA' IMPORTANTISSIMO PER “PESARE” OGNI PARTITO IN VISTA DELLE STRATEGIE PER LE POLITICHE DEL 2027 – I VOTI DELLE VARIE LISTE POTREBBERO CAMBIARE GLI EQUILIBRI INTERNI ALLE COALIZIONI: SE IN CAMPANIA E PUGLIA LE LISTE DI DECARO E DI DE LUCA FARANNO IL BOTTO, PER L'EX ROTTAMATRICE DI ''CACICCHI'' ELLY SCHLEIN SAREBBE UNO SMACCO CHE GALVANIZZEREBBE LA FRONDA RIFORMISTA DEL PD - ANCHE PER CONTE, UN FLOP DEL SUO CANDIDATO ALLA REGIONE CAMPANIA, ROBERTO FICO, SCATENEREBBE LA GUERRIGLIA DEI GRILLINI CHE DETESTANO L'ALLEANZA COL PD - LADY GIORGIA TIENE D’OCCHIO LA LEGA: SE PRECIPITA NEI CONSENSI IN VENETO, DOVE E' STATA FATTA FUORI LA LISTA ZAIA, PROVEREBBE A SOSTITUIRE IL MALCONCIO CARROCCIO CON AZIONE DI CARLETTO CALENDA...