
TUTTO SU “SALVINOVSKIJ” CHE SI SENTIVA A CASA A MOSCA - FILIPPO CECCARELLI AFFONDA IL COLPO SUI LEGAMI TRA SALVINI E LA RUSSIA PUTINIANA - IL PRIMO VIAGGIO A MOSCA NEL 2014 (“CITTÀ PULITA, NON C'È UN ROM, NON C'È UN CLANDESTINO”), LA MAGLIETTA SULLA PIAZZA ROSSA, LA CONTESTAZIONE DEL SINDACO POLACCO, LE CHIACCHIERE SUI DIVANI DELL'HOTEL METROPOL E IL GOVERNO GIALLOVERDE "SALTATO FORSE ANCHE PER VIA DI QUEGLI IMPICCETTI PETROLIFERI" – “DOPO DI CHE SALVINOVSKY NON HA SMESSO DI GUARDARE CON AFFETTO ALLA RUSSIA. GLI ULTIMISSIMI CONVENEVOLI NON LASCIANO PENSARE A UNA SVOLTA E PER MELONI È UN BEL GUAIO”
Filippo Ceccarelli per “la Repubblica” - Estratti
Quando in Italia qualcuno dimostra troppa simpatia per la Russia, di solito gli si appiccica la desinenza "ov" in fondo al cognome, ma nel caso di Salvinov, accreditato «concessionario del marchio putiniano» qui da noi (Ezio Mauro), il fenomeno è talmente evidente che è ragionevole raddoppiarlo con Salvinovskij.
(...) Però il Capitano è stato il primo politico italiano a riconoscere la legittimità del referendum con cui Putin si è ripresa la Crimea e anche il primo a chiedere la fine delle sanzioni.
È storia ormai ultradecennale. Il primo viaggio a Mosca di Salvinov risale al 2014, accompagnato dal suo portavoce, Gianluca Savoini, profeta dell'«Eurasia dei popoli» e globetrotter dell'Associazione Lombardia-Russia. Notevole il video inaugurale del capo leghista sulla piazza Rossa: «Città pulita, non c'è un mendicante, non c'è un lavavetri, non c'è un Rom, non c'è un clandestino – si accalorava - di notte, alle 2, le ragazze prendono la metro e tornano a casa tranquillamente...».
SALVINI CON LA MAGLIA DI PUTIN
Torna quindi nel 2016, per registrare un dialogo con l'ideologo della nostalgia imperiale, Alexander Dugin, trasmesso dalla tv dell'oligarca tradizionalista Konstantin Malofeev. Nel 2017, ormai in accentuata transizione sovranista, incontra il ministro Lavrov e firma un accordo di collaborazione tra la Lega e il partito di Putin, Russia Unita.
Risale a una o più di queste trasferte il cospicuo flusso di foto in cui Salvinovskji, notoriamente dedito al travestitismo, indossa diverse magliette con l'immagine anche militaresca del capo del Cremlino: una di queste magliette gli verrà beffardamente riconsegnata da un sindaco polacco sul confine ucraino allorché, assetato di inconsciente protagonismo, si precipita lì dopo l'invasione russa, indimenticabile siparietto.
Ora, prima di ricominciare questa nutrita ricognizione, è doveroso ricordare che in Italia non manca mai qualcuno che per ragioni ideologiche, economico-affaristiche o geopolitiche è comunque attratto dal campo magnetico della Russia.
cremlins meme by emiliano carli il giornalone la stampa
Oltre ovviamente al Pci, che pure incoraggiava chiunque altro ponendosi come mediatore in piena Guerra fredda, il più striminzito elenco contempla: il presidente Gronchi (visita a Krusciov effettuata contro il Papa e gli americani), Enrico Mattei (petrolio), la Fiat (Togliattigrad), il Papa e la Santa Sede (Ostpolitik), il movimento pacifista (missili a Comiso), Andreotti («Andreottov», secondo Montanelli per aver schierato l'ambasciatore italiano sulla piazza Rossa). Last but not least, è obbligatorio ricordare Silvione, fino all'ultimo così amico di Vladimir da insospettire gli alleati occidentali (cfr cablo Wikileak).
Come si intuisce, Salvini è a un altro e inferiore livello, del resto coerente con la decadenza del ceto politico italiano e le occasioni industriali che laggiù si presentavano. Nel 2018 è partito per Mosca due volte, una per assistere alla finale dei Mondiali di calcio, l'altra per tessere la tela di una diplomazia come minimo goffa. Disse allora che a Mosca si sentiva «a casa". Il giorno dopo sui divani dell'hotel Metropol qualcuno captò i colloqui tra mercanti russi di carburante e compratori italiani che sembravano un po' Totò e Peppino, ma dai resoconti stenografici mettevano a disposizione di Mosca pezzi di politica estera nazionale.
Dopo di che, saltato il governo gialloverde forse anche per via di quegli impiccetti petroliferi, non è che Salvinovsky abbia smesso di guardare con affetto alla Russia; e tuttavia costretto a districarsi fra l'aggravante della guerra, le armi all'Ucraina, il riarmo europeo, a parte le solite sanzioni da alleggerire.
Nell'agenda risalta lo stile che passa il convento: via libera alla vendita di rubinetti, rifilato alle ferrovie russe il polpettone proto-leghista Il Barbarossa, arruolato con incerti esiti il facilitatore Antonio Capuano, da Frattaminore, in un turbinio di biglietti aerei a spese dell'ambasciata. Gli ultimissimi convenevoli non lasciano pensare a una svolta – e per Meloni è un bel guaio.
salvini putin conte
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