1- IL SACRO BORDELLO OGNI GIORNO SI GONFIA DI COLPI DI SCENA DA “OHH, DI MERAVIGLIA”. CON UN PONTEFICE SULLE ORME DI CELESTINO V, CHE A 85 ANNI HA SOLO VOGLIA DI DIMETTERSI DAL TRONO DI PIETRO, I GALLI SI SCATENANO NEL POLLAIO D’OLTRETEVERE 2- S’AVANZA UN DUPLEX FORMATO DAL LANCIATISSIMO CARDINALE MAURO PIACENZA, PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE DEL CLERO, E DAL RAMPANTISSIMO MARCO SIMEON, CAPO RELAZIONI ESTERNE RAI, Già BERTONIANO DOC, AVREBBE CAMBIATO SPONDA PER LEGARSI A PIACENZA, VISTO CHE BERTONE È CONSIDERATO UNA ZOMBIE CHE DICE MESSA 3- E POLITICAMENTE, LA MOSSA PICENZA-SIMEON È AZZECCATA: MEJO FAR PRECIPITARE LA STRANNUNCIATA CADUTA DI BERTONE E SOSTITUIRLO AL VOLO CON IL VISPO PIACENZA PIUTTOSTO CHE FARSI FREGARE DAL CANDIDATO DEL DUO RIVALE BAGNASCO-SCOLA 4- “L’ESPRESSO” LANCIA IL SASSO SUI DOSSIER ANTI-BERTONE: “È SIMEON IL LORO COLTIVATORE?” 5- SULLO SFONDO, INCOMBE, LA SILHOUETTE DEL CARDINALE VIGANÒ, TEMUTISSIMO PERCHÉ HA CARTE BOMBASTICHE SULLA CURIA IN UNA CASSETTA DI UNA BANCA AMERICANA

1- DAGOREPORT
Il sacro bordello ogni giorno si gonfia di nuove storie e di colpi di scena da "ohh, di meraviglia". Con un pontefice sulle orme di Celestino V, che a 85 anni ha solo voglia di dimettersi dal trono di Pietro e di dedicarsi ai preferiti studi teologici, i galli si scatenano nel pollaio Oltretevere. C'è Angelo Sodano che ha la dentiera avvelenata con Tarcisio Bertone per il modo in cui è stato malamente spodestato dalla segreteria di Stato al compimento del suo 78esimo anno.

S'avanza soprattutto un nuovo duplex formato dal lanciatissimo cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione del Clero, e dal rampantissimo Marco Simeon, capo delle relazioni esterne struttura Rai. Quest'ultimo, sempre accreditato come bertoniano doc, avrebbe cambiato sponda per legarsi a Piacenza, visto che Bertone è ormai considerato una zombie che dice messa (danno tutti per scontato che Ratzinger accetterà le sue dimissioni al compimento del 78esimo cin cin: il prossimo 2 dicembre).

E politicamente, la mossa Picenza-Simeon è azzeccata: mejo far precipitare la strannunciata caduta di Bertone e sostituirlo al volo con il vispo Piacenza piuttosto che farsi fregare dal candidato del duo rivale Bagnasco-Scola.

Sullo sfondo, intanto, incombe, paurosa, la silhouette del cardinale Viganò, nunzio apostolico a Washington, che ha incrociato le lame con Bertone e Simeon, con missive di fuoco. Tutto lo temono perché sanno che Viganò ha conservato le carte sulla Curia romana in una cassetta di sicurezza di una banca americana: roba che poltrebbe far saltare il Vaticano, dicono.

2- CORVI GUFI FALCHI E COLOMBE
Tratto dall'inchiesta di Tommaso Cerno e Marco Damilano per "l'Espresso", in edicola domani

E una storia che è anche una metafora della fragilità umana laddove sembra dominare l'onnipotenza promessa dal Cristo alla sua Chiesa 2 mila anni fa nella persona del successore dell'apostolo Pietro, il papa. Una storia che potrebbe essere cominciata il 3 ottobre 2005, quando Benedetto XVI, dopo appena cinque mesi di pontificato, fece sapere che non avrebbe partecipato alla prima riunione del Sinodo dei vescovi. «Una visita dal dentista», fu la sbalorditiva versione ufficiale che giustificò l'assenza.

Eppure, ben più significativo, a svelare lo stato d'animo del papa c'era stato il discorso di apertura del Sinodo: «Una delle funzioni della collegialità è di aiutarci a conoscere le lacune di noi stessi che non vogliamo vedere... Quando uno è disperato, non vede come andare avanti, ha bisogno della consolazione, che qualcuno sia con lui, dia coraggio, faccia il ruolo dello Spirito Santo consolatore... Se non condividendo insieme la fede, come possiamo fare ciò?». Difficoltà ad andare avanti. Bisogno di aiuto e di consolazione. Disperazione. In Vaticano rileggono oggi quelle parole umanissime e inconsuete, pronunciate dal papa di fronte ai vescovi di tutto il mondo.

Insieme a quelle altrettanto inaudite contenute nel libro- intervista di Peter Seewald del 2010: «Quando un papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente e spiritualmente di svolgere l'incarico affidatogli, allora ha il diritto ed in alcune circostanze anche il dovere di dimettersi». Joseph Ratzinger compirà 85 anni il 16 aprile. Tre giorni dopo raggiungerà i sette anni di pontificato. In pubblico appare lucido e in forma, si prepara a visitare Messico e Cuba. Chi gli sta vicino ripete: «Arriverà almeno all'età di Leone XIII, il papa più longevo del Novecento, morì a 93 anni».

Eppure la sensazione di debolezza e di vulnerabilità che si è impadronita dei vertici della Chiesa non riguarda soltanto la salute fisica del pontefice. Ma la sua capacità di guidare il timone della nave di Pietro, sconquassata nelle ultime settimane da una misteriosa catena di scandali, lettere anonime, perfino preannunci di morte. Come quello, rivelato da un dossier pubblicato dal "Fatto quotidiano", del cardinale di Palermo Paolo Romeo che ha preconizzato la scomparsa di Ratzinger nel 2012. L'ultima guerra vaticana, più che "Angeli e Demoni", appare come un insieme di gelosie, invidie, bassa cucina più che grandi intrighi.

E i personaggi coinvolti spiccano per mediocrità. In almeno un caso, con discrezione, un corvo è stato individuato: quando mesi fa è arrivata una macabra lettera contro il cardinale Tarcisio Bertone che annunciava «grandi funerali a corte» è stato pizzicato un monsignore della segreteria di Stato. Ma c'è chi sta utilizzando la situazione fuori controllo. Una mente lucida, che opera nell'ombra per accrescere la sua influenza e per condizionare l'esito del prossimo conclave. Tutto avviene alla vigilia del concistoro del 18 febbraio per la nomina di 22 nuovi cardinali, tra cui 18 elettori (con meno di 80 anni) che saranno determinanti quando si voterà per eleggere il papa.

Gli uomini della Curia sono dieci, gli italiani sette, quelli vicini al segretario di Stato Bertone almeno tre: Giuseppe Versaldi e Giuseppe Bertello, piemontesi come il numero due vaticano e ordinati preti da monsignor Albino Mensa che ordinò vescovo Bertone, e il ligure Domenico Calcagno. In questa prevalenza dei bertoniani nel Sacro Collegio qualcuno ha voluto vedere una sfida che meritava una risposta. Perché c'è un non detto che circola in Vaticano: è dal 1978 che sul soglio di Pietro regna uno straniero, un periodo lunghissimo, ora tocca di nuovo a un italiano. Il super-papabile Angelo Scola, ciellino (ma lui prova a prendere le distanze), Bertone, il presidente della Cei Angelo Bagnasco che dicono sia entrato in corsa.

Una situazione che eccita gli animi, scatena i veleni, accende le cordate. Si è persa ormai la memoria di cosa significa un papa italiano, di quando Paolo VI, Giovanni Battista Montini, si comportava da vero capo della Dc e chiamava a rapporto il segretario Mariano Rumor: «Vinca l'eccesso di umiltà. Cacci via qualcuno». E la faida condotta a colpi di veline sui giornali segue costumi poco universali, anzi, tipicamente nazionali. A dare il fischio di inizio è stato l'arcivescovo varesino Carlo Maria Viganò, nunzio a Washington, che ha inondato le redazioni con la denuncia di affari torbidi negli appalti vaticani. Un colpo mirato contro un obiettivo fin troppo visibile, il cardinale Bertone.

Eppure era stato lo stesso Bertone a promettere («In buona fede ma incautamente», sospira un monsignore) a Viganò, all'epoca segretario generale del Governatorato, il ruolo di presidente che assicura la porpora cardinalizia e l'amministrazione del piccolo Stato vaticano. Poi qualcosa si è guastato, con il no del prelato alla nomina alla Prefettura degli affari economici, in un ruolo di semplice controllo sulle casse vaticane e non di gestione: l'arcivescovo puntava al Governatorato.

Ora Viganò è una mina vagante, nonostante il posto delicato che occupa, ambasciatore del papa negli Usa nell'anno elettorale. Oltre alle lettere uscite sulla stampa e in tv si segnala l'assenza al passaggio di consegne con i suoi successori, perfino il rifiuto di rispondere al telefono e alle mail.

Un arcivescovo importante ormai si muove come una scheggia impazzita, senza che a Roma possano bloccarlo. Dopo il caso Viganò, ecco il dossier in tedesco in cui si parla di una possibile morte del papa entro il 2012. Ancora una volta i protagonisti sono tutti italiani: il cardinale di Palermo Romeo, lo spifferatore misteriosamente in viaggio in Cina (raccontano che sia un attento amministratore dei propri affari) che rivela il nome del successore designato di Ratzinger, Scola. E il solito Bertone, che Romeo ha sempre avuto in antipatia, presentato come un collaboratore incapace di cui il papa non riesce a sbarazzarsi.

Un documento consegnato all'entourage papale dal cardinale colombiano Dario Castrillon Hoyos, nemico di Romeo da quando il cardinale di Palermo era nunzio in Colombia. «Con questo documento sono stati colpiti in tre: Bertone, Scola, Romeo più Castrillon», ragionano in Curia. «Chi poteva avere l'interesse di questo capolavoro?». Tra gli uomini di Bertone un nome viene sussurrato: il bresciano Giovanni Battista Re, classe 1934, come Bertone, l'ultimo dei wojtyliani rimasti in circolazione, senza più incarichi ma ancora potente e con la possibilità di accedere all'elezione del nuovo papa.

Amico dei politici italiani di tutti gli schieramenti, tuttora li frequenta in pranzi e cene riservate, ben addentro ai segreti vaticani, ostile, guarda caso, a Bertone, ma anche a Romeo, Scola e al cardinale colombiano che chiama Pasticciòn Hoyos. Ma quello di Re sarebbe il colpo di coda di una generazione tramontata. Mentre c'è quella nuova che preme per salire nella gerarchia, ambiziosa, spregiudicata. Rappresentata da Mauro Piacenza, classe 1944, uno dei cardinali italiani più giovani, prefetto della Congregazione per il Clero. Capo della cordata genovese, i discepoli del leggendario cardinale Giuseppe Siri, per ben tre conclavi papabile fermato a un passo dall'elezione. Piacenza era il suo pupillo.

È stato amico di don Gianni Baget Bozzo, è un tradizionalista che celebra la messa dalle suore della Balduina, il quartiere di Roma dove ha vissuto a lungo, secondo il rito tridentino di San Pio V prediletto dai lefebvriani. Un prelato da combattimento, che da più di vent'anni lavora nella Curia vaticana, ha scalato tutti i gradini, conosce tutti i segreti. Di recente ha messo a segno la nomina del nuovo patriarca di Venezia Francesco Moraglia, un altro ex seminarista di Siri.

E negli affari mondani Piacenza si fa aiutare da un suo discepolo, uno degli emergenti in questa Roma eternamente cattolica e dunque sempre sensibile ai saliscendi vaticani: il sanremese Marco Simeon, capo della struttura Rai in Vaticano, candidato a entrare nel governo Monti come sottosegretario ad appena 33 anni. Dato per vicino a Bertone, deve invece la sua prodigiosa scalata al cardinale Piacenza, alle sue benedizioni e alle sue preghiere. Simeon è stato segretario della fondazione per i beni e le attività artistiche della Chiesa, che faceva riferimento alla pontificia commissione per i Beni culturali guidata da Piacenza.

Insieme, il monsignore e il giovane adepto, nel 2005 donarono a Benedetto XVI la Rosa Mystica, una rosa speciale dedicata alla Madonna e prodotta in Liguria. «Guardando le rose», si esaltò per l'occasione Piacenza, «ci pare di vedere le chiese addobbate, le luci, i canti e tutto un clima davvero "cattolico", di un popolo che ama i sentimenti forti quanto commoventi».

Sentimenti forti, rose mistiche. E dossier terreni: è Simeon il loro coltivatore? Di certo oggi il suo protettore Piacenza è il candidato più forte alla segreteria di Stato se gli scandali continuassero a fiorire e se Bertone fosse costretto a lasciare. E diventerebbe il pope-maker del conclave, in un futuro non troppo lontano. Come dimostrano i giochi attorno a un uomo di 85 anni che ha già dichiarato di volersi dimettersi se fosse impossibile andare avanti «fisicamente e spiritualmente». Che ha chiesto aiuto, «che qualcuno sia con lui». E che in questi giorni di miserie, al contrario, si sente più solo. Lui, Joseph Ratzinger, il papa.

 

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