1. LA VERA STORIA DELLA RIELEZIONE DI KAISER NAPOLITANER DEVE ESSERE ANCORA SCRITTA: LE LARGHE INTESE COL BIS DI RE GIORGIO ERANO IL VERO OBIETTIVO FIN DALL’INIZIO! 2. LETTA-LETTA SENTE TRABALLARE LA POLTRONA E TORNA A FARE ASSE CON BERSANI CONTRO RENZI IL ROTTAM’ATTORE. MA SI LASCIA SFUGGIRE LA VERA ORIGINE DEL GOVERNISSIMO 3. ALTRO CHE GOVERNO DI CAMBIAMENTO, L’AMMUINA DI CULATELLO BERSANI CON GRILLOMAO ERA OBBLIGATORIA PER ARRIVARE AL GOVERNO CON IL PREGIUDICATO BERLUSCONI! 4. MENICHINI (“EUROPA”): “NON VORREMMO CHE LA GENTE DEL PD SIA STATA PRESA IN GIRO E CHE PERFINO LO SCANDALO MENATO SUI 101 SIA STATO STRUMENTALE: A QUANTO PARE LA PROSPETTIVA DELLE LARGHE INTESE ERA BEN PRESENTE DA PRIMA” 5. LA PROFEZIA DEL FEDELISSIMO LETTIANO GUGLIELMO VACCARO: “STASERA SALTA PRODI, SARÀ RIELETTO NAPOLITANO CHE INCARICHERÀ LETTA DI FARE IL NUOVO GOVERNO”

1 - UNA STORIA INEDITA DELLE LARGHE INTESE
Stefano Menichini per "Europa Quotidiano"


Da ieri la ricostruzione della dolorosa genesi delle larghe intese tra Pd e Berlusconi ha una nuova versione, inedita. Molto autorevole però. Perché l'hanno proposta due protagonisti assoluti, molto vicini tra loro nei mesi che separano il pomeriggio del 25 febbraio dai giorni di maggio della nascita del governo Letta.

Uno è lo stesso presidente del consiglio, in questo caso in quanto ex vicesegretario del Pd; l'altro è Bersani, nella doppia veste di allora di segretario del partito e di presidente incaricato del primo tentativo di governo.

Appunto, del famoso "governo di cambiamento". Finora, la tesi di Bersani su quel passaggio era la rivendicazione di una soluzione di governo che sarebbe stata possibile, e che invece fu resa impossibile prima dall'ostinazione di Grillo e poi dallo sbandamento e dal tradimento nel gruppo parlamentare Pd nelle votazioni sul capo dello stato.

Ieri Bersani e Letta l'hanno raccontata in modo diverso. In sostanza: il segretario doveva provarci (parole di Bersani) perché né il suo popolo né i suoi parlamentari avrebbero accettato, subito dopo le elezioni, una linea opposta a quella della campagna elettorale. Ergo (parole di Letta): oggi le larghe intese non esisterebbero, se prima Bersani non si fosse sacrificato per dimostrare che non c'erano altre soluzioni. Riandando a quei giorni, è una interpretazione sorprendente.

Francamente credo che nessuno abbia vissuto quei passaggi con la sensazione che Bersani stesse arando il campo perché poi il Pd potesse fare un governo con Berlusconi. E se c'era qualcuno che diceva cose simili, stava dalle parti di Grillo e stava imputando al Pd-meno-elle di fare manfrina in vista del compromesso col Cainano.

Ora sarebbe molto scocciante dover dare ragione postuma a Grillo. Vorrebbe anche dire che la gente del Pd è stata un po' presa in giro. E che perfino lo scandalo menato sui 101 sia stato strumentale, se non altro quando si è scaricato sui "traditori" la colpa di essere loro i colpevoli delle larghe intese: a quanto pare era invece una prospettiva ben presente da prima.

Non possiamo pensare cose del genere né di Bersani né di Letta. Preferiamo altre ipotesi. Tipo che solo uno dei due interpretasse il governo di cambiamento come l'avventura di un kamikaze. O che la ricostruzione odierna serva, più che a riscrivere la storia, a difendere la formula nei momenti difficili che devono arrivare.

2 - LA PROFEZIA DEL LETTIANO VACCARO
Dal libro di Marco Damilano "Chi ha sbagliato più forte"


Un deputato della corrente di Letta, il campano Guglielmo Vaccaro, è stato ancora più preciso. Incontrando alcuni colleghi il 19 aprile in Transatlantico prima del voto si lasciò andare a una previsione: "Come finisce? Stasera salta Prodi, sarà rieletto Napolitano che incaricherà Letta di fare il nuovo governo".

3 - LETTA FA ASSE CON BERSANI: RENZI NEL MIRINO
Francesco Bei per "La Repubblica"


«Vi rendete conto in che razza di caos era finita l'Italia? Tra il 17 e il 20 aprile la nostra democrazia ha sbandato e a chi dice che faccio troppo poco, consiglio la lettura di questo libro ». Enrico Letta, contro molte previsioni, alla fine appare alla presentazione del libro scritto dai bersaniani Stefano Di Traglia e Chiara Geloni sui "Giorni Bugiardi", quelli della campagna elettorale dello «spompo» (come lo definì Renzi), della faticosa trattativa con i grillini per un «governo di cambiamento», della tragedia del Pd sbriciolato dai 101 franchi tiratori.

«Bisogna che il dibattito congressuale esorta il premier - entri con i piedi giunti nel tema delle ferite di quei quattro giorni, se invece le sorpassa a piè pari fa un errore».
Non sono comunque gli amarcord la cifra della serata al tempio di Adriano, ma i sulfurei riferimenti di entrambi - Letta e Bersani - al sindaco rottamatore. «Ogni volta che mi scoraggio - afferma il premier - leggo questo libro che tengo sul comodino e vedo da dove siamo partiti: chi dice che il nostro governo è una cosa piccola non tiene conto dello sfaldamento diquei quattro giorni. Se ci ripenso mi viene ancora l'angoscia».

Renzi è il bersaglio comune. Anche Bersani non si sottrae, anzi. Per esempio quando traccia «l'identikit» del nuovo segretario del Pd. «Il primo requisito è questo: ci credi alla ditta o no? Perché senza ditta non so dove vada questo paese. In quattro anni da segretario ho fatto due volte le primarie con 4 milioni di persone e le ho vinte, ma non ho mai pensato che il mio partito fosse "Forza Bersani". Anzi, io dico sempre che sono "moderatamente bersaniano"».

Non c'èsimpatia per il leaderismo di Renzi. Il Pd, spiega l'ex segretario stuzzicato dalle domande di Sarah Varetto e Gianni Riotta, dovrebbe essere «un soggetto politico dove si ragiona insieme e non uno spazio per affermazioni personali di Tizio o di Caio». E ancora, sempre contro il Giglio fiorentino: «La cosa che più mi fa arrabbiare è quando si dice che abbiamo sbagliato un gol a porta vuota...ma che? La porta era pienissima di fenomeni internazionali, che stanno ancora lì tutti vivi».

Quel 25% di Grillo è la ragionedel fallimento di Bersani e della nascita del governo di larghe intese. E il «testimone» ideale che i due esponenti del Pd si passano. Letta riconosce infatti il «sacrificio personale» dell'ex segretario, che si consumò invano inseguendo il Movimento 5 Stelle: «Questo governo esiste perché c'è stato il tentativo di Bersani, senza il quale il popolo e i parlamentari del Pd non avrebbe accettato il governo delle larghe intese».

Bersani se la ricorda bene quella fase, fin troppo: «Se il giorno dopo le elezioni io avessi detto "si fa il governo con Berlusconi", non oso immaginare cosa sarebbe successo: il franone! Conosco molto bene il mio popolo, sapevo che il passaggio con Grillo bisognava farlo comunque, anche per dare un messaggio a chi aveva preso il 25% e voleva tenerlo in frigorifero senza pagare un prezzo». Letta concorda: «Bersani si è immolato per dimostrare che l'altra ipotesi, quella con i grillini, non era percorribile. Non posso che essergli grato per la sua lealtà».

In fondo qualcosa, un pizzico di quel governo di «cambiamento » sognato da Bersani c'è anche nell'esecutivo attuale, almeno così sostiene il premier: «La scelta di fare ministro Cecile Kyenge, che ho preso in solitudine, è figlia di quell'idea». Ma il pericolo è ancora tutto lì davanti, non è ancora il momento di abbassare la guardia. Perché «in nessun altro paese europeo era mai successo che un partito senza organizzazione, che si presenta per la prima volta, sia votato da un quarto dei cittadini». Per questo il governo, secondo Letta, deve andare avanti e fare le riforme necessarie a prosciugare l'acqua dell'antipoliticadove nuotano i grillini.

 

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