1. IL VOTO SI AVVICINA? VOLA COME UN UCCELLO PADULO IL VAFFANCULO DI RENZI A LETTA & ALFANO: “IO NON VOGLIO ASSOLUTAMENTE ESSERE ACCOMUNATO A LORO. IO SONO TOTALMENTE DIVERSO: IO HO RICEVUTO UN MANDATO POPOLARE, TRE MILIONI DI PERSONE CHE MI HANNO VOTATO PERCHÉ HANNO CONDIVISO QUEL CHE HO PROMESSO” 2. “MI DICONO “MATTEO BISOGNA ANDARE SUBITO AL VOTO” E IO RISPONDO CALMA RAGAZZI, CALMA. SE LETTA FA, VA AVANTI. CERTO, SE SI FANNO MARCHETTE E SI PASSA DALLE LARGHE INTESE ALL’ASSALTO ALLA DILIGENZA, NON VA BENE. L’HA DETTO IL CAPO DELLO STATO. E CERTO NON SI PUÒ ACCUSARE NAPOLITANO DI ESSERE UN NEMICO DEL GOVERNO-LETTA” 3. MINACCIA: “NON BASTA CAMBIARE TRE CASELLE. DA GENNAIO CI FAREMO SENTIRE SUL SERIO” 4. DOPO IL ‘‘CORRIERE’’ CON L’EDITORIALE DI DE BORTOLI, ANCHE “LA STAMPA” SI RIPOSIZIONA

Federico Geremicca per La Stampa

«Me l'ha mai sentito dire? Io quella parola, intendo rimpasto, non l'ho mai pronunciata e mai la pronuncerò. E se proprio lo vuol sapere, anzi, mi fa anche un po' senso». Matteo Renzi al telefono, sei del pomeriggio, giusto così, per uno scambio d'auguri. Auguri per un 2014 migliore del 2013, naturalmente. Auguri anche ad Enrico Letta, certo: pur se la letterina che il leader del Pd invia al premier è di quelle che uno preferirebbe non ricevere mai.

Partire dal presidente del Consiglio e dall'indecifrabile rapporto tra i due «giovani leoni» del Pd può forse avere un senso perché è proprio quella vicinanza generazionale - tanto per cominciare - che Matteo Renzi rifiuta, anzi rigetta, spiegando con puntiglio il perché: «Non posso accettare - dice - l'impostazione che Enrico ha dato alla sua conferenza stampa di fine anno, quando ha detto che un salto generazionale è compiuto, facendo quasi immaginare una intesa tra lui, Alfano e me. Le cose bisogna raccontarle per come stanno. Lui, Enrico, è stato portato al governo anni fa da D'Alema, che io ho combattuto e combatto in modo trasparente; e Angelino Alfano al governo ce l'ha messo Berlusconi, quando io non ero ancora nemmeno sindaco di Firenze».

Si interrompe per un attimo, riflette e poi riprende: «È vero che loro provengono da una generazione più giovane di quella che li ha preceduti, ma io non voglio assolutamente essere accomunato a loro, integrato in uno schema: io sono totalmente diverso, per tanti motivi. E uno di questi motivi, in particolare, non può esser sottovalutato: io ho ricevuto un mandato popolare, tre milioni di persone che mi hanno votato perché hanno condiviso quel che ho promesso che avrei poi fatto. È per questo che non si può più perder tempo: con l'anno nuovo si passa dalle chiacchiere alle cose scritte. E le prime cose scritte riguarderanno i due temi capitali: il lavoro e le riforme».

L'idea, dunque, sarebbe quella di continuare lealmente a sostenere Letta e il suo governo: a condizione, naturalmente, che faccia quel che deve. Quindi non andrebbe interpretata come un «fine corsa» la dichiarazione di Davide Faraone (renziano e membro della segreteria pd) che ieri ha messo in agitazione i palazzi romani: «Non basta un ritocco, un "rimpasto": o si cambia radicalmente o si muore». Renzi prova a gettare acqua sul fuoco: «Uno sfogo di pancia», spiega. E sarebbe tutto perfettamente rassicurante, se fermasse il suo commento qui. Ma non lo ferma.

«Uno sfogo di pancia - ripete -. Non è una dichiarazione di guerra, perché le dichiarazioni di guerra le faccio io, mettendoci la faccia. Però Faraone ha detto quel che pensa il 99% degli italiani. E nel merito è difficile dargli torto... Un po' di tempo fa Enrico mi ha spiegato che i provvedimenti che il governo avrebbe varato a fine anno erano frutto di un lungo lavoro preparatorio, che ne aveva parlato con Epifani e i partner di maggioranza... Mi chiese, insomma, di non ostacolarli: e io non ho disturbato. Ma potevano risparmiarsi e risparmiarci tante cose. E la faccenda della nomina da parte di Alfano di diciassette nuovi prefetti è soltanto la ciliegina sulla torta...».

È una storia che Matteo Renzi non riesce a mandar giù, per due diversi motivi. «Il primo mi pare evidente - dice -. Caro Angelino, ma non dovevamo abolirli i prefetti? E invece di abolirli tu ne nomini altri diciassette? La seconda la dico quasi per fatto personale: non può annunciare le nomine e aggiungere "ho fatto come Renzi: sono più le donne che gli uomini"... Io con le donne ci lavoro da sempre, in giunta, in segreteria, nei posti che contano...

Non ci voglio entrare nelle nomine di Alfano. E se pensano di ingabbiarmi con un rimpasto, sbagliano alla grande. Io fatico a tenere Delrio al governo, perché ogni tanto mi dice che vorrebbe lasciare: è quello il mio problema, altro che un sottosegretario o un ministro in più. Io spero davvero che Letta colga la portata della sfida: non basta cambiare tre caselle. E da gennaio ci faremo sentire sul serio...».

Un fiume in piena, anche perché dalla politica fiorentina alla "piazza romana" il salto si è rivelato forse più insidioso di quel che il sindaco-segretario immaginava: una partita a scacchi, dove sbagli una mossa e sei fregato: «Sfogliate le collezioni dei giornali - dice - e trovate una mia dichiarazione dove chiedo un rimpasto, per la miseria. Ne ha parlato Scelta Civica per prima, poi Cuperlo ed Epifani: io mai. Non ho alcun interesse a mettere pedine e scambiare caselle: chiedo solo che si cambino stile e velocità nel governo del Paese. Se loro sono d'accordo, si va avanti: ma devono accettare di fare le cose che non hanno fatto in questi ultimi 20 anni. Altrimenti non avrebbe senso continuare».

Fare le cose, appunto. Renzi insiste molto su questo punto «perché è quel che ho detto durante la campagna per le primarie: il governo va avanti se fa. Alla gente che mi ha votato ora non posso dire che si va avanti anche se il governo non fa». Fare, dunque. E fare, prima di tutto, sul piano del lavoro - di nuove occasioni di lavoro - e della riforma della legge elettorale. «Vedo che ora c'è qualcuno che critica me - ironizza Renzi -. Dicono: "Ma com'è, ha cambiato idea? perché non parla più del sistema elettorale col quale si eleggono i sindaci"? È il giochino dello scaricabarile, per far confusione. Ma con me cascano male...».

Non è che perché arriva da Firenze e non frequenta da lustri i «palazzi romani» il neo-segretario del Pd sia uno sprovveduto: «Non mi impicco a un sistema preciso - spiega - perché appena dovessi indicarlo tutti direbbero che non va bene. Ma ho spiegato chiaramente modello e metodo: dopo il voto si deve sapere subito chi ha vinto, e chi ha vinto deve governare e poterlo fare per cinque anni. Questo è il modello. Quando al metodo, l'ho detto: per me la legge elettorale si fa con tutti e parlando con tutti. Anche con Grillo e Berlusconi, certo».

Con l'anno nuovo, sul tema legge elettorale Renzi annuncia una nuova offensiva: «Torno all'attacco degli elettori di Grillo e dei suoi parlamentari: in quel mondo lì c'è attenzione vera sull'urgenza di riformare il sistema. E a Berlusconi - aggiunge - manderò un messaggio chiaro: caro Silvio, tu te ne stai andando, ai servizi sociali o non so dove. Dai un tocco finale diverso alla tua vicenda da leader e partecipa al varo della nuova legge ed alla Grande riforma di cui il Paese ha bisogno. Vediamo cosa risponderanno gli uni e gli altri - conclude - ma io con loro ci parlo e ci parlerò».

È da qui - e Matteo Renzi naturalmente lo sa - che nasce il grande sospetto che circonda il leader dei democratici: vuole subito una nuova legge per andare a votare. «Calma, ragazzi. Sapesse quanti mi dicono "Matteo bisogna andare subito al voto" e io rispondo calma ragazzi, calma. Bisogna tener fede a quando detto: se Letta fa, va avanti. E continuo ostinatamente a credere che sia possibile. Certo, se si fanno marchette e si passa dalle larghe intese all'assalto alla diligenza, non va bene. E per fortuna che stavolta non l'ho detto io: visto che il primo critico, in questa occasione, è stato il Capo dello Stato. E certo non si può accusare il Presidente di essere un nemico del governo-Letta».

Napolitano, già. Il rapporto tra i due va lentamente scongelandosi, ma citare il Presidente fa tornare alla mente di Renzi una cosa che proprio non sopporta più: i rilievi al suo stile. «Sono stufo, ogni volta che scendo giù - lamenta - mi sembra di rileggere Flaiano, un marziano a Roma. I giornali hanno perfino ipotizzato che io mi sia presentato in giacca chiara agli auguri al Quirinale per farmi notare. Insopportabile. Lì ci ero stato una sola volta con Benigni. Non ci sono abituato. E quando ho visto come erano vestiti i papaveri di Stato... ho capito che avevo sbagliato giacca. Una gaffe, tutto qui».

Una gaffe, va bene. Ma stia tranquillo, Renzi. Non sarà certo per questo che potrà esser rimproverato...

 

 

renzi-faziorondolino a renzi io con questi non mi sarei fatto fotografare MATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA ENRICO LETTA E LA BANCONOTA DA EURO RENZI E ALFANO ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BRUNO VESPA RENZI FARINETTI RENZI dalemasondaggio ballaro su renzi grillo berlusconi FONZIE RENZI TOGLIATTI E RENZI YALTA CON BERLUSCONI RENZI GRILLO

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...