ULTIME DA SALO’: LO ZAMPONE DELLA MERKEL NELLA SCISSIONE DEL PDL? - ANGELONA SI FECE GARANTIRE DA ALFANO CHE B. FOSSE FUORI DAI GIOCHI

Paolo Bracalini per "il Giornale"

Ad osservare attentamente il thriller della fiducia c'era anche, da Berlino, Angela Merkel, la supercancelliera appena riconfermata con un plebiscito elettorale. Che Frau Merkel fosse preoccupata della «stabilità» italiana lo ha fatto sapere lei stessa, con una telefonata al premier Letta - definita «affettuosa» da Palazzo Chigi - due giorni prima della verifica in Senato, in cui auspicava «la continuità dell'azione del governo».

Un segnale eloquente di quel che la Germania desidera (non) accada in Italia, paese sorvegliato speciale dall'Europa e in particolare dai tedeschi, azionisti di maggioranza della Ue. Un asse Berlino-Roma già sperimentato con Mario Monti e proseguito con Letta, sempre sotto l'ala di Giorgio Napolitano. Ma non sarebbe quella l'unica telefonata partita dalla cancelleria tedesca verso i Palazzi romani.

Nelle ultime ore si rincorre la voce di un colloquio telefonico, precedente al voto sulla fiducia, tra la Merkel e Angelino Alfano, segretario del Pdl, partito che fa parte, nel Parlamento Ue, del gruppo del Ppe (Partito popolare europeo), dove siedono gli eurodeputati della Cdu tedesca che è appunto il partito della Merkel. Una telefonata per assicurare l'appoggio tedesco e del Ppe (formazione a trazione teutonica) all'operazione di annientamento politico di Silvio Berlusconi, messo in minoranza dai suoi stessi senatori e deputati, sotto la regia di Alfano, nelle vesti di nuovo leader di un centrodestra cristiano-popolare (e de-berlusconizzato) gradito a Berlino?

Un quadro, per quanto iniettato di veleni, supportato da molti indizi. Innanzitutto, dall'ostilità dei leader tedeschi del Ppe verso Berlusconi. A partire dal capo della delegazione tedesca nel Partito popolare europeo, Herbert Reul, che alla notizia della ridiscesa in campo di Berlusconi per le elezioni 2013, commentò: «Non credo sia un bene per il Ppe e per i nostri colleghi italiani (del Pdl, ndr) che lui si ricandidi. Penso che abbiamo bisogno di politici come Monti o Mario Mauro», montiano, già capo delegazione italiana nel Ppe, ciellino come i «separatisti» Formigoni e Lupi.

Non a caso Mauro, ministro del governo Letta, qualche giorno fa, intervistato dal Frankfurter Allgemeine Zeitung, ha proposto ai partiti che compongono il Ppe di «porre fine alla loro collaborazione con la politica isolazionista del Pdl», cioè di cacciare il Pdl-Forza Italia, «a causa del comportamento politico di Silvio Berlusconi».

Anche Formigoni (che ha lanciato come nome per il nuovo gruppo quello di «Popolari»...) ha puntato sull'asse col Ppe, dicendo che sarebbero stati loro, i fuoriusciti dal Pdl, ad essere accolti dai colleghi in Europa, non il Pdl formato Forza Italia di Berlusconi e dei suoi falchi.

Il cattolico Giovanardi, attivissimo nel lavoro di distruzione del Pdl, attribuisce quel pensiero addirittura alla Merkel: «Il gruppo al Senato lo facciamo perché Forza Italia non verrà accolta nel Ppe. Lo dice pure la Merkel. Sarà un partito con delle caratteristiche incompatibili con i Popolari europei» spiega l'ex Udc a Radio24. Gli «alfanianiani» hanno dalla loro un vantaggio non da poco.

Nel momento in cui Berlusconi formerà Forza Italia, cioè un soggetto politico nuovo, dovrà - per regolamento - fare domanda di ammissione al Ppe, che ovviamente potrà anche rifiutarla. Mentre il Pdl di Alfano sarà già parte del Ppe, senza bisogno di muovere un passo, e con la benedizione dei cristiano-democratici tedeschi, a partire da Frau Merkel.

Mentre Berlusconi è diventato ingombrante, con le critiche all'«egemonia» della Germania in Europa e addirittura i dubbi sulla bontà dell'euro. Bestemmie intollerabili per Berlino, che punta sui delfini per affossare il Caimano. «Ma Berlusconi, torna?» aveva chiesto proprio Angela Merkel ad Angelino Alfano e a Franco Frattini in un episodio inedito che ci racconta una fonte diplomatica. Berlino, gennaio 2012, alla Konrad Adenauer Stiftung, fondazione politica della Cdu. Berlusconi ha da poco lasciato Palazzo Chigi, dove da novembre siede il più germanofilo Mario Monti.

Frattini è lì in missione come presidente della Fondazione Alcide De Gasperi (presidenza lasciata a luglio, a chi? Ad Angelino Alfano), mentre Alfano lo accompagna come nuovo segretario del Pdl dopo l'investitura di Berlusconi, ritiratosi a «padre nobile» del Pdl. Parlano, in inglese (più Frattini che Alfano) con la Merkel, del nuovo quadro politico in Italia e del Pdl, finché la cancelliera, un po' preoccupata, non domanda: «Ma Berlusconi, si è ritirato davvero o è ancora lui il leader?».

«No no, Berlusconi adesso è fuori, si è ritirato, il Pdl è guidato da una nuova generazione di moderati» assicuravano Alfano e Frattini. Dopo oltre un anno e mezzo, alla Merkel tocca ancora aspettare.

 

la stretta di mano Berlusconi Merkel al Consiglio EuropeoMERKEL BERLUSCONI NAPOLITANO ENRICO LETTA E ANGELA MERKELMERKEL NAPOLITANO FOTO LAPRESSE ENRICO LETTA E ALFANO NEL GIORNO DELLA FIDUCIA AL GOVERNO FOTO LAPRESSE alfano e letta duo extra ALFANO FRANCESCHINI ENRICO LETTA FRANCO FRATTINI SILVIO BERLUSCONI FRANCO FRATTINI SILVIO BERLUSCONI

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...