papa francesco fabio fazio eugenio scalfari rita pavone

IL PONTIFICATO “POP” DI FRANCESCO – DALLE INCURSIONI IN TV DA FAZIO ALLO SBARCO SU "X", DALLA TELEFONATA A RITA PAVONE AL BLITZ NEL NEGOZIO DI DISCHI CHE FREQUENTAVA DA CARDINALE - "REPUBBLICA" SI CHIEDE: "ABBIAMO ASSISTITO A UN COLOSSALE SFORZO DI EVANGELIZZAZIONE ATTRAVERSO L’EMPATIA O A UNA VOLGARIZZAZIONE DEL MARCHIO PONTIFICIO?" - LE SCELTE DI PAPA FRANCESCO SONO PIACIUTE PIÙ AI LAICI, A COMINCIARE DA EUGENIO SCALFARI. MENO A UNA GRAN PARTE DEI CREDENTI - LA DENUNCIA CONTRO LE OLIGARCHIE DEL TECNOCAPITALISMO...

1 - I MEDIA FAZIO E SANREMO LA COMUNICAZIONE POP PER RAGGIUNGERE I FEDELI

Gabriele Romagnoli per “la Repubblica” - Estratti

 

papa francesco fabio fazio

Benedetto XVI evocava “il silenzio di Dio”. Francesco la voce del Papa. Giovanni Paolo II la portava personalmente nel mondo.

 

Francesco ha cercato ogni specie di amplificatore. Non c’era mai stato nella sua posizione un comunicatore simile ed è probabile non ce ne saranno più. Di certo, non ora.

 

Durante il suo pontificato è stata trasmessa la serie di Paolo Sorrentino The young pope in cui il giovane papa americano teorizzava “l’assenza è presenza” e “dobbiamo tornare a renderci inaccessibili perché solo così saremo desiderabili”, come i grandi artisti più amati: Salinger, Banksy, Mina.

 

Francesco si è issato sul lato opposto, praticando la presenza come necessità contro l’oblio, attribuendo alla parola un valore inestimabile, che fosse da Dio a uomo, da uomo a uomo o da uomo a Dio: verbo, dialogo o preghiera.

 

papa francesco negozio di dischi

Vade retro Elena Ferrante, tuttavia amico geniale. È apparso nei luoghi meno previsti e ortodossi: da un ottico in centro a Roma, nel negozio di dischi che frequentava da cardinale, al luna park di Ostia. Ha bussato a un centro di accoglienza per giovani prostitute liberate dalla schiavitù, a casa di famiglie di immigrati, di Edith Bruck e di Emma Bonino.

 

Ha telefonato a un bambino di Cosenza che gli aveva spedito una lettera chiedendogli di pregare per la zia malata, a un giovane autistico di Bergamo, ai detenuti di La Plata in Argentina, a Rita Pavone. Inevitabile che Paolo Brosio, l’ultrà di Medjugorie, sia caduto nella trappola di un imitatore ingaggiato da Scherzi a parte. E che, per rincuorarlo, il vero pontefice l’abbia poi ricevuto, insieme con la madre. Identica la reazione nei due casi: “Il sogno della mia vita si è avverato”. A dimostrazione che realtà e fantasia si sono raggiunte, l’una incapace di superare l’altra.

 

L’impensabile è diventato ordinario. Si è potuto commentare senza sussulti “il papa da Fazio”.

 

È potuto accadere che durante il festival di Sanremo, manifestazione sconosciuta alla stragrande maggioranza dei cattolici del pianeta, venisse proiettato un suo video, comunque sia stato registrato.

 

La comunicazione vaticana e della Chiesa in generale è stata protagonista negli ultimi anni di un vero e proprio romanzo di tras-formazione. Ha cercato di adattare il linguaggio ai cambiamenti continui. Non è difficile immaginare lo sforzo con cui papa Benedetto XVI ha accettato di essere il primo a sbarcare su Twitter (non ancora X). Ma se la tecnologia crea un rapporto continuo ma freddo e solo apparentemente diretto (in fondo come possiamo sapere chi utilizza l’account del pontefice?), la tecnica di papa Francesco è stata invece discontinua, ma calda e diretta. Nel suo libro Dal concilio al web l’ex vicedirettore della sala stampa vaticana Angelo Scelzo ha cercato di seguire e spiegare questo percorso così veloce e inatteso.

 

papa francesco rita pavone

Presentandolo, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, ha messo l’accento sul “linguaggio del cuore, semplice e immediato” usato da papa Francesco ma anche sull’interpretazione “nella quale non manca talvolta una certa dose di malizia”.

 

E qui veniamo al punto chiave: abbiamo assistito a un colossale sforzo di evangelizzazione attraverso l’empatia, la disponibilità e la diffusione o a una volgarizzazione del marchio? Nel diritto industriale una parola talmente usata da identificarsi con l’oggetto a cui si riferisce perde il valore di nome proprio e diventa comune (esempi: scotch, moka, cellofan). È accaduto lo stesso alla parola proveniente dal soglio pontificio?

 

papa francesco eugenio scalfari

Scendendo nella canea del dibattito la figura del pontefice si è esposta al pubblico ludibrio, ai manifesti e alle scritte irridenti, alle ironie dei vignettisti, alle salacità dei commentatori? E non era forse questo parte del piano? Forse che la più grande “volgarizzazione” mai narrata non è stata l’incarnazione umana del figlio di Dio, la sua esposizione alle reazioni più bieche, scurrili e scontate? Pochi decenni fa in Italia vedevamo in tv i leader di partito in occasione delle tribune politiche pre-elettorali, ora fanno più ospitate di una soubrette e di sé ancor più mettono in mostra.

 

Era inevitabile adeguarsi per essere ascoltati o era meglio non farlo per non finire nello stesso tritacarne da cui escono ugualmente maciullati il sacro e il profano?

 

PAPA FRANCESCO AL BALCONE DELLA BASILICA DI SAN PIETRO IL GIORNO DI PASQUA - 20 APRILE 2025

Non troppo paradossalmente le scelte di papa Francesco sono piaciute più ai laici, a cominciare da quella di scegliere come interlocutore il fondatore di questo giornale, Eugenio Scalfari. Meno a una gran parte dei credenti. Meno ancora a chi, laico o credente, non ha capito neppure le dimissioni di Ratzinger, presupponendo una Chiesa inflessibile. Papa Francesco ha avuto molti consulenti o consiglieri per la comunicazione. Si sono succeduti spesso non per decorrenza naturale dei termini. L’impressione è che, come in ogni altra cosa, abbia fatto per lo più di testa sua, pur dopo aver testato qualche suggerimento.

 

Esemplare una delle ultime apparizioni, al Giubileo della comunicazione, quando è arrivato sul palco con un discorso di nove pagine ma, davanti al microfono, ha annunciato che era quasi ora di pranzo e non gli pareva il caso, restituendolo a chi gliel’aveva consegnato e preferendo dir poco, ma sottoponendosi a un ben più lungo percorso di benedizioni e strette di mano.

 

Non solo parola, dunque, ma a volte, in sostituzione: presenza tangibile, contatto, vicinanza. E, in qualche circostanza, l’intuizione che l’immagine sia il nuovo verbo. Insuperabile in questo la Via Crucis del 2020 in piena pandemia e conseguente lockdown, quando apparve in mondovisione solo nella piazza San Pietro deserta ad attendere la croce, portata da ex detenuti e medici.

papa francesco con il poncho a san pietro 2

 

Poi, nell’ora finale, ha chiesto la trasparenza come estremo rimedio alla falsità del mondo. E come penultima versione di sé ha scelto quella con il poncho, garibaldino, destituito e quindi vincitore.

 

(...)

2 - LO STORYTELLER DI UNA CHIESA IN CAMMINO

Massimiliano Panarari per “la Stampa” - Estratti

 

Una delle tante facce del "Prisma Francesco" è stata quella della comunicazione. Sembra quasi un luogo comune oggi, ma Jorge Mario Bergoglio è stato il vero grande comunicatore contemporaneo di una comunità di credenti in viaggio (e in transizione).

 

papa francesco con il poncho a san pietro 3

Ora, nel corso della loro storia, con modalità naturalmente diverse, le ultramillenarie istituzioni cattoliche hanno sempre comunicato – al punto che la parola "propaganda" è nata nel loro ambito (la Congregazione de Propaganda Fide, nell'orbita del Sant'Uffizio) –, con l'inesauribile finalità di fare proselitismo; un concetto, per inciso, che il pontefice latinoamericano non sopportava affatto, e rigettava dicendo che la Chiesa «si sviluppa piuttosto per attrazione».

 

Insieme a Giovanni Paolo II (all'insegna di caratteristiche decisamente differenti sotto molti profili), Bergoglio è stato in tutto e per tutto l'altro formidabile performer comunicativo del cristianesimo romano entrato nella postmodernità.

 

Non per nulla, il suo primo atto comunicativo ha coinciso con l'autobattesimo della denominazione: un gesuita che ha assunto il nome pontificale di Francesco – come ha ricordato nel suo accorato messaggio di cordoglio il Presidente Mattarella –, e così facendo ha indicato da subito la direzione di marcia e i destinatari a cui intendeva innanzitutto rivolgere il suo apostolato.

 

Del resto, "nomina sunt consequentia rerum": in tal modo, Bergoglio annunciava un magistero che voleva andare al di là dei confini (occidentali) e dei pubblici dei fedeli più abituali. Insomma, lo storyteller di una Chiesa in cammino, "in" e "di movimento" rispetto a quella del predecessore Benedetto XVI.

 

Un approccio sicuramente dettato anche (gli uomini sono le loro biografie) dalla tempra sudamericana e dal carattere espansivo, che ne spiegano svariate espressioni assai poco ortodosse – e pure qualche infelice scivolone lessicale sul tema dell'omosessualità, ovvero (parole sue, giustappunto), della «frociaggine».

 

PAPA FRANCESCO NEGOZIO DI DISCHI

Il «Papa dei poveri» – etichetta a volte un po' abusata, ma che rende la sostanza delle cose – ha fatto dell'autenticità e della schiettezza le cifre comunicative per eccellenza del suo pontificato proprio nella convinzione che quelle fossero le strade per (sempre parole sue) «andare nelle periferie» arrivando ai più deboli, bisognosi della consolazione della religione e del supporto della Chiesa. E, più in generale, essendo persuaso che un linguaggio diretto e una comunicazione popolare (e pop), di cui è stato un maestro insuperabile, consentissero di parlare al cuore di tutti, ossia di un popolo concepito come organismo unitario, ma deprivato della sua armonia per cause esterne, nel quale alcuni osservatori hanno ravvisato i segni di una visione populista (di nuovo, le radici argentine).

 

eugenio scalfari papa francesco

Di qui, la denuncia dei rischi delle piattaforme social e del negazionismo climatico e la predicazione contro l'individualismo iperconsumistico ed edonistico e le oligarchie del tecnocapitalismo. Come pure la sua polemica di fondo verso tutto ciò che il trumpismo incarna, e le tensioni con una certa gerarchia ecclesiastica Usa di orientamento reazionario – fino allo scherzo del destino del suo ultimo incontro con il "viceTrump", il neoconvertito J.D. Vance. E, ancora, l'invito, contenuto nel suo Messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali del gennaio di quest'anno, a «disarmare la comunicazione» generatrice di odio, rancore e incivility.

 

Francesco è stato un talento naturale nel comunicare, una forza tranquilla capace di ascoltare e parlare alle persone del proprio tempo (anche al telefono o al Festival di Sanremo). In grado di ripetere autorevolmente cose normali, nel più puro spirito evangelico, e narrare microstorie quotidiane e di vita vissuta (che diventavano gli equivalenti di una parabola). 

papa francesco trump

 

(...) Un Papa pop, ecologista, inclusivo e, per l'appunto, un Grande comunicatore coi controfiocchi.

papa francesco trump

 

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