
“LA FOTO DEL GIORNO RESTERÀ QUELLA DI TRUMP E ZELENSKY. SE È STATO FRANCESCO A PROPIZIARE TUTTO QUESTO, È GIÀ UN SEGNO” – IL REPORTAGE DEL FUNERALE DEL PAPA BY ALDO CAZZULLO: “NELLE PRIME FILE DELLA PIAZZA, IL CONCLAVE È GIÀ INIZIATO. NON TRA I CARDINALI; TRA I PARLAMENTARI ITALIANI. UN PO’ TUTTI SONO AMICI DI ZUPPI, QUALCUNO CONOSCE PIZZABALLA, MOLTI PREVEDONO PAROLIN. I CARDINALI SEMBRANO SINCERAMENTE SOPRAFFATTI, SE NON DAL DOLORE, DALLA RESPONSABILITÀ. IL PORPORATO DI TRUMP, BURKE, HA DOVUTO RINUNCIARE A MALINCUORE ALLO STRASCICO RETTO DAI CHIERICHETTI E AL CAPPELLO ROSSO A FALDE LARGHE CHE IMBARAZZEREBBE CRISTIANO MALGIOGLIO. LOTITO, IN PIENA CRISI MISTICA, SI INGINOCCHIA SOTTO LO SGUARDO PREOCCUPATO DELL’ON. BORRELLI DI ALLEANZA VERDI SINISTRA. QUANDO I GENTILUOMINI PRENDONO POSSESSO DELLA BARA, IL POSTO DI LOTITO È VUOTO, BORRELLI LEVA GLI OCCHI, COME A CONTROLLARE SE SIA ASSURTO IN CIELO…” - FOTO DI MASSIMO SESTINI
Estratto dell’articolo di Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”
I due Bergoglio, il generale dei gesuiti d’Argentina e il primo Pontefice a chiamarsi Francesco, il leader politico e il Papa del popolo, sono nello stesso feretro, e nello stesso funerale. E nel vento che anche stavolta sfoglia, sia pure più dolcemente, il Vangelo posto sulla bara di legno chiaro, vibra lo spirito di Ignazio di Loyola e di Francesco d’Assisi, guarda caso invocati uno dopo l’altro nella litania dei santi.
I potenti sono sul sagrato. Trump provatissimo dalle due ore di liturgia in latino, con incursioni di tutte le lingue della cristianità, il francese, il portoghese, il polacco, l’arabo, il cinese, il tedesco, e finalmente un po’ d’inglese. Il re di Spagna Felipe alto come un cestista con la regina Letizia, l’unica che avrebbe diritto a vestirsi di bianco davanti al Papa, tutta in nero tipo la strega di Biancaneve.
Il principe William da solo, quasi identico alla madre Diana, come accompagnato da lei. Milei, che si è dato una spuntatina ai basettoni, con la potente e temuta sorella Karina. Di fronte, la macchia rossa dei cardinali, quella viola dei vescovi, i paramenti orientali di patriarchi e archimandriti che benedicendo la bara in greco daranno vita al momento più solenne della cerimonia.
Poi, a perdita d’occhio […] il popolo. Un popolo difficile da numerare, frantumato dal vero simbolo della Roma moderna che non è la lupa né l’aquila ma la transenna, inibito dal divieto di sollevare cartelli e sventolare bandiere. Ma un popolo autentico […] che non è qui per seppellire un morto ma per salutare un Papa che resterà vivo nella memoria.
Stare in mezzo alla gente, anche l’ultimo giorno. Umanizzare la Chiesa senza desacralizzarla. Dialogare con i potenti pari a pari, occhi negli occhi, come Ignazio, il fondatore del suo ordine; e chinarsi sul solco delle vite degli umili, dei deboli, financo degli animali e di ogni creatura, il vento l’acqua il fuoco, come Francesco, di cui ha preso il nome e condividerà la sepoltura: in una chiesa, certo, ma nella nuda terra.
La foto del giorno resterà quella di Trump e Zelensky. Mancano pochi minuti alle 10, i capi di Stato vanno a rendere omaggio al Papa nella navata centrale di San Pietro. Il presidente americano e quello ucraino si appartano, si siedono su due seggiole, si chinano uno di fronte all’altro. Non ci sono telecamere, davanti a cui fare la faccia feroce. Possono parlarsi per qualche minuto. Se è stato Francesco a propiziare tutto questo, è già un segno. Non un miracolo. […]
[…] Trump ha il senso della storia, ha il polso del popolo. Al di là delle divergenze con Bergoglio, ha capito che Roma in questo momento era il posto in cui stare. Sarà pazzo; non è sciocco. E pure il giallo dei capelli è meno intenso del solito.
Intanto ha guadagnato la prima fila, vicino a Macron. All’ultimo momento un addetto preleva Infantino dalla piazza: il presidente Fifa ha avuto un upgrade tra i potenti. […] Nelle prime file della piazza, il conclave è già iniziato. Non tra i cardinali; tra i parlamentari italiani. Un po’ tutti sono amici di Zuppi, qualcuno conosce Pizzaballa, molti prevedono Parolin: è il segretario di Stato di Bergoglio, quindi garantisce i progressisti; è un moderato, quindi rassicura i conservatori. C’è chi obietta: «Certo che dopo Francesco rischia di sembrare un comunicatore un po’ freddo...». Interviene Renzi, sorridendo: «Non comunica. Meglio. Non va da Fazio. È perfetto».
[…] In prima fila ci sono i ministri: Valditara, Urso, Giuli, il mitico Lollobrigida, Giorgetti reduce dal Fondo monetario, dove ha parlato di dazi con il segretario al Tesoro Usa, Scott Bessent. «Lo sai che è sposato con un uomo?» gli chiede Gentiloni. «Questo è niente, preparatevi, sarà durissima» vaticina il ministro dell’Economia. In seconda fila, la sinistra radicale. Bonelli. Fratoianni.
[…] Sul maxischermo appare il cardinale di Marsiglia Aveline, pure di lui dicono assomigli al Papa buono. Macron, sottobraccio a Brigitte, posta una foto della visita di Bergoglio giustappunto a Marsiglia. Arrivano altri politici: Violante, Tremonti. E poi gli ex presidenti del Consiglio, in Italia categoria ormai più numerosa dei metalmeccanici.
Uno che ha studiato dai gesuiti è Draghi: «Bergoglio mi ha chiamato dopo la Bce e prima di Palazzo Chigi, quando non contavo nulla». Conte rievoca la gestione della pandemia: «Abbiamo avuto incontri segreti con il Papa, ma non è il momento di rivelarli».
Nessuno vuole parlare con Soumahoro.
[…] Biden va a salutare Parolin, e rievocano il loro incontro del 2015, quando Joe non era ancora presidente e cercò il conforto del cardinale in morte del figlio Beau. Il principe Emanuele Filiberto di Savoia si guarda intorno felice: «Nell’800 il Papa ci aveva scomunicati; ma avevamo la Sindone, così abbiamo trattato...». Landini ha messo la cravatta. Luca Casarini, pieno di collanine, venticinque anni fa era qui a fare a botte con i poliziotti e assalire l’albero di Natale donato al Vaticano da Haider, padre di tutti i populisti di destra; ora è in lacrime per la morte del Papa. «Era come un padre. Gli mandai un dossier su di me, con tutti i ritagli di giornale. Mi rispose: queste cose le sapevo già. E mi abbracciò».
Il decano, Giovanni Battista Re, celebra spiccio, nel suo latino dall’accento bresciano, maneggiato come la lingua dell’infanzia. Avrebbe 4.600 concelebranti, record assoluto, che faticano a tenere il suo ritmo. L’omelia parte un po’ freddina, il popolo, lontano dalla bara, si sente un po’ escluso, così sprona a suon di applausi il cardinale novantunenne, che prende coraggio: «Francesco è stato un Papa in mezzo alla gente, cercava il rapporto con gli ultimi della terra».
Zuppi e Pizzaballa annuiscono. In cielo, elicotteri e droni. Davanti alla bara, l’icona della Madonna e un cuscino di fiori bianchi. Il presidente della Lazio Lotito — camicia candida chiusa da gemelli d’oro massiccio — si inginocchia, mistico, piegando il busto fin quasi a terra. Ancora il cardinale Re: «Ha vissuto da missionario. Si è donato. Pensava la chiesa come la casa di tutti, dalle porte sempre aperte. Il suo primo viaggio fu a Lampedusa, poi a Lesbo. Ricordo quando celebrò una messa sul confine tra Stati Uniti e Messico...», e qui l’applauso si fa più forte, quasi una sfida a Trump.
I cardinali sembrano sinceramente sopraffatti, se non dal dolore, dalla responsabilità. Il porporato di Trump, Burke, ha dovuto rinunciare a malincuore allo strascico retto dai chierichetti e al cappello rosso a falde larghe che imbarazzerebbe Cristiano Malgioglio.
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Uno che ha capito tutto è Manfred Weber, capo del Partito popolare europeo, cattolico bavarese: «Bergoglio era un leader e un pastore, un punto di riferimento per noi politici e un amico del popolo», Ignazio e Francesco appunto. Il cardinale Re ricorda che è stato «un Papa aperto ai segni dei tempi, capace di rinnovare la Chiesa»; il che, detto da un conservatore come lui, è il massimo riconoscimento.
«Il vecchio volpone», come lo chiama con affetto il suo ex segretario Dellavite, ora editorialista del Giornale, non entrerà in conclave; ma celebrando la messa «pro eligendo Pontifice» traccerà il ritratto del successore, che i cardinali più giovani dovranno individuare. «Papa Bergoglio diceva sempre: pregate per me. Ora siamo noi a chiederti: prega per noi. Benedici la Chiesa, Roma, il mondo intero, l’intera umanità».
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E qui finalmente la folla entra davvero in piazza san Pietro, esplode in un applauso commosso, si riprende il suo Papa. […] Roberto Saviano riprende con il telefonino. Elly Schlein parla con Weber nel suo inglese madrelingua. Al momento della comunione ci si guarda l’un l’altro di sottecchi: non farla sembra brutto, ma se si è divorziati? Lotito, ormai in piena crisi mistica, si inginocchia sotto lo sguardo preoccupato dell’on. Borrelli di Alleanza Verdi Sinistra.
Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni è venuto a piedi, per non violare il precetto dello shabbat. Il presidente Mattarella è con la figlia Laura, velata di nero, Giorgia Meloni da sola, occhiali scuri, capo scoperto: con Trump si salutano, accennano un abbraccio. I cavalieri di Malta si tolgono il cappello per l’elevazione. C’è anche una donna con uno splendido copricapo indiano di penne colorate, spiega di essere «una capotribù canadese».
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[…] Casini scommette: «Chiunque sia il successore, non tornerà nell’Appartamento, vivrà pure lui a Santa Marta. Nulla sarà più come prima». Il coro riprende: «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili». […] Quando i gentiluomini riprendono possesso della bara, gli scatti dei fotografi assiepati sul colonnato sono sovrastati dalle campane e dall’applauso della folla. Il posto di Lotito all’improvviso è vuoto, Borrelli leva gli occhi, come a controllare se sia assurto in cielo.
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Soltanto adesso comincia il funerale chiesto da Bergoglio nel testamento. Ma non va esattamente come annunciato. Il corteo che attraversa Roma non è a passo d’uomo, la jeep a volte accelera. Sono più i selfie dei segni di croce. La folla lungo il percorso è numerosa, non immensa come per Wojtyla, che però fu tumulato nelle grotte vaticane. Francesco ha voluto passare in mezzo al popolo […] In ogni caso, Bergoglio avrà il suo sepolcro fuori dal Vaticano, nella chiesa che amava di più. Alla fine ha vinto lui, ha saputo imporsi. […]
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