1- PAGLIARO E’ PAZZO O C’E’ UN PAZZO CHE SI SPACCIA PER IL PRESIDENTE DI MEDIOBANCA? 2- PER DUE ORE INTERROTTE DA FISCHI E ULULATI PAGLIARO, IN MEDIOBANCA A 24 ANNI, HA AVUTO LA SPUDORATEZZA DI DIRE: "NON AVETE ALCUN DIRITTO AL POSTO FISSO... NESSUNO HA IL DOVERE DI ASSUMERVI E ALL'INIZIO POTETE LAVORARE GRATIS". DI PIU’: "NESSUNO HA IL DOVERE DI FARTI CREDITO COME NON ESISTE NEMMENO IL DOVERE DI ASSUMERE" (CHISSA' CHI HA DATO 1 MILIARDO DI EURO A TOTUCCIO LIGRESTI E AI SUOI ALLEGRI RAMPOLLI, E CHI HA INCORAGGIATO IL "POLIZZARO" PERISSIROTTO DI GENERALI A PROSEGUIRE LE SUE CAMPAGNE DI ESPANSIONE ALL'EST CON RISULTATI DISASTROSI?) 2- "BENVENUTI AL NORD", SEMBRA DIVENTATA LA PAROLA D'ORDINE DI CALTARICCONE E PIETRO SALINI, COSTRUTTORI CAPITOLINI CHE VOGLIONO RIDISEGNARE LA LORO IDENTITÀ 3- ALESSANDRO PENATI, IL TORQUEMADA DI "REPUBBLICA" DEDICA UN PO' DI ATTENZIONE ANCHE AI PROPRI AFFARI: UN PO' DI SOLDI DENTRO "QUAESTIO CAPITAL MANAGEMENT" 4- ORSI RIDIMENSIONATO DA PANSA E ZAMPINI (UNA “CORTESIA” AL LEGHISTA ROBERTO COTA)

1- PAGLIARO E' PAZZO E C'E' UN PAZZO CHE VA IN GIRO E SI SPACCIA PER IL PRESIDENTE DI MEDIOBANCA?
Fino a tarda notte nei salotti della finanza e nelle famiglie della Milano-bene si sono sprecate le ironie per l'incredibile gaffe di Renato Pagliaro, il 55enne bocconiano che nel maggio 2010 ha sostituito Cesarone Geronzi alla presidenza di Mediobanca.
Anche gli uscieri di Piazzetta Cuccia sono sconcertati per la sequenza di cazzate che quest'uomo dal profilo riservato e silenzioso è riuscito a snocciolare ieri davanti agli studenti del liceo Carducci che lo avevano invitato per capire qualcosa di più sul loro futuro e sugli scenari dell'economia.

E' difficile trovare nella letteratura economica degli ultimi trenta anni un'esternazione di Pagliaro, che insieme all'altro bocconiano Alberto Nagel ha preso in mano le redini della merchant bank dopo la morte di Vincenzo Maranghi, il delfino di Enrico Cuccia.

Quella di ieri va segnata quindi come una delle poche, forse l'unica, occasione per capire che cosa c'è nel cervello di questo personaggio che per una combinazione più legata alla fortuna che al merito si trova a guidare quello che fino a qualche anno fa era il salotto buono della finanza italiana. Davanti ai giovani liceali e ai loro professori il triste Pagliaro ha tirato fuori dalle viscere quella che forse è la sua visione reale della vita e del mondo.

Per due ore interrotte da fischi e ululati il manager che a 24 anni è entrato in Mediobanca ha avuto la spudoratezza di dire: "non avete alcun diritto al posto fisso...nessuno ha il dovere di assumervi e all'inizio potete lavorare gratis", poi in un crescendo di confusione mentale ha aggiunto: "nessun genitore è obbligato a iscrivere i propri figli al liceo e l'università rischia di diventare per molti soltanto un parcheggio di 10-12 anni".

Dopo queste affermazioni che fanno impallidire le vecchie polemiche sui fannulloni e gli sfigati, il buon Pagliaro ha rivelato anche la sua visione sul ruolo delle banche, ed è questa la parte che forse merita più attenzione poichè presta il fianco alle critiche feroci di chi ritiene che le roccaforti del credito siano del tutto insensibili ai problemi dell'economia reale. "Il denaro che hanno le banche è dei clienti", ha esclamato l'arzillo giovinotto di Piazzetta Cuccia: "nessuno ha il dovere di farti credito come non esiste nemmeno il dovere di assumere".

Poco è mancato che l'auditorium del liceo Carducci crollasse sotto le urla dei giovani studenti, ma l'alano di Piazzetta Cuccia ha fatto spallucce e se ne è andato convinto delle sue verità.

Adesso qualcuno cerca di spiegare che si tratta di un incidente isolato sul quale è inutile fare speculazioni o tentate interpretazioni psicoanalitiche circa la natura di un uomo (senza figli) che in nome di una continuità storica e operativa cerca di tenere viva l'immagine austera e impopolare di Enrico Cuccia, il pontefice massimo del silenzio e del capitalismo familiare.

Resta il fatto che la gaffe clamorosa di Pagliaro tradisce comunque il nervosismo che serpeggia ai piani alti di Mediobanca dove i due bocconiani eredi di Maranghi sembrano soffocati dalla mole enorme dei dossier che pesano come macigni sulle loro scrivanie. E quando Pagliaro dice ai ragazzi che nessuno ha diritto al credito diventa inevitabile guardare dentro questi dossier per capire chi ha dato 1 miliardo di euro a Totuccio Ligresti e ai suoi rampolli, e chi ha incoraggiato il "polizzaro" Perissirotto di Generali a proseguire le sue campagne di espansione all'Est con risultati disastrosi.

A questi turbamenti bisogna aggiungere le svalutazioni che Mediobanca dovrà iscrivere nel prossimo bilancio per Telco (la scatola che controlla Telecom) e Rcs dove secondo le ultime notizie non si cambierà nulla nell'assetto della governance per evitare altri terremoti.
Che l'Istituto fondato nel 1946 dal genio di Enrico Cuccia cercasse una sua identità e un suo spazio (magari conciliando la vocazione storica di merchant bank con una nuova mission nella raccolta del risparmio), era cosa nota fino a ieri pomeriggio. L'exploit di Pagliaro ha riportato gli orologi all'indietro e questo spiega meglio di tante analisi la crisi profonda in cui versano oggi i protagonisti di un'altra epoca.

2-"BENVENUTI AL NORD" SEMBRA DIVENTATA LA PAROLA D'ORDINE DEI COSTRUTTORI CAPITOLINI CHE VOGLIONO RIDISEGNARE LA LORO IDENTITÀ
Negli ultimi anni i costruttori romani più pesanti hanno imboccato la strada del Nord.
Il primo è stato Francesco Gaetano Caltagirone, per gli amici Caltariccone, che sentendo l'odore della crisi e il profumo del business, ha diversificato i suoi interessi mettendo una montagna di soldi dentro le Generali fino a guadagnare la vicepresidenza.

Prima di arrivare a Trieste è passato da Siena da cui adesso se ne è andato anche a costo di perdere decine di milioni perchè non crede che la svolta di MontePaschi possa avvenire in un quadro di ritrovata armonia tra i soggetti vecchi e nuovi che si muovono intorno alla Fondazione e alla banca guidata fino a poco tempo fa dal boccoluto Peppiniello Mussari.

Qualcuno aggiunge che a spingere sempre di più Caltariccone verso la nuova Unicredit sia stato lo scetticismo di fronte all'ipotesi di una convivenza armoniosa tra Alessandro Profumo e l'amministratore delegato Viola, due personalità forti e sulfuree.

Resta il fatto che "Benvenuti al Nord" sembra diventata la parola d'ordine dei costruttori capitolini che vogliono ridisegnare la loro identità. E' il caso di Pietro Salini, il 54enne proprietario dell'azienda fondata dal nonno nel 1936 che in queste settimane sta cercando di impadronirsi di Impregilo, la società di costruzioni presieduta dal massiccio Ponzellini.

E' notizia di ieri che Salini ha comprato sul mercato azioni Impregilo che lo portano al 25,37% contro il 29,9% di Gavio, l'altro colosso che vuole mettere le mani sulla società di Ponzellini. Negli ultimi tempi l'imprenditore romano ha intensificato i suoi rapporti con il mondo della finanza milanese e il suo arrivo è stato segnalato sempre più spesso all'aeroporto privato di Linate.

Per sottolineare ancora di più la sua volontà di smarcarsi rispetto alla vecchia pattuglia romana dei "furbetti del quartierino", Salini ha deciso anche di spostare la sede del suo Gruppo dal prestigioso palazzo di via della Dataria, a due passi dal Quirinale, al cosiddetto "business district" milanese, quello per intenderci dove si trovano gli uffici di Mediobanca, Deutsche Bank e Goldman Sachs.

Questa mossa sembra ispirata all'intenzione di sottolineare in maniera ancora più visibile e "fisica" lo spostamento dagli intrecci della politica romana dove per tre generazioni la sua dinastia ha prosperato, alla finanza. In questa operazione Salini è accompagnato da Massimo Ferrari, un uomo di notevole esperienza finanziaria che per vent'anni ha operato nel risparmio gestito e dentro la Consob è stato responsabile Divisione Emittenti.

Non a caso negli ultimi tempi il costruttore e il suo bracciodestro sono avvistati nella sede di Intesa e a Piazzetta Cuccia dove si sforzano di spiegare che la loro intenzione non è di fagocitare l'Impregilo del massiccio Ponzellini, ma di spartire il business lasciando al concorrente Gavio le concessioni e tenendosi in pancia l'asset delle costruzioni. E avendo capito che la stampa può essere molto importante per il buon esito dell'operazione sulla quale vorrebbero evitare un'Opa, la presenza di Salini e Ferrari è segnalata anche dalle visite discrete nelle sedi dei principali quotidiani milanesi.

Così hanno varcato nei giorni scorsi le soglie del "Corriere della Sera" e del "Sole 24 Ore" in compagnia di Auro Palomba, il professionista di fede milanista, lontano da ogni mondanità, che annovera tra i suoi clienti numerosi imprenditori italiani del Nord.

3- ALESSANDRO PENATI, IL TORQUEMADA DI "REPUBBLICA" DEDICA UN PO' DI ATTENZIONE AI PROPRI AFFARI
Quando su "Repubblica" si legge un articolo dell'economista Alessandro Penati non si ha mai la sensazione di perdere tempo.

Dentro la sua penna c'è sempre un goccia di vetriolo che è servita a questo docente dell'Università Cattolica a ritagliarsi il profilo di analista rigoroso e severo. Anche quando appare in televisione nel salottino di Gad Lerner nessuno riesce a strappargli un sorriso e le sue bacchettate gli hanno messo addosso l'immagine di un castigatore dei vizi pubblici e privati che non fa sconti a nessuno.

Così è avvenuto anche tempo fa nei confronti di Carletto De Benedetti, il proprietario del giornale sul quale scrive, e una delle rare indulgenze l'ha avuta il 31 ottobre dell'anno scorso quando ha preso le difese di Marpionne contro le polemiche su Fabbrica Italia.
L'ultima botta l'ha sferrata due domeniche fa a proposito dei derivati di Stato per i quali le casse del Tesoro hanno dovuto pagare 2,6 miliardi di euro alla banca d'affari americana Morgan Stanley per coprire la perdita su un prodotto derivato di cui non si conosceva l'esistenza.

Uno spirito così libero appare lontano anni luce da interessi personali e materiali, ma questo non sembra impedire al Torquemada di "Repubblica" di dedicare un po' di attenzione ai propri affari. Ed è per questa ragione che nei giorni scorsi il docente della Cattolica ha messo un po' di soldi dentro "Quaestio Capital Management", una Sgr con sede in corso Matteotti 10 a Milano che ha per oggetto sociale l'istituzione e la gestione dei fondi pensione aperti. L'esperienza non è nuova perchè già nel gennaio 2000 Penati ci provò con la Epsilon Associati Sim che poi è stata trasformata in Sgr.

Nell'ultima creatura, nata con un capitale sociale di 3,2 milioni, il severo professore detiene direttamente il 20%, ed ha assunto la carica di presidente mentre amministratore delegato è stato nominato Paolo Petrignani, ex-JP Morgan.

4- ORSI RIDIMENSIONATO DA PANSA E ZAMPINI (UNA “CORTESIA” AL LEGHISTA ROBERTO COTA)

Questa sera intorno alle 19 molti giornalisti si accalcheranno negli uffici di Finmeccanica perchè è arrivato il momento della verità sul bilancio.

L'attesa è molto forte dopo le notizie circolate nelle ultime settimane sulla perdita di 2,3 miliardi di euro che Giuseppe Orsi e il direttore generale Pansa potrebbero annunciare alla comunità finanziaria.

Per attenuare in qualche modo l'impatto con numeri così devastanti, è arrivata la notizia dalle colonne del "Sole 24 Ore" che i giapponesi di Hitachi Rail, un pezzo importante della conglomerata giapponese, sarebbero pronti a comprare il 50% di Ansaldo Breda e il 29% di Ansaldo STS da Finmeccanica. La Borsa stamane ha reagito bene a questa notizia con il titolo Finmeccanica che è schizzato vicino al 4%, ma l'attesa prevalente è per ciò che Orsi dirà agli analisti sulle cause che hanno provocato il buco di bilancio e sulle prospettive del Gruppo.

Per il manager di piazza Monte Grappa l'appuntamento di questa sera potrebbe essere decisivo. Non è un mistero che da settimane circolano voci sulla sua sostituzione o almeno sul ridimensionamento dei suoi poteri che potrebbero essere spalmati tra due amministratori delegati: Alessandro Pansa (sostenuto da Vittorio Grilli) e Giuseppe Zampini, attuale amministratore delegato bellunese di Ansaldo Energia (ben visto dal cardinale Bagnasco e soprattutto dai manager del Gruppo).

In fondo questa potrebbe essere una soluzione realistica e condivisa all'interno del governo dove sembra che Monti non abbia voglia di scottarsi le dita in un ribaltone dentro Finmeccanica. E la soluzione potrebbe andar bene anche ai partiti, in particolare alla Lega che non ha mai fatto mistero di appoggiare il cattolico Orsi meritevole di aver trasferito la sede legale di Alenia dalla Campania a Varese.

I "barbari" del Nord gli sono grati anche perchè nei giorni scorsi il capo di Finmeccanica ha infilato nel consiglio di amministrazione di Alenia il giornalista Giuseppe Cortese, ex-direttore della "Tribuna" di Novara e attuale capo della segreteria politica del presidente del Piemonte, Roberto Cota.

5- CORRADO CALABRÃ’ HA PREPARATO UN SILURO PER IL GIORNALISTA MAURIZIO BELPIETRO
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che il magistrato Corrado Calabrò, presidente dell'AgCom e celebre poeta erotico ha preparato un siluro per il giornalista Maurizio Belpietro.

Nei giorni scorsi al tribunale di Milano è stato recapitato un plico voluminoso che contiene una querela per diffamazione indirizzata da Calabrò nei confronti del direttore di "Libero". A spingere il presidente dell'Autorità per le Comunicazioni su sentieri meno dannunziani ma più vendicativi, sono stati alcuni articoli del giornale diretto da Belpietro nei quali Calabrò (bersaglio da qualche tempo di attacchi dei sindacati AgCom) è stato accusato di gestione poco trasparente di concorsi interni e di aver favorito l'arrivo di alcuni dirigenti da altre amministrazioni".

 

vincenzo maranghi 001 lapALBERTO NAGEL E RENATO PAGLIAROCUCCIA LIGRESTIGiulia Paolo Jonella e Salvatore Ligresti Fabrizio ViolaPERISSINOTTO E GERONZI FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PIETRO SALINIsalini costruttoriALESSANDRO PROFUMO jpegMASSIMO PONZELLINI AURO PALOMBAALESSANDRO PENATIAlessandro PansaROBERTO COTA GUARGUAGLINI E GIUSEPPE ORSI giuseppe ZAMPINICORRADO CALABRO MAURIZIO BELPIETRO

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