BACIAMO LE MANI A DON PIETRO - FORTUNATO CERLINO: “CON SAVASTANO HO CERCATO DI RESTITUIRE UN’IMMAGINE DEI BOSS DIVERSA DAL FOLKLORE: È GENTE CHE MANDA A STUDIARE I FIGLI A NEW YORK E LEGGE IVANHOE’’ – ‘’IL MIO ESORDIO DA REGISTA? UN FILM SU MORO’’

Parla il “Don Pietro Savastano” di Gomorra: “Da bambino ascoltavo Beethoven e Nino d’Angelo - La prima volta che ho visto la morte ero bambino. Un ragazzo che aveva provato a rubare in un appartamento al quinto piano era caduto. Mi ricordo ancora la sua faccia. I suoi occhi”...

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Malcom Pagani per “il Fatto Quotidiano

 

   Lista dei mestieri di Fortunato Cerlino: “Ho fatto il cameriere, il gommista, l’aiuto falegname e qualche altra cosa che adesso non so dirle esattamente. Ho fatto di tutto perché nei posti in cui ho abitato, di tutto si doveva fare. Lo chiamavano il Far West, il quartiere mio. Per le strade di Pianura c’era anche la morte, ma i ricordi della mia infanzia sono molto poetici. Io camminavo. Camminate lunghissime in cui mi creavo un mondo parallelo e immaginario”.

 

fortunato cerlino gomorra fortunato cerlino gomorra

Quattro fratelli maschi, un padre di estrazione contadina che all’erede aveva dato un soprannome figlio dell’inconsapevolezza: “Mi chiamava ’o ’strologo. A casa ero quello strano. Quello che ascoltava in silenzio la musica classica per lo sgomento di mia madre ‘Fortunà, chesta è ‘a musica re muort’. In realtà ero concreto. Non avevo la testa per aria. Quella era roba per papà.

 

Faceva il gruista nel depuratore di Cuma. Un giorno andai a trovarlo. Non lo vedevo e chiesi lumi: ‘Arò sta Salvatore?’. Un operaio me lo indicò in lontananza. ‘Sta lla n’gopp’. Un punto nel cielo. Una figura minuscola in una scatola di acciaio. Alzai lo sguardo verso l’infinito e pensai ‘Maronn, comme fà?’. Se papà sta così in alto, mi dissi, io farò come minimo l’astronauta”.

 

mads mikkelsen e fortunato cellino mads mikkelsen e fortunato cellino

   Di sogno in sogno, Fortunato Cerlino ha colonizzato molti mondi e piantato bandiere su territori in cui nessuno avrebbe previsto di trovare la sua faccia. Dopo anni di gavetta, teatro, studio e provini, la galassia di Gomorra lo ha proiettato nell’immaginario collettivo nei panni di Don Pietro Savastano, spietato dirigente di un’industria che sa come indossare il doppio petto e impugnare il kalashnikov. Premi riconoscimenti, allori a Sky, a Stefano Sollima e alla serie (l’ultimo due giorni fa, al Mira Award di Berlino come miglior prodotto televisivo dell’anno), offerte, copioni e ipotesi per questo quarantatreenne che con lo sguardo severo e il tabacco da girare, continua a osservare la vita da un modesto appartamento incastonato tra il Trullo, Corviale e la Magliana.

 

A due passi dal bar dei Barletta’s brothers, ai margini di Roma: “Perché la povertà è una dipendenza, ha a che fare con le radici e io non riesco a farne a meno. Qui ritrovo i colori di Pianura. Il grigio. Il cemento, gli appartamenti pieni di famiglie, gli odori dei pranzi domenicali”. Sul vassoio due tazze. Una filosofia. Un meccanismo di calore e vapori, attese e desideri tenuti a freno: “Questa è una caffettiera napoletana, vede? La polvere sta ancora scendendo. Mentre scende, fai posare le idee. Quando la metti sul fuoco, a casa mia, significa una cosa sola. Vuoi parlare. Prenderti il tuo tempo. Dimenticare la fretta”.

fortunato cerlino con lawrence fishburne fortunato cerlino con lawrence fishburne

 

Dopo Gomorra in realtà le chiedono di correre.

Eravamo tutti o quasi sconosciuti. Sollima ci ha dato una opportunità straordinaria. E adesso le offerte, più o meno sorprendentemente, arrivano.

 

Le offrono solo ruoli da boss camorristico?

Il cinema italiano fatica a digerire gli attori di genere e naturalmente, alla fine della prima stagione di Gomorra, mi hanno offerto ancora il ruolo di boss. Erano molti soldi. La scelta più semplice. Ma abbiamo detto no.

 

 Avete?

Io e la mia agente Tiziana Di Matteo. L’ho incontrata e ho sentito subito ‘puzza’ di ‘bbuono.

 

 Ma la sua agente non ha il compito di farla guadagnare?

Ha il compito di proteggermi dalle cazzate. In assoluto la proposta sarebbe stata da accettare di corsa, ma a volte l’istinto vale più di una tentazione. Ci siamo seduti. Siamo stati zitti per qualche minuto e poi all’unisono abbiamo detto: ‘Naaaa, nun se po fà’.

 

fortunato cerlino con lawrence fishburne fortunato cerlino con lawrence fishburne

Proprio così? Come due adolescenti?

Come due persone che si fidano l’una dell’altra. Rinunciare ai contratti è difficile, ma non volevamo creare un’etichetta.

 

Il suo Pietro Savastano avrebbe avuto la stessa lucidità?

A Stefano Sollima avevo chiesto di fare su Savastano un lavoro molto preciso. Non volevo interpretare un camorrista urlato. Ambivo a restituire un’immagine credibile. A portare nel film i drammi e le tragedie che confinano con il folklore. Certe cose, nella provincia napoletana, le avevo viste con i miei occhi. I camorristi li ho conosciuti.

 

 E com’erano?

Diversi dalla pubblicistica sul tema. Gente dominata dal senso di onnipotenza, ma non per questo sguaiata. Un conto sono i guaglioncielli, altro chi tiene i fili del potere. Chi comanda. Gente che manda a studiare i figli a New York e magari, dopo aver dipinto una tela, nel covo, sul comodino, tiene Ivanhoe. Li ho studiati e più che sul criminale, ho lavorato sulla figura dell’eroe.

 

  

Per molti adolescenti della zona, gli omologhi di Pietro Savastano sono eroi.

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La Camorra è percepita come una sorta di Stato parallelo e non a caso storicamente nasce come forma di intermediazione tra i dominatori spagnoli e il popolo. Lo Stato vero, a Napoli, è visto da sempre come un’entità straniera. Un corpo estraneo. Una struttura che non conosce la realtà dei cittadini e quindi non ha titolo né competenze per proteggerli.

 

La Camorra agisce più sottilmente di quanto non si creda. Ti dà l’illusione di starti vicino, di curarti, di conoscere il concetto di giustizia. Ti dà ascolto. Non necessariamente con le pistole.

 

Per interpretare Don Pietro si è dovuto sforzare di capirlo?

L’ho dovuto amare. L’ho costruito e me lo sono portato dietro. Come le dicevo prima, Sollima si è fidato.

 

Fortunato Cerlino gomorra la serie tv Fortunato Cerlino gomorra la serie tv

 È stato ripagato.

Una mattina, giravamo da una settimana, lo vedo arrivare felice: “Bella fratè, tutto a posto, sei una bomba. Hanno visto il materiale, sò troppo contento, continua così”. La preoccupazione dell’inizio era svanita.

 

 Quale preoccupazione?

Quella che ci mandassero tutti a casa. Sul progetto Sky aveva investito molto. Si aspettavano un ritorno. Si attendevano qualità.

 

Il film è stato venduto in oltre cento paesi. Ha vinto premi ovunque, anche al Festival di Venezia. Der Spiegel suggerisce di dimenticare i Soprano: “Sono arrivati i Savastano”.

Ora faremo la seconda serie. Non vedo l’ora, ma non sono preoccupato. So come fare. Quel mondo ce l’ho dentro.

 

  Cosa ricorda dei suoi anni tra Pianura e Quarto?

Un’enorme solitudine nel contesto di una famiglia numerosa. I Cerlino sono ovunque, ne ho trovato tracce persino in Madagascar. Pensi che il padre di mio padre, da mogli diverse, ebbe 29 figli.

 

I due aspetti, solitudine e rumorosa compagnia, sembrano in contraddizione.

Quando si è in tanti, manca il pane e devi trottare dalla mattina alla sera, il rischio di perdere qualcuno di vista esiste.

Fortunato Cerlino gomorra la serie massimiliano rossi e fortunato cerlino in una scena Fortunato Cerlino gomorra la serie massimiliano rossi e fortunato cerlino in una scena

 

 Si sente un sopravvissuto?

La parola sopravvissuto non mi piace. I sopravvissuti sono altri. Io sono stato fortunato e la mia è una bella storia. Ho avuto il lusso e la possibilità di poter reinterpretare la realtà. Di fermarmi a pensare. E la realtà in cui sono cresciuto era dura. Papà ci ha trasmesso senso dell’onestà, concretezza e responsabilità quasi senza parlare. Per comunicare non aveva quasi altro strumento che lo sguardo.

 

 E che sguardo aveva nei suoi confronti?

Bonario, ma smarrito. Facevo cose che non capiva fino in fondo. Bisognava lavorare. Lo sapevamo. Ancora oggi i miei fratelli fanno mestieri pratici. Nell’edilizia. Nella termoidraulica. Cose così.

STEFANO SOLLIMA SUL SET DI GOMORRA LA SERIE STEFANO SOLLIMA SUL SET DI GOMORRA LA SERIE

 

 Lei ha detto di aver visto cose dure.

La prima volta che ho incontrato la morte ero bambino. Un ragazzo che aveva provato a rubare in un appartamento al quinto piano, arrampicandosi sul muro era caduto. Arrivai sul posto presto. Prima che coprissero il corpo. Mi ricordo ancora la sua faccia. I suoi occhi.

 

Scappò?

Reagii provando a raccontarmi quel che era accaduto. Non negare la realtà che avevo intorno, insieme a certi incontri importanti, mi ha salvato la vita.

 

Quali incontri?

STEFANO SOLLIMA STEFANO SOLLIMA

Ho avuto una maestra, Giulia, che ci insegnato a non farci raccontare la realtà dagli altri, ma a spiegarcela da soli. A fare un sforzo. A considerare letteratura, pensiero e riflessione come sfere vicine. Ambiti tangibili.

 

Immagino che Giulia non ce l’abbia fatta con tutti.

È vero, con tutti non ce l’ha fatta. Alcuni compagni di classe sono finiti in galera, qualcuno non c’è più e ’o marziano, un personaggio del paese, uno scrittore in erba che parlava di buddismo tibetano e di cui leggevo affascinato le elaborazioni , è in miseria e fa il clochard. L’ho incontrato. Ho cercato il suo sguardo. E ho visto che anche se gli occhi ancora cercavano qualcosa, aveva vinto la paura.

 

 Lei come ha fatto ad aggirarla?

A diciassette anni sono scappato via. Sono diventato grande senza smettere di credere alle favole.

 

Ci crede ancora?

Beethoven Beethoven

Un mio maestro sull’argomento aveva le idee chiare: ‘Sai perché il mondo è in questa condizione? perché la gente non crede più alle favole’. La gente legge di draghi e principesse e non ci crede. È un peccato. Senza scomodare Jung, nei sogni trascorriamo più della metà dell’esistenza. Il drago esiste. Molti però non lo riconoscono e dal drago vengono mangiati. Finiscono male. Non voglio fare sociologia d’accatto, ma l’istruzione è fondamentale.

 

nino d angelo prima del concerto (2) nino d angelo prima del concerto (2)

Nelle scuole della zona dovrebbero mandare insegnanti illuminati, spesso invece al fronte arrivano i meno motivati. E così, la guerra, la perdi. Gomorra disegna uno scenario di corruzione irreversibile.

La giustizia non funziona. E la politica è prigioniera. Finché la politica non si libera – ma non so chi dovrebbe liberarla – il governo rimarrà soltanto un’oligarchia molto forte e gelosa dei propri spazi di intervento.

 

Gli strumenti in una democrazia ci sarebbero. Ma se la democrazia è un’opportunità, è soprattutto un’arma. Ha i suoi rischi. E noi non sempre sembriamo abbastanza maturi per comprenderli. Non esiste nulla di più subdolo dell’idea di libertà per imprigionare le persone.

 

Soluzioni?

conerto di nino d angelo all auditorium conciliazione (13) conerto di nino d angelo all auditorium conciliazione (13)

Bisognerebbe fornire gli strumenti adeguati, aiutare la gente ad avere una visione della vita causale e non casuale, perseguire la forma migliore per esprimersi, provare a essere se stessi e inseguire la propria identità, come in quella vecchia teoria esposta da James Hillman ne Il codice dell’anima. In potenza, dice lui, ogni ghianda è una quercia.

 

   Ce la illustra?

Hillman descrive molte vite, in una di queste un ragazzo di famiglia operaia chiede al padre un violino in regalo. Il padre gli porta un giocattolo e il bambino lo distrugge gridando: ‘io volevo un violino vero’. Non c’è passo che se percorso, non ti porti da qualche parte. È accaduto anche a me. La mia infanzia tradita, i miei anni solitari, i pomeriggi in cui a parlare con me non c’era nessuno, mi sono serviti. I miei amici mi chiamavano per andare a spacciare una dose. E io creavo una distanza.

 

 C’è voluto coraggio per diventare uomo?

Non lo so. È andata così. Nella nostra epoca di uomini ne vedo pochi. Quelli più saggi sono le persone che sono riuscite a non recidere il filo con l’infanzia. Un uomo che è rimasto bambino, non è infantile. È solo più uomo.

 

MORO MORO

 Ne ha conosciuti?

Sollima è una persona che non ha mai spezzato l’incantesimo che lo legava all’infanzia. E da questo punto di vista è un bambino tremendo e straordinario. Ha mantenuto innocenza e speranza nella magia del cinema. Nella possibilità di poter rileggere la realtà. Glielo leggi negli occhi. Ha la cazzimm’, come si dice a Napoli. Gioca e nel gioco, conosce e usa la sacra prepotenza dei bambini.

 

   E Garrone? Lei ha lavorato anche nel suo Gomorra.

Garrone ha uno stile diverso da Sollima. Spesso sul set lo osservavo. Era nervoso, ispirato. Ho grande stima di lui e non solo perché è un perfezionista. Ogni uomo fortunato ha il carattere giusto per il mestiere che fa e Garrone ha quello giusto per il set. Molto pignolo, molto puntuale, molto lucido anche. In entrambi riconosco talento e genio, la capacità di volare in alto e di rendere concrete le loro visioni.

 

   Il cinema a Pianura non c’era.

romano prodi (2) romano prodi (2)

No. Andavamo altrove. Il primo film che ho visto nella vita era un film con Nino D’Angelo. Una mia compagna di classe impazziva per lui. E io impazzivo per lei. Ci mettemmo d’accordo, ma poi, una volta a casa, mia madre mi spiazzò: ‘Che peccato, volevamo andare con tutta la famiglia a vedere Nino D’Angelo’.

 

Io, schiacciato dal senso di colpa, andai con i miei. Lei con un certo Paolo. Un dolore immenso. Il giorno dopo, per rivalsa, nel dolore, andai a rivedermi lo scugnizzo biondo in sala da solo. Ero un tipo strano. Sono cresciuto a Beethoven e Nino D’Angelo. Uno lo ascoltavo in segreto. L’altro in pubblico.

 

 La sua amica andò al cinema con Paolo. E lei alla fine non si è più sposato.

Non ho compagne e non ho figli, ma prima o poi li avrò. Il desiderio c’è. Ho avuto una relazione con una donna che un figlio l’aveva. Quando ci siamo lasciati mi ha detto: ‘secondo me hai amato più lui di me’.

 

 Era vero?

Mi sono affrettato a smentire: ‘No, no, ti ho amata tantissimo’. (Ride). Dei bambini ho un’idea molto precisa. Li conosco. Ma avendo trascorso un’infanzia particolare non voglio commettere errori. Se fai un atto d’amore così sconsiderato, devono esserci le circostanze giuste.

 

gomorra la serie tv Conte e Ciro gomorra la serie tv Conte e Ciro

 In Gomorra sono i genitori a consigliare le fidanzate adatte ai figli.

È un sistema governato dalle regole e dalla successione dinastica. E il sistema, se non funziona, crolla. Il mio personaggio è feroce, ma non cattivo. Perché la cattiveria è consolatoria. Non fa male veramente. Non ferisce.

 

Non le è mai venuta la voglia di passare dietro la macchina da presa?

Accadrà. Ci sono dei progetti in piedi. Mi occuperò di un periodo particolare della storia D’Italia. Il periodo del sequestro Moro. Le ombre di Via Gradoli. La seduta spiritica a casa Prodi. Nel film che immagino non voglio prendere posizione, ma raccontare la realtà e lasciare allo spettatore la possibilità di farsi un’opinione. Se siamo dove siamo bisogna capire come ci siamo arrivati. E la storia di Moro, il suo destino, è alla base dell’Italia contemporanea.

 

Nell’Hannibal prodotto dagli americani per la Tv, lei ha il ruolo dell’ispettore Pazzi, già indossato da Giancarlo Giannini al Cinema.

gomorra la serie tv Ciro E Genny gomorra la serie tv Ciro E Genny

Lavorare con Mads Mikkelsen e Laurence Fishburne è stato bello. Sul set, Fishburne era serissimo. Ci siamo guardati negli occhi e ci siamo riconosciuti immediatamente. Per mezz’ora, il tempo di un duello in una novella cechoviana, ci siamo studiati in silenzio.

 

Talpe silenziose che preparano il campo di battaglia. Abbiamo scavato in direzioni opposte e poi, con divertimento, abbiamo cominciato ad azzuffarci. Lui rubava le battute a me, io le rubavo a lui. Ci siamo messi a ridere. Il regista ci ha fermati: ‘Ragazzi, non dovreste essere così amici, nel copione vi combattete’.

 

Gli avete dato retta?

gomorra la serie tv Ciro e Attilio gomorra la serie tv Ciro e Attilio

Abbiamo fatto il film da professionisti e poi ci siamo raccontati tutta la nostra vita. A Firenze ci siamo lasciati con i lacrimoni. Fishburne ha carattere e a me le persone con un carattere piacciono.

 

Mi mettono a disagio quelle che non sanno assumersi una responsabilità. Che non si impongono. Che giocano con la presunzione dell’assenza. Se vuoi una cosa, devi esserci. Devi prendertela con le unghie. Quando incontro la fantastica umiltà dell’arroganza invece, sono nel mio stagno. Godo e mi diverto.

 

Con l’inglese si è divertito?

Avevo dei rudimenti di francese, ma non mi sono arreso. Ho la tigna. Come i bambini. Mi impegno.

 

GOMORRA LA SERIE GOMORRA LA SERIE

Sempre lì torniamo.

Tutto quello che non so fare mi fa incazzare, quindi mi sono messo sotto, ho imparato e visto che sono napoletano e il napoletano si butta sempre, mi son detto ‘io mi vutt’. Mi butto. Ho ripensato alla gru di mio padre. E a quello che sono.

 

Chi è lei, Cerlino?

gomorra la serie tv Genny e Donna Imma gomorra la serie tv Genny e Donna Imma

Uno che se vede le cose in alto, vuole salire sempre più n’gopp. 

 

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