“E LA CHIAMANO CRITICA” - FISCHI, INSULTI, LAZZI.IL REGISTA PAOLO FRANCHI ATTACCA: ‘’QUESTO FESTIVAL NON È AMATO ED ESISTE UN’ABOMINEVOLE FETTA DI CRITICA CHE PER RAGIONI DI LOBBY E VENDETTE HA TROVATO NEL MIO LAVORO IL VOLANO IDEALE PER FARE CASINO – ATTACCARE MULLER PRENDENDO COME SCUDO I FILM È UNA PRATICA IMMORALE E FASCISTA - NIENTE DI PORNOGRAFICO COME DICE LA VEDOVA MARTINO. LA QUERELERÒ PER DIFFAMAZIONE”….

Malcom Pagani per il "Fatto quotidiano"

‘'E la chiavano estate". "E lo chiamano film". Storpiature volute. Fischi, insulti, lazzi. Carambole di doppi sensi, processi a mezzo stampa, anatemi e poi, a vitello grasso ucciso, due premi al Festival di Roma. Paolo Franchi, 40enne bergamasco alla sua terza opera, ha preso in prestito il titolo di un'ingannevole nostalgia del passato (E la chiamano estate, in uscita oggi) per proiettarlo su incomunicabilità, ossessione e sesso gelido che non riscalda anche se il letto è una comune e certi crudi dialoghi: "leccagli le palle, brava" non somigliano a un tentativo di conciliazione.

Anche se le note di Bruno Martino sostano su fotogrammi da educande, Franchi ha irritato, diviso, chiesto volto e corpo a Jean Marc Barr e Isabella Ferrari, conquistato la giuria. "Il mio film non ha convinto tutti, ma è il solo che li abbia fatti discutere fino alle 3 di mattina. Non ho la pretesa né l'ambizione di piacere al mondo. Ma penso di aver fatto un'opera dolce e romantica, dove i temi sono dolore e solitudine. Qualcuno l'ha capito. Altri no. Il cinema dovrebbe essere proprio questo. Possibilità di espressione. Invece siamo immersi in un indistinto blob di film tutti uguali, fatti con lo stampino".

Su E la chiamano estate sono state scritte pagine dure.
Alcuni critici l'hanno odiato, altri l'hanno amato. Alla proiezione c'era gente che fischiava, ma è vero anche il contrario.

Alla consegna del premio a Isabella Ferrari qualcuno ha gridato "vergogna".
Una sola persona, uno psicopatico. A leggere i giornali sembrava sostasse un circo permanente di urlatori. La stampa ha dato una lettura unidirezionale, grottesca, quasi ci fosse la direttiva di stroncare a priori il Festival di Roma.

Sempre colpa dei giornalisti?
La caricatura del mio film ha radici profonde. Questo festival non è amato ed esiste un'abominevole fetta di critica che per ragioni di lobby e vendette ha trovato nel mio lavoro il volano ideale per fare casino.

Difende Müller, il direttore del Festival che l'ha premiata?
Müller ha fatto bene e si difende da sé. Però attaccarlo prendendo come scudo i film è una pratica immorale e fascista. Parliamo d'altro. Preferisco pensare che Jeff Nichols, il più giovane regista a concorrere per la Palma d'oro, mi abbia premiato.

Indifferente alle critiche?
Dipende. Se mi attacca la mia ex professoressa di epistemologia mi addoloro. Se lo fa Mereghetti del Corriere mi importa zero.

Mereghetti: "Il film rivela una vuotezza imbarazzante".
Lo conosco pochissimo. È un giornalista, non un critico. Non mi tocca, ma non posso non constatare la bruttissima figura davanti agli stranieri.

Dicono che lei sia antipatico, altero, scostante.
Io sono quel che sono. Sicuramente non sono un ufficio stampa costretto a sorridere a tutti. Se in Italia c'è un servilismo diffuso per cui si deve scodinzolare anche di fronte a un analfabeta mi dispiace. Non sono capace di farlo. Purtroppo il servilismo è la chiave di volta della nostra malandata modernità. Se non sei servo, non sei. Nel nostro ambiente poi, a iniziare dai produttori proni alla tv, è tutto un genuflettersi.

Le addebitano una conferenza stampa monosillabica.
Ero allibito dal penoso livello delle domande. Un analfabetismo di ritorno che mi ha lasciato sgomento. Ma io sono stato educato e casomai, a sghignazzare in sala e a porre domande che tali non erano, sommamente maleducati sono stati certi giornalisti. Prendere il microfono per dire: "Il film non mi è piaciuto perché è lento" non significa domandare .

La vedova di Bruno Martino, autore di E la chiamano estate chiede il sequestro del film.
I diritti sono stati trattati da Nicoletta Mantovani, la produttrice, con la Universal che ha chiesto di controllare le scene in cui veniva utilizzato il brano. Scene assolutamente caste, con una luna che si riflette sul mare. Niente di pornografico come dice la vedova Martino. La querelerò per diffamazione.

Del suo complesso Nessuna qualità agli eroi, si discusse meno che dell'erezione di Elio Germano nel film. Ci risiamo?
La volgarità è sempre negli occhi di chi guarda. Di fronte a tanta idiozia, a queste prurigini infantili, ai turbamenti che provoca il film per scatenare simili reazioni, mi scosto.

Qualcuno ha messo in evidenza il ridicolo involontario. Un copione che accompagna la discesa nell'abisso a frasi come "Una scopata non si nega a nessuno" o "pisciami in faccia".
Ridere quando un uomo nel pieno dell'autolesione chiede a una prostituta di pisciargli in faccia, è degradante. Può farlo solo qualcuno che desidera farselo fare o prova imbarazzo, quando non identificazione. Il sesso fa ancora paura.

E il suo cinema?
Guardo a modelli lontani e ai registi che stimo. Frammartino, Del Monte, Bellocchio e Guadagnino. Un esempio. Non appartiene a parrocchie. È libero. Negli Usa, il suo Io sono l'amore ha incassato 9 milioni di dollari.

A proposito. Hollywood reporter sostiene che a Roma siano stati premiati i film finanziati dalla Regione Lazio.
Una bugia. Dalla Regione, esattamente come accade a tutti gli altri film girati sul territorio, abbiamo ricevuto un piccolo aiuto. Viene dato in automatico.

Anche dal Mibac. Libero titola: "Il porno d'autore è una boiata e paghiamo noi".
Del finanziamento statale e di quello dell'Apulia film commission siamo fieri. Il film è vietato ai 14, la pornografia è solo nelle parole di certe persone. Io non mi preoccupo. Ha altre domande?

 

 

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