Marco Giusti per Dagospia
Non sempre fa bene vincere l’Oscar. Ben Affleck, dopo il successo di Argo, che aveva diretto e interpretato, e forte di essere il nuovo Batman, aveva il mondo di Hollywood ai suoi piedi. Sceglie di dirigere e interpretare una saga del crimine forte e complessa ambientata nei Roaring Twtenties come questo La legge della notte (Live By Night), tratto da un romanzo del 2012 di Dennis Lehane, già autore di Mystic River, Shutter Island, Gone Baby Gone, un progetto che aveva già opzionato per sé Leonardo Di Caprio, pensandolo di girarlo magari con Martin Scorsese, adattissimo al soggetto.
Affleck prende il progetto di Di Caprio, che rimane come produttore, scrive lui la sceneggiatura e affida la direzione della fotografia a un genio delle luci come Robert Richardson, responsabile non solo di Shutter Island, ma anche di The Hateful Eight, che riprenderà tutto come una Arri Alexa con lente originali panavision del 1965. L’immagine è una meraviglia.
Affleck sceglie un grande cast, Brendan Gleeson come il vice sceriffo, padre del bandito Joe Coughlin, interpretato dallo stesso regista, in quel di Boston, Elle Fanning come la mistica ex-tossica Loretta Figgis, Sienna Miller come Emma, la pupa del gangster, che fa perdere la testa al protagonista, Zoe Saldana come la bellissima ragazza cubana che Joe sposerà in Florida, Chris Cooper come il capo della polizia, e addirittura il nostro Remo Girone come Maso Pescatore, capo della gang italiana di Boston.
Dovrebbe funzionare tutto, a cominciare dalla ricostruzione d’epoca, perfetta, da una serie di scene d’azione con macchine degli anni ’20. 65 milioni di dollari di budget. Invece il film è un flop epocale. Incasso di 21 milioni di dollari, perdita netta di 75 milioni. Non funziona troppo la sceneggiatura, firmata dallo stesso Affleck, non funziona la messa in scena, non funziona nemmeno troppo Affleck come protagonista nei panni del bandito galantuomo Joe Coughlin.
Ovvio che ci voleva un altro tipo di attore, anche il Michael Pitt di Boardwalk Empire, Affleck è troppo ingombrante, si muove male. Quello che in mano a un Sergio Leone o a un Martin Scorsese, modelli citatissimi anche nel film, avrebbe potuto diventare un capolavoro, anche adattissimo a una nuova serie tv, in mano a Affleck diventa qualcosa di non riuscito. Il piccolo Argo era un film perfetto, con una storia inedita che alternava momenti drammatici a momenti di commedia.
La legge della notte ha tutte le carte in regola per essere qualcosa che, purtroppo, non sempre riesce a essere. Al punto che nel finale, malgrado un grande regolamento di conti anche ben girato, il film sfiora anche il ridicolo. Non credi a Ben Affleck gangster, non credi ai suoi amori romantici, ma soprattutto non credi a come ha costruito il racconto, che si perde in troppi finali e controfinali.
E pensi a come lo avrebbe davvero fatto meglio Leonardo Di Caprio, o suo fratello Casey Affleck, che nel frattempo ha vinto l’Oscar come protagonista con il più piccolo, ma perfetto, Manchester By The Sea. Per il nostro Remo Girone, bravissimo come sempre, è un po’ una beffa. Visto che si trova a fare un grosso ruolo a Hollywood in uno dei film meno riuscito della stagione. In sala da giovedì.