CONCERTI FREGATURA - VERDONE BOCCIA BOB DYLAN: “ERA DA TANTI ANNI CHE NON LO SENTIVO CANTARE DAL VIVO. ERA TUTTO UN GRACCHIARE, TUTTO IL TEMPO A CERCARE DI CAPIRE CHE PEZZI ESEGUISSE. LA VOCE È MONOCORDE, BASSA, ARROCHITA. SALMODIAVA PIÙ CHE CANTARE. M’È SEMBRATO CHE A UN CERTO PUNTO CANTASSE “HARD RAIN”, MA SARÀ STATA QUELLA? BOH! “LIKE A ROLLING STONE” L’HO RICONOSCIUTA SOLO DALL’ATTACCO STRUMENTALE, POI È DIVENTATA TUTTA UN’ALTRA ROBA”…

Michele Anselmi per www.ilvostro.it

D'accordo, Bob Dylan è Bob Dylan. Non si discute, nonostante l'età, 71 anni, gli acciacchi alla schiena, la voce che parte carta vetrata, gli accordi imprecisi alla chitarra e al pianoforte, una certa tendenza asprigna a tenere tutti a una certa distanza, tra i dieci e i quaranta metri, a parte i suoi orchestrali.

Mentre giunge notizia che il cantautore di Duluth, non chiamatelo più "menestrello" vi prego, farà uscire l'11 settembre un nuovo cd, la sua opus n. 35, intitolato semplicemente "Tempest", a tre anni da "Together Through Life" e dalla compilation natalizia "Christmas in the Heart", la cronaca registra un suo affollato concerto a Barolo, nel cuore delle Langhe, in chiusura del pregevole festival multimediale "Collisioni". Musica, letteratura, poesia, giornalismo e tanto altro ancora, tra i protagonisti delle quattro giornate Patti Smith, Vinicio Capossela, Subsonica, Luciana Littizzetto, Don DeLillo, Zucchero.

Circa seimila persone, molte venute anche da fuori Italia, hanno riempito la piazza dove si è esibito lunedì sera Dylan. Tra questi, reduce da un riuscito intervento al festival, anche Carlo Verdone, volato lì per parlare, di fronte a un pubblico sterminato sotto il sole, del libro autobiografico "La casa sopra i portici".

L'attore-regista avrebbe tanto voluto conoscere il musicista americano, magari chiedergli un autografo, scambiarci qualche parola a cena. Non è stato possibile. Dylan - in abito nero elegante, cravattina di cuoio e cappello bianco a larghe tese - è arrivato da chissà dove, ha chiesto e ottenuto 24 bottiglie di buon Barolo oltre che un ricco cachet, ha suonato un'oretta e mezza e se n'è subito andato, perso nel suo "Never Ending Tour", che appunto pare non finire mai. Sulla serata "Ilvostro.it" ha sentito Verdone, spettatore d'eccezione, oltre che discreto batterista.

Allora, Verdone, s'è divertito con Dylan?
«Divertito è una parola grossa. Era da tanti anni che non lo sentivo cantare dal vivo. Sono rimasto per rendere omaggio a un grande della musica, a un simbolo della cultura americana. Però... All'inizio era tutto un gracchiare, io e miei amici siamo stati tutto il tempo a cercare di capire che pezzi eseguisse. La voce è monocorde, bassa, arrochita. Salmodiava più che cantare. Per fortuna stavolta, al pianoforte o alla chitarra, s'è rivolto al pubblico. Di solito sul palco sta di tre quarti. Mi ha fatto uno strano effetto: è piccolo, minuto, uno scricciolo».

Le ha riconosciute poi le canzoni?
«Mica tanto. M'è sembrato che a un certo punto cantasse "Hard Rain", ma sarà stata quella? Boh! Mi sono consultato con Andrea Scanzi, che mi stava seduto accanto. "Like a Rolling Stone" l'ho riconosciuta solo dall'attacco strumentale, poi è diventata tutta un'altra roba. Idem per "All Along the Watchtower", "The Ballad of a Thin Man". Più facile riconoscere nel finale "Blowin' in the Wind". Anche "Cold Irons Bounds", da quel bel disco del 1995 prodotto da Daniel Lanois, ho stentato a riconoscerla. Dylan è fatto così: cambia ritmo, accordi, melodie, magari si stufa di rifare sempre le stesse canzoni, ma certo il suono è monotono, ho avuto la sensazione che anche il pubblico, piuttosto maturo, faticasse a stargli dietro. Francamente Patti Smith è stata più simpatica e coinvolgente».

E quindi?
«Uno va ad ascoltare Dylan perché è stato la bandiera della libertà, il poeta della rivoluzione, queste cose qui. La verità? Le sue canzoni, specie alcune, sono bellissime, immense, resistono all'usura del tempo, all'ascolto ripetuto, al mutare dei momenti storici, dei contesti politici. Ma suonano meglio cantate da altri. Vogliamo mettere tra "All Along the Watchtower" incisa da Hendrix e quella sentita lunedì sera a Barolo? Il pubblico ha ascoltato rispettoso, come ci si comporta davanti a un monumento che accende nostalgie e ricordi, però il concerto è quello che è, tracce opache di un grande passato».

Non salva nulla?

«Ma io non sono un critico. Dylan resta un artista unico, enorme, geniale. Però devo riconoscere che altri "monumenti", pure avanti con l'età, dal vivo se la cavano meglio. David Crosby, Robert Plant, Paul McCartney, John Fogerty, Ian Gillan, John Mayall... Solo per dirne alcune diversi tra loro. L'altra sera, invece, era tutto un chiedersi tra noi: ma che canzone è questa, la riconosci? È andata così. Alla fine ci siamo buttati sulla crostata».

Una canzone di Dylan nella sua personale graduatoria?
«"Like a Rolling Stone", da sempre il mio numero 3. Al secondo posto "A Day in the Life dei Beatles", al primo "Are You Experienced" di Jimi Hendrix».

 

BOB DYLAN DURANTE UN CONCERTObob_dylan BOB DYLANCARLO VERDONE BOB DYLAN A NEW YORK CARLO VERDONE CARLO VERDONE BOB DYLAN E DANIEL KRAMER ALLO SPECCHIO

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